Giovani Democratici in giro per le valli: la missione impossibile di far tornare a piacere la politica

Giovani Democratici in giro per le valli: la missione impossibile di far tornare a piacere la politica

Un viaggio nelle valli per intercettare quei giovani che, evidentemente, la politica l’hanno fatta scappare a gambe levate. Non si tratta di far pendere la bilancia verso una certa ideologia, ma di sondare lo scetticismo che aleggia su istituzioni che sembrano più un’astrazione lontana che una presenza concreta. I Comuni e la Provincia, quei grandiosi archi di governo locale, mostrano inesorabilmente la loro incapacità di ascoltare davvero. E così, l’astensionismo non è altro che la ciliegina sulla torta di un processo di allontanamento involontario, ma largamente prevedibile.

I Giovani Democratici, con la loro solita modestia, descrivono una condizione che ormai si è fatta patetica per molti partiti in Alto Adige. Ma come sempre, ecco la proposta mirabolante: una qualche iniziativa pensata “su misura” per un territorio speciale quanto complicato. Bilinguismo, autonomia, villaggi sperduti lontani dalla comfort zone urbana e dalle istituzioni centrali: un mix perfetto per coltivare il disinteresse politico.

Ed ecco la sfida “quasi impossibile” lanciata dai solerti Gd: contare i pochi tesserati rimasti, una trentina scarsa, e provare a ripartire dal nulla dopo una sonora batosta elettorale a Bolzano. Ci troviamo in un momento storico in cui la partecipazione giovanile, verso i partiti e la vita pubblica in generale, sembra più una leggenda metropolitana che una realtà tangibile. «Sono i temi concreti a portare in piazza ragazze e ragazzi» sentenziava con la solita saggezza Silvia Pomella durante le porte aperte del Partito Democratico. Marce per il clima, primo Pride bolzanino, proteste studentesche contro l’assurdo divieto di sedersi a terra o sdraiarsi sulle panchine: tutto lecito e applauditissimo. Peccato che quando si parla di vera politica, quella fatta di schieramenti e decisioni, l’entusiasmo svanisce più in fretta di un gelato al sole. Questa sarebbe la “sfida”. Che dire? Buona fortuna.

Il brillante Gabriele Branco, impegnato a rendere tutto più epico, spiega il piano: a partire da settembre, si toccheranno i giovani dei paesini sperduti, quei luoghi dove la politica arriva come un’eco lontana. Il trucco? Parlare di raccolta differenziata, riciclo e diritti – perché evidentemente solo così si riesce a coinvolgere qualcuno – con l’aiuto di tecnici ed esperti a spasso per l’Alto Adige. Non dimentichiamoci, naturalmente, che queste piccole “missioni” servono pure a ricordare ai ragazzi che esistono cose chiamate istituzioni, anche se il disincanto è ormai radicato.

«Ascolteremo i ragazzi che incontreremo». Che novità da parte di chi, evidentemente, non ha ancora capito che imporre ascolto senza una minima concretezza potrebbe suonare come una stupida utopia. Ma andiamo avanti, perché questo è solo l’antipasto di ciò che ci aspetta. Infatti, uno dei temi cardine è: «Non siamo la sezione di Bologna, che vanta una lunga tradizione, né tantomeno altre grandi città, come la stessa Trento, senza andare troppo lontano.» Oh, grazie per questa illuminante precisazione! Perché se è vero che la tradizione conta, allora ben venga il remake poliglotta della saga dell’Alto Adige. Proseguono infatti: «Quando ci confrontiamo con colleghi di altre regioni o con i vertici nazionali a Roma, pochi si rendono conto di quanto sia particolare l’Alto Adige. Non ci basta copiare il loro modus operandi per raccogliere gli stessi risultati.» Una rivelazione che spiazza, quasi quanto scoprire che l’acqua è bagnata. Al posto di inseguire modelli altrui, si punta quindi su una sorta di poliglotta follia comunicativa, perché – udite udite – faremo promozione anche sui social, sì, sui social, per ribadire che teniamo conto di tutte le comunità linguistiche. Strano, no? Prima ignoravano, ora studiano meme multilingue. Il vero capolavoro? Cercare di rompere il “bolzanocentrismo”, questa “vera e propria barriera” da cui l’Alto Adige sembra disperatamente voler fuggire. Magari con un traduttore simultaneo a disposizione, chissà.

Ivan Gufler mostra un’inaspettata dose di ottimismo, forse solo perché la partecipazione agli eventi inediti per il capoluogo è stata ampia. Un dettaglio, certo, ma bisogna aggrapparsi a qualcosa quando la realtà politica è quella che è. Dall’altra parte della barricata, il giovane segretario dei Giovani democratici, George Ciprian Lungu, 23 anni di fresca nomina, puntualizza che i problemi veri per i giovani sono altri: casa e percorsi di studio decenti. Problemi concreti, non certo le solite dichiarazioni melense.

«Dobbiamo saper rispondere a queste necessità», dice, mentre noi ci chiediamo se qualcuno lo abbia mai ascoltato davvero. Sperano di farlo tramite il loro neo-eletto consigliere comunale Diego Laratta, che, udite udite, è lì per dare una svolta. Dal 2020, Lungu intrattiene anche rapporti con gli Jusos, l’organizzazione giovanile del SPD, il Partito Socialdemocratico tedesco, un dettaglio interessante che come al solito rischia più di creare confusione che di produrre risultati. Questi “scambi internazionali” sono la nuova frontiera per ridefinire una piattaforma programmatica che sembra più una lista della spesa della domenica.

I giovani democratici si dicono quindi pronti a ripartire, ma ovviamente non nelle settimane che precedono le elezioni, perché impegnarsi nella politica attiva richiede chissà quale energia sovrumana, tanto vale aspettare tempi più comodi. Nel frattempo, la cosiddetta “reticenza” verso la vita pubblica è classificata come un “grande problema”. In Alto Adige come a Malles o nella mitica Roma. Leggermente imbarazzante constatare che questa alienazione non sia un’esclusiva locale, ma una costante nazionale, eppure nessuno sembra voler cambiare davvero qualcosa.

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