Alla fine anche l’alleato forse più importante e per certi versi più silenzioso all’interno del sacro Consiglio superiore della magistratura ha perso la pazienza. Parliamo di Fabio Pinelli, il vicepresidente “laico” – sì, proprio lui, eletto in quota Lega – da sempre incredibilmente gentile nel concedere alla maggioranza di governo qualche medaglia nel suo eterno scontro con giudici e pm. Ma anche lui ha cominciato a storcere il naso di fronte alle continue sceneggiate del ministro Nordio contro quel gioiellino chiamato Csm. In particolare negli ultimi giorni, quando il Guardasigilli ha deciso di suonare il ritornello della riforma del Csm come se fosse il tormentone estivo, quella legge che promette di spaccare in due il Consiglio e regalargli una nuova suddivisione dei giudizi disciplinari, trasferendoli a un’Alta corte “esterna”, perché, ovviamente, niente è abbastanza rivoluzionario finché qualcuno non si inventa una nuova sala di governo giudiziaria da azzoppare.
Ieri Nordio si è confermato maestro nell’arte di girare la frittata, sostenendo che l’attuale Consiglio è poco più che un riflesso speculare delle correnti, e che la Sezione disciplinare non è altro che una “stanza di compensazione”. Tradotto: un luogo in cui i magistrati-giudici si accordano per farsi i favori a vicenda. Peccato che a dirigere proprio questa stanza sia Pinelli in persona, che stavolta non ha nemmeno voluto prendersi la briga di rimandare al mittente con benevolenza. Probabile consulto col Quirinale, del resto parliamo del vice del capo dello Stato al vertice di quell’organismo che dovrebbe guidare la magistratura italiana, mica un semplice osservatore da bar.
La verità? Il moderato avvocato cinquantanovenne nato a Lucca, ma ormai veneto d’adozione e prestato all’alta burocrazia giudiziaria, ha scelto un tono forse più affettato del solito (del resto, il garbo è la sua firma), ma questa volta con argomenti smaccatamente incisivi. Quasi bigio, Pinelli è partito da una piccola premessa che colpisce per la sua formalità: «Non è mia abitudine… Il ministro esercita il proprio diritto costituzionalmente garantito di libertà di manifestazione del pensiero…».
E qui arriva il colpo di scena, niente affatto tenero: nei giudizi disciplinari del Csm le appartenenze ai gruppi associativi non hanno la minima influenza e, sorpresa delle sorprese, non esistono affatto quelle mitiche “camere di compensazione” di cui si fa un così triste melodramma.
In diverse occasioni, senza mai nominare apertamente il ministro, Pinelli si è divertito a diffondere la splendida statistica dei processi disciplinari sotto la sua guida: ben 164 verdetti, con quasi il 40% di condanne, e in 7 casi la punizione più severa possibile, cioè la rimozione dall’ordine giudiziario. Un successo clamoroso, frutto di un impegno quasi eroico da parte dei due membri “laici” e dei quattro togati che, con la sobrietà di chi non bada a casacche correntizie, si concentrano solo sui fatti e sui documenti. Che novità.
A proposito del sempreverde “caso Palamara”, naturalmente non poteva mancare la stoccata del vicepresidente con orientamento governativo, che ormai ha fatto della ripetizione di questo tema il suo mantra preferito. Ogni volta Nordio tiene a precisare che pensare che il “mercimonio” emerso nel 2019 fosse solo roba di quel magistrato cacciato e qualche altro sfortunato intercettato è, e citiamo testualmente, “come credere agli asinelli che volano”. Un paragone così elegante che Pinelli si rifiuta di mandare giù, visto che è proprio lui, da più di due anni e mezzo, a governare l’istituzione dove secondo il ministro continuerebbe a prosperare il “verminaio” che solo il sorteggio previsto dalla tanto celebrata riforma potrebbe debellare.
Come se nulla fosse cambiato con l’attuale consiliatura, insiste il ministro. Ma Pinelli, che evidentemente preferisce i fatti alle chiacchiere, ribadisce il contrario: molte cose sono mutate, eccome. Tra tempi di nomine più rapidi e approvazioni di tabelle più spedite, senza dimenticare la meraviglia della concordia interna – oltre il 75% delle nomine approvate all’unanimità. Un trionfo davvero insospettabile nel puzzle della magistratura italiana.
Niente di strano, dunque, che la reazione di ieri di Pinelli suoni come un deciso “basta” rivolto a Nordio, pronunciato a nome dei malumori che si aggirano corridoi del Consiglio Superiore della Magistratura, dove le opinioni del ministro sono considerate poco più che accuse velate. E tutto questo nel momento topico in cui proprio dal Csm, nemmeno tre giorni fa, è arrivato un aiuto concreto al governo per tentare di centrare gli obiettivi del PNRR in tema di giustizia civile, obiettivi che al momento sono un miraggio lontano anni luce.
Ricordiamo che miliardi dall’Unione Europea sono già stati stanziati, ma rischiano grosso se non si abbatte almeno il 40% degli arretrati entro il 2026. Al momento siamo fermi al misero 20%. Il Csm ha prontamente approvato misure urgenti, che vanno dall’impiego di magistrati in pensione a vari altri stratagemmi dopo trattative serrate che hanno coinvolto anche il Ministero. E questa sarebbe la “gratitudine” del Guardasigilli? Incredibile ma vero, questo è il giudizio sussurrato nei corridoi del Consiglio Superiore della Magistratura.