Durante la sfilata dei nuovi palinsesti Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, l’amministratore delegato di Media for Europe e figlio del celebre fondatore Silvio Berlusconi, si è lasciato sfuggire qualche perla di saggezza politica. Già, perché la sua priorità non è lo ius scholae, quell’argomento di cui tutti parlano come se fosse la pietra filosofale per risolvere i problemi italiani, ma cose molto più… urgenti. Tipo welfare, salari, sanità, scuola, sicurezza e, ovviamente, incentivi allo sviluppo. Un vero illuminato.
Inutile dire che questa stoccata ha mandato in estasi Matteo Salvini, che non ha certo perso occasione per schierarsi contro ogni tentativo di semplificare l’accesso alla cittadinanza per i migranti. In fondo, perché preoccuparsi di integrazione quando si può semplicemente dire “partita chiusa” e rimandare tutto “fra trent’anni”, magari se la sinistra avrà ancora voglia di perdere tempo?
Pier Silvio ha dimostrato di avere una strana concezione delle priorità nazionali: mentre il dibattito infuocato su chi debba o no avere diritto alla cittadinanza continua, lui preferisce fare il serio e parlare di “tempi e modi” per implementare certe politiche, con un dubbio ben poco velato sulla reale necessità di questa riforma per il Paese.
Ah, e non pensate che dietro questa posizione ci siano le grandiose “indicazioni ideali” sue o di sua sorella Marina. No, lui è stato chiarissimo: per quanto riguarda lo ius scholae, se qualcuno aveva immaginato un collegamento familiare ideale, beh… «sono più contro che a favore» – ha detto – «e odio le prese in giro». Ma attenzione, perché ha anche affermato che la proposta non è male in sé, solo che “può essere migliorata” e, guarda un po’, “i diritti vanno difesi sempre”. Una vera perla di coerenza in un mare di contraddizioni.
Ovviamente, a chi gli ha chiesto come mai non entri lui direttamente in politica, la risposta è stata degna di un master in procrastinazione: «Ho 56 anni, mio padre a 58 è entrato in politica… ma io oggi non ho nessuna intenzione». Tradotto: aspettatevi qualcosa fra un paio d’anni, magari qualche buona promessa da ringiovanimento, ma intanto non facciamo rumore.
Le sacre priorità del Paese secondo Berlusconi Jr.
Non è difficile capire dove cadono le priorità di Pier Silvio: welfare, salari e sanità. Tradotto: roba che fa comodo a molti, specialmente a chi vorrebbe continuare a sedere comodamente senza scalfire la neve dei problemi reali a colpi di mega-riforme per la cittadinanza. La scuola, sempre nella sua top list, sembra un argomento da trattare con più calma, dopo che si sono sistemate – immagino – le questioni di sicurezza, vera e propria emergenza nazionale secondo il nostro CEO.
I “maggiore sicurezza” non è una semplice frase fatta, ma un richiamo quasi drammatico a un’Italia che vive di paura, più che di speranza. E gli “incentivi allo sviluppo”? Beh, quelli sono la ciliegina sulla torta per tenere in piedi un sistema che, se lasciato a sé stesso, probabilmente collasserebbe come una torre di carte al primo soffio di vento.
Il triste ruolo di Salvini e la sinistra da interrogare
L’entusiasmo di Matteo Salvini è praticamente virale. “Noi non condividiamo l’idea di accorciare i tempi per concedere cittadinanze”, ha detto con un piglio da saggio del villaggio, ribadendo che non è una priorità per l’italiano medio – che probabilmente ha ben altro a cui pensare, come accaparrarsi l’ultima confezione di pasta scontata.
Il buon Salvini non ha perso occasione per prenderla larga, chiudendo il discorso con un tagliente “tema archiviato”, relegando la questione a una fantomatica sinistra che – se vincerà mai – se ne occuperà, sperando di non annoiarsi troppo nel frattempo. L’ironia della politica italiana, ovvero il teatrino delle promesse e delle rinvii interminabili.
In sintesi, se pensavate che l’argomento dello ius scholae fosse una questione urgente per risolvere l’integrazione e i diritti civili in Italia, sappiate che secondo i vertici di Mfe (e amici vari) è roba da mettere in fondo alla lista, dietro a mille questioni certamente più pressanti, ovviamente filtrate dal filtro protettivo del conservatorismo più classico.


