Euro troppo potente affonda le esportazioni ma c’è chi ancora sogna la magia della svalutazione

Euro troppo potente affonda le esportazioni ma c’è chi ancora sogna la magia della svalutazione

I mercati, sempre così sensibili e attenti, hanno accolto le minacce daziarie di Donald Trump con l’eleganza di un’alzata di spalle. Ventitré Paesi e l’intera Unione Europea sono stati invitati a prepararsi a balzelli degni di un mercante del Medioevo, ma il risultato? Rendimenti dei titoli di Stato pressoché immutati, borse tiepidissime, con lo S&P 500 e il Ftse Mib che si avvicinano ai loro massimi senza batter ciglio. E il cambio euro-dollaro? Ah, quello dovrebbe sbandierare segnali di panico per un potenziale 30% di dazi sulla principale rotta commerciale mondiale. Invece? Nulla di che: solo un leggero, quasi impercettibile calo dell’euro sul dollaro, la divisa statunitense che, strano a dirsi, recupera qualche punto anche contro altre monete principali.

Insomma, per ora il magico potere di turbare i mercati di Trump sembra essersi esaurito. Persino le sue minacce di sanzioni “secondarie” contro chi osa acquistare petrolio russo, invece di spaventare gli investitori, hanno generato l’effetto opposto: il petrolio Brent è crollato, come se nessuno ci credesse veramente. Ma attenzione, questo non significa che le sue fanfaronate siano innocue.

La verità è che la valuta statunitense ha dato spettacolo con la sua caduta libera, la più rapida da metà anno dall’epoca della crisi di Bretton Woods del 1973. Un tonfo tale che l’euro, da inizio anno, si è impennato del 14,5% contro il dollaro. Il che tradotto in parole semplici vuol dire una perdita di competitività del made in USA che va ben oltre i confini americani. Seguendo questo andamento, anche valute di colossi come la Cina, India, Pakistan, Vietnam e persino degli emirati del Golfo come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti sono state trascinate in questo ballo.

Per farla breve: le esportazioni in euro, senza nemmeno considerare i dazi che minaccia il presidente, si sono rese automaticamente più care in Paesi che rappresentano più della metà dell’economia mondiale. Se consideriamo l’intensità degli scambi commerciali, l’euro quest’anno è lievitato di un bel 7% rispetto alla media delle altre valute, finendo dritto al massimo di almeno cinque anni.

Ah, la solita saga della Banca centrale europea: quell’istituzione tanto misteriosa quanto temuta, destinata a diventare il deus ex machina della zona euro ogniqualvolta qualcuno decide di giocare a fare il cowboy sui dazi. Naturalmente, ciò che tutti si stanno chiedendo è se la BCE non possa essere l’arma segreta per smorzare l’impatto dei dazi di Donald Trump — siano essi uno spauracchio o una realtà concreta — manovrando al ribasso l’euro grazie a un ulteriore taglio dei tassi d’interesse, oggi già miracolosamente fermi al 2% dopo ben otto rapidi strappi verso il basso nell’arco di un anno.

Quanto è probabile, vi chiedete? Beh, i maghi della finanza europea sono perfettamente pronti a tagliare ancora il costo del denaro, e di conseguenza lo stesso tasso di cambio dell’euro, purché il mostro inflazionistico resti ben tenuto a bada. Ovviamente, la forza attuale della moneta unica è quel fantastico argine contro il carovita, ma — sorpresa, sorpresa — se l’Europa decidesse di rispondere con dazi propri contro gli Stati Uniti, tutto questo equilibrio potrebbe andare a farsi benedire.

Quindi che fa la nostra amata BCE? Semplice: resta comodamente alla finestra, come un vecchio spettatore allo stadio, aspettando di capire come finirà questa tragicommedia dei dazi. Nel frattempo, attende pazientemente le prossime previsioni economiche di settembre, dove si prevede, salvo miracoli, che la dinamica dei prezzi torni a fare il verso a quella noiosa soglia del 2% fissata come obiettivo e che, con ogni probabilità, cadrà di nuovo sotto quel limite entro il 2026.

Quindi non escludete che, prima della fine dell’anno, la BCE sforbici ancora quei tassi, perché ci sarà sempre qualcuno pronto a sostenere che serve una mano al sistema. Quel che invece è più dubbio è il vero impatto sui cambi: oggi i mercati sembrano più interessati alle manovre di Trump per mettere le mani sull’indipendenza della Federal Reserve, la banca centrale americana, e l’eventualità che ci riesca potrebbe far precipitare ulteriormente il valore del dollaro, strizzando l’occhio a un euro meno prepotente.
Un vero carnevale dell’economia, insomma.

Siamo SEMPRE qui ad ascoltarvi.

Vuoi segnalarci qualcosa? CONTATTACI.

Aspettiamo i vostri commenti sul GRUPPO DI TELEGRAM!