Regione svela il piano miracoloso: svela 344 milioni e aspetta 1,7 miliardi, peccato serva ancora una banca veneta a farlo funzionare

Regione svela il piano miracoloso: svela 344 milioni e aspetta 1,7 miliardi, peccato serva ancora una banca veneta a farlo funzionare
Regione Veneto si è vantata di aver messo sul piatto la bellezza di 1,2 miliardi di euro sotto la voce «credito alle imprese». Spoiler: la gran parte di questi fondi proveniva dall’Unione Europea e dallo Stato nazionale, soldi spesi fino all’ultimo centesimo, così da non lasciare nemmeno un briciolo di margine d’apprezzamento. Ma non temete, perché ora arriva la nuova trionfale stagione: un piano del credito per il 2025 che stanzia 344 milioni, promessa di innescare investimenti per 1,7 miliardi. Numeri giganteschi, presentati con grande pompa ieri, 15 luglio, nella cornice monumentale di Palazzo Grandi Stazioni dall’assessore allo Sviluppo Economico, Roberto Marcato. Un bel “ultimo atto” a fine mandato, giusto per lasciare qualche speranza, almeno teorica, alle imprese venete che arrancano tra i dazi americani e un contesto geopolitico così promettente come una tempesta in piena estate.

Così, mentre il mondo va in tilt, la propensione agli investimenti già si affloscia come un soufflé lasciato troppo a lungo nel forno spento. Ma niente paura: Marcato e Renato Mason, segretario della CGIA, hanno pronti i soliti argomenti rassicuranti. Il Veneto è un modello di diversificazione che fa invidia: mentre l’Emilia Romagna si regge su un misero trio di prodotti esportati, il Veneto ne vanta quindici che coprono ben il 50% del totale, quindi rischio minore, grazie al cielo. Merito anche di quelle piccole e medie imprese venete, resilienti e flessibili, che hanno superato indenne persino la pandemia. Peccato che oggi si debbano confrontare con un braccio di ferro tra la crisi internazionale, la spirale dei costi energetici e la politica di dazi, come se non bastasse.

Ed ecco il colpo da maestro: l’accesso al credito diventa il totem in questo atto finale di commedia. Marcato lo annuncia trionfante, quasi come se avesse scoperto il santo Graal: «Il nuovo piano del credito è l’operazione più robusta mai realizzata dalla Regione in termini di credito», ci dice con quell’aria di chi ha davvero fatto qualcosa di epocale. Peccato che, al netto delle belle cifre, il problema reale resti una sola banca veneta disposta a dialogare davvero con i piccoli, medi e micro imprenditori, quelli che hanno bisogno di credito ora più che mai. Ma, si sa, le banche preferiscono aspettare tempi migliori piuttosto che rischiare soldi in questa giungla economica fatta di crisi globali e guerre commerciali.

Ecco quindi il capolavoro: una Regione che mette sul tavolo 344 milioni per il 2025, sperando che si trasformino in 1,7 miliardi di investimenti. Una magia finanziaria degna dei migliori prestigiatori, soprattutto in un contesto dove tra dazi, prezzi dell’energia e nervosismo globale, l’unica cosa certa è che la realtà delle imprese venete sarà tutt’altro che rosa e fiori.

Che sollievo sapere che la Regione Veneto sta destinando la bellezza di 344 milioni di euro – sì, proprio quella cifra tanto gigante quanto ricca di promesse – per sostenere l’attività imprenditoriale tramite i fondi di rotazione di Veneto Innovazione e Veneto Sviluppo. Peccato però che, a detta di Mason, si tratti di un “impegno davvero importante, dato il bilancio regionale”, ma che “344 milioni non siano poi così tanti”. Insomma, più o meno come un’ammissione velata che, alla fine, il bacino a disposizione non è un granché.

Ecco quindi il colpo di scena: l’addizionale regionale Irpef, quella fantomatica tassa che non si aggiorna da ben quindici anni, dovrà tornare sul tavolo. Ovviamente non così, alla buona, ma “con precisione e trasparenza – spiega Mason – su come verranno spesi quei 300-400 milioni”. Ed è proprio qui che entra in scena il pragmatico Marcato, che annuisce con entusiasmo, ricordando come il meccanismo fiscale potrà essere modulato in base alle capacità economiche del momento.

Intanto si cerca di spremere quel poco che c’è. Il direttore di Veneto Sviluppo, Mauro Trapani, va dritto al sodo mostrando i numeri: “Dai circa 80 milioni rientrati l’anno scorso grazie ai fondi di rotazione, 76 sono già stati reinvestiti”. Una gestione efficiente, o forse solo un modo elegante per dire che si continua a portare avanti il gioco con qualcosa che rimane sempre troppo esiguo.

Manca, ovviamente, una banca veneta vera

La magia di far quadrare i conti con quei pochi spiccioli si scontra però con la dura realtà: come fa notare Mason, negli ultimi tre anni il credito alle PMI sta calando, nonostante gli sforzi statali di potenziare la garanzia pubblica. Il colpo basso? L’assenza di una banca veneta degna di questo nome. Le Bcc – carine, certamente – fanno quello che possono, ma non arrivano nemmeno lontanamente al piglio aggressivo di istituzioni come Unipol o Bpr in Emilia Romagna.

Non solo: le aziende venete si trovano spesso a mani vuote. Banali requisiti – o forse il capriccio delle banche – portano a rifiuti secchi, soprattutto sotto certe soglie di finanziamento. E i soldi pubblici, statali ed europei? Quasi sempre indirizzati a obiettivi che semplicemente non corrispondono ai bisogni reali delle PMI venete, che invece questuano solo capitale circolante e strumenti finanziari un po’ meno antiquati.

In poche parole: nel grande spettacolo del supporto pubblico, chi paga il prezzo più caro sono le micro imprese. Eppure, le Reti Innovative Regionali (Rir), che dovrebbero mettere insieme chi è troppo piccolo per muoversi da solo, continuano a tirar avanti uno show tutto loro.

La Regione mette qualche briciola sul piatto

Nel frattempo, la Regione Veneto schiera il suo arsenale di fondi disseminati qua e là, giusto per non far sentire troppo l’odore di povertà: 30 milioni del Fondo Liquidità Fesr per prestiti agevolati fino a 150 mila euro, i soliti 36,2 milioni del Fondo di Garanzia per la riassicurazione che copre fino al 90% dell’importo garantito, e poi 54 milioni destinati alla Sezione Filiere Produttive e Attrazione Investimenti della Zls.

E non dimentichiamoci i 35 milioni del Fondo di Sviluppo e Coesione per l’inedito Fondo Anticrisi, altri 14 per la Sezione Transizione, 10 milioni per il mitico Basket Bond Veneto (per un’emissione di obbligazioni congiunte degna di nota) e, ciliegina sulla torta, 179 milioni tra minibond ed equity. Un quadro spettacolare che fa venire voglia di applaudire, anche se a qualcuno potrebbe venire in mente che con tutte queste cifre si sarebbe potuto fare molto di più.

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