Quando il ministro Giuli lancia pietre e il Corriere risponde con un puf: la resa dei conti che non ci voleva nessuno

Quando il ministro Giuli lancia pietre e il Corriere risponde con un puf: la resa dei conti che non ci voleva nessuno

Che sorpresa: il ministro della Cultura Alessandro Giuli, con un post social degno di un divo da reality, accusa il Corriere della Sera di avergliela fatta franca, o meglio, di aver censurato una sua intervista. Una trama degna di un film d’azione, solo che la battaglia si combatte su carta (virtuale) e con la spada della supplica editoriale.

Secondo il nostro eroe, prima il Corriere gli avrebbe chiesto una replica a un editoriale violentissimo sulla “cultura di destra” firmato da Ernesto Galli della Loggia. Poi, colpo di scena degno di sceneggiatura hollywoodiana, la testata cambia idea e preferisce ripiegare su un’intervista a tutto campo. Peccato che la prima domanda fosse proprio su quel caro Galli della Loggia e, udite udite, la risposta non avrebbe incontrato i gusti dell’editore. Risultato? Intervista stracciata, anzi, mai pubblicata.

E il colmo? Il ministro, dopo aver fatto pure il diplomatico, si era tolto di mezzo due pezzetti di frase devote alle solite chicche “perditempo” e “poltrona di lusso”, puntando tutto sull’apertura del suo bel discorso. Evidentemente, nemmeno questo piccolo gesto di buona creanza è servito a salvare il tutto. Se questo è dialogo culturale, teniamoci la censura.

La versione impeccabile del Corriere della Sera

Dall’ufficio stampa del Corriere della Sera arriva la controffensiva che potremmo definire “alla moda giornalistica”: in buona sostanza, dieci giorni fa chiedono al ministro un’intervista sulle mille avventure del ministero, da Cinecittà al duello con la sottosegretaria Bergonzoni. Il nostro illuminato ministro, sempre campione di disponibilità, temporeggia come se stesse facendo un favore, rinviando la proposta finché non gli pare.

Quando finalmente si decide a dire sì, si concentra – udite bene – su una sola cosa: l’editoriale del professor Galli della Loggia. Evidentemente, quella stoffa non è piaciuta al nostro uomo di cultura e così, invece di argomentare, parte con la richiesta di dimissioni immediate per l’accusato, che avrebbe un “incarico culturale” frutto fausta eredità del predecessore Sangiuliano (sì, niente di meno).

Ovviamente, non potevano mancare le cosiddette “perle” di questo dialogo culturale: accuse gravi quali “incarico di lusso” a un ruolo svolto a titolo gratuito e insulti da bar dello sport come “perditempo” e addirittura “cameriere”. Indubbio che il ministro abbia un rapporto “particolare” con il mondo del lavoro, visto che l’unica “cameriera” di cui abbiamo rispetto è quella che serve il caffè al bar, non chi governa con queste uscite da plebe.

La direzione del Corriere ha addirittura provato a fare quello che si usa chiamare “garbo istituzionale”, offrendo un articolo di risposta da pubblicare. Che eleganza! Peccato che il ministro, orgoglioso custode della sua verità, abbia deciso che era meglio declinare l’invito. Nessuna censura quindi, solo un semplice, chiaro, democraticissimo “licenziamento” dell’intervista sgradita.

Ah, e quel principe del confronto culturale, Giuli? Pare che per lui l’unico dibattito possibile sia mettere alla porta chi osa criticare. Un concetto di dibattito che definire ridicolo è un eufemismo: due intellettuali come Ernesto Galli della Loggia e il ministro in un confronto? No, grazie. Se critichi, addio.

Ernesto Galli della Loggia però non si è scomposto troppo e ha risposto con tutta la calma zen di cui dispone, spiegando che quella “poltrona di lusso” tanto decantata dal ministro altro non è che un incarico assolutamente insignificante, non retribuito, e che lo ha impegnato per qualche mattinata insieme a pochi colleghi e funzionari ministeriali. Non proprio il seggio di potere che Giuli dipinge, insomma.

Ah, e dulcis in fundo, Galli della Loggia specifica che tale incarico gli è costato addirittura un centinaio di euro in spese taxi – soldi di tasca sua, non certo regalati dal ministero. Un vero sovrano umanista a cui deve far piacere essere martoriato dal genio della censura ministeriale.

Riguardo alle delibere su Boccaccio, Papini e Gentile, per fortuna il professore precisa che sono state spiegate con dovizia di particolari nel verbale della commissione, basate su competenze da esperti e giudici, e non – badate bene! – sulle fantasie del ministro. Giuli si è evidentemente rifiutato di considerare queste motivazioni, ma, spiace, non è una questione di opinioni personali ma di competenze riconosciute.

Nel pomeriggio, il ministro non ha perso tempo e ha pubblicato su X (forse pensa che annullare gli scontenti via social sia la soluzione) i suoi messaggi con il giornalista Paolo Conti. Quanto deve essere confortante vedere la propria censura attorniata da scambi privati digitali messi in piazza, come fossero medaglie da sventolare.

Ecco il favoloso scambio immortalato prima che il Corriere della Sera – quel tempio dell’informazione libera, si capisce – decidesse di censurare l’intervista di Galli della Loggia. Un vero capolavoro di trasparenza:

CDS: «A me pare molto bella densa e puntuale. Non rischiamo di dare del perditempo a Ernesto?», in riferimento a Galli della Loggia.
Giuli: «Possiamo sostituire con “alcuni”. Oppure “c’è chi dice”.»
CDS: «Okkk».

Potremmo quasi rivalutare la politica culturale del paese dopo questo esempio di raffinata dialettica se non fosse per la replica dello stesso Paolo Conti:

«Lo scambio di messaggi pubblicato dal ministro Giuli è avvenuto in un normale dialogo tra giornalista e intervistato, di cui la Direzione era totalmente all’oscuro. Rimango basito dalla scelta di un ministro di rendere pubblici messaggi privati.»

In sintesi: il ministro preferisce censurare e sputtanare chi dissente invece di affrontare un dibattito serio, pubblica messaggi privati come se fossero trofei e considera critici solo coloro che gli cantano in coro. Un capolavoro di democrazia culturale, insomma.

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