L’idea di una guerra commerciale con gli Stati Uniti terrorizza gli italiani: l’83% di loro si dichiara a malapena più che “mediamente” preoccupato. Un risultato a sorpresa, dato che finora la globalizzazione era vista più come una fantastica magia economica che come una bomba a orologeria pronta a esplodere nelle nostre tasche, ma evidentemente la realtà si diverte a giocare brutti scherzi. L’indagine arriva puntuale dall’Osservatorio Monitoring Democracy dell’Università Bocconi, in collaborazione con l’istituto di sondaggistica Swg. Un duo d’autore che ha voluto sondare i sentimenti delle masse su due fronti: quanto sono consapevoli gli italiani dell’impatto dei commerci globali e, soprattutto, se hanno voglia di reagire con dazi di ritorno (si dice “retaliation”, sì, ma italianizziamo questo inglesismo solo un po’ per non perdere il gusto esotico).
Secondo Vincenzo Galasso, professore di Economia alla Bocconi e autore dello studio insieme al suo collega Germain Gauthier, la consapevolezza non sorprende più di tanto – perché, se no, dove sarebbe finito il sogno globalista? – ma la risposta sulla preoccupazione per i dazi è da manuale di politica del grottesco: lo spettro politico sembra quasi un oroscopo che predice chi si spaventa per vero. Spoiler: gli elettori del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle si dimostrano i più pateticamente terrorizzati. Nel dettaglio, i ‘più preoccupati’ (tra ‘abbastanza’ e ‘completamente’ preoccupati) sul fronte PD sono il 60%, mentre i pentastellati si fermano a “solo” poco più della metà.
Sul versante opposto, o almeno sulla parte meno contrita dello spettro, si trova il centrodestra: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia confermano la loro proverbiale spavalderia, con preoccupazioni che non superano il 40%. Quasi come se i dazi fossero solo un fastidio minore, tipo un concerto di una cover band di Little Tony. Ma non è solo questa folla a sembrare immunizzata: anche i votanti di Alleanza Verdi e Sinistra dimostrano la stessa calma olimpica degna di monaci tibetani. Al contempo, stranamente, fuori dal campione statalmente riconosciuto ci sono anche gli elettori di partiti più arroganti o moderni come Azione, Italia Viva e +Europa, probabilmente troppo occupati a litigare su chi paga il caffè per preoccuparsi di questioni globali.
Il prezzo dell’eroismo: pagare di più per “difendersi”
Ma il vero miracolo di questo sondaggio arriva quando si chiede agli italiani quale aumento spalmerebbero volentieri sul caro-spesa per finanziare una reazione coraggiosa (leggi: tariffaria) dell’Unione Europea contro le politiche di Donald Trump. La risposta media? Nientemeno che un imprevedibile rincaro del 9%! Tradotto in soldoni, se quel carrello costava 100 euro, il popolo sarebbe disposto a spacciare quasi 9 euro in più pur di dimostrare ai giganti transatlantici che anche l’Europa sa picchiare. Quasi come se gli italiani fossero d’improvviso diventati paghatori volontari di un circo geopolitico, animati da un patriottismo economico degno di nota e, perché no, da un po’ di buona vecchia testardaggine.
Certo, questa miscela di preoccupazione e generosità pandemoniale alletta gli esperti di politica che possono finalmente sbandierare la sensibilità del popolo verso questioni economiche tipicamente complesse. Quasi nostalgici di una politica che sa coinvolgere l’elettorato ben oltre le polemiche da bar, questi studiosi osservano come questo dato possa diventare un’arma a doppio taglio, soprattutto per i partiti che più gridano al pericolo di Trump, ma rischiano di bruciarsi la reputazione chiedendo un prezzo così alto nelle tasche di italiani già spremuti fino all’osso.
Insomma, tra paura, determinazione e disponibilità a pagare il conto, questo sondaggio rivela un’Italia che si crede eroica ma rischia di trasformarsi nel clown geopolitico disposto a spendere quanto basta per non ammettere la propria impotenza. Applausi, signori.
Prendiamo in considerazione anche quel brillante 33% di cittadini che non schioderebbe di un centesimo in più dal portafoglio, nemmeno sotto tortura. Tranquilli, la politica colora pure le opinioni economiche: gli elettori di PD, M5S e AVS, evidentemente più autolesionisti, sono pronti ad accettare un incremento del conto al supermercato di circa nove euro e spiccioli.
Invece, gli uomini e le donne di Fratelli d’Italia e Forza Italia tremano un po’ e non vogliono sforare i fatidici sette euro di aumento. Ma qui arriva il capolavoro: i leghisti, quelli che dovrebbero saperci fare con il portafoglio, si dichiarano quasi indifferenti al rincaro – eppure, guarda un po’, sono disposti ai sacrifici più grandi, accettando un sovrapprezzo superiore addirittura a dieci euro. Chi l’avrebbe mai detto?
Galasso ci illumina con una spiegazione degna di un romanzo psicologico: “Potrebbero esserci due motivazioni diverse per queste risposte. Da una parte, c’è quella legata all’idea di far sentire la forza dell’Unione Europea, che potrebbe spiegare l’attitudine di PD e forse M5S. Dall’altra, c’è una reazione più ‘di pancia’ proprio tra i leghisti, non tanto preoccupati, ma desiderosi di apparire ‘machi’ e dire: ‘Anche io imposto i dazi’.” Sarà mica una crisi d’identità maschilista camuffata da lotta politica?