Vent’anni di baracconi inclusivi: le aziende che si autoelettano campioni di diversità nel 2025

Vent’anni di baracconi inclusivi: le aziende che si autoelettano campioni di diversità nel 2025
Perché oggi parlare di diversità e inclusione conviene più di qualsiasi investimento tradizionale nei dipendenti

La capacità di creare ambienti di lavoro che siano davvero inclusivi, equi e rispettosi delle differenze sembra ormai non solo una questione etica, ma una strategia imprescindibile per valorizzare il capitale umano e rendere le organizzazioni più forti e adattabili. Lo dimostra senza ombra di dubbio la nuova classifica Best Workplaces for DE&I 2025, che mostra quanto le aziende impegnate seriamente in diversità, equità e inclusione stiano letteralmente dominando il mercato del lavoro—secondo il giudizio di quasi 100.000 dipendenti sparsi tra piccole e grandi realtà.

Non pensate che solo le grandi multinazionali abbiano colto la palla al balzo: ben il 40% delle aziende premiate ha un organico tra i 50 e i 149 collaboratori, segno che anche le piccole e medie imprese stanno iniziando a capire che l’inclusione non è una moda da social network, ma un vero e proprio investimento sul futuro. Seguono quelle di dimensioni medie (35%), realtà più strutturate (15%) e appena il 10% sono i colossi con oltre 1.000 dipendenti. Insomma, non servono migliaia di persone per fare davvero la differenza.

Per fortuna, non si tratta solo di belle parole. I settori che spiccano per le migliori pratiche DE&I sono quelli più “smart”: IT e servizi professionali guidano la classifica con ben cinque aziende ciascuno, seguiti a ruota dal biotecnologico e farmaceutico con tre nomi di spicco. In coda trovano spazio sanità e assicurazioni, e qualche timido rappresentante dell’hospitality e dell’agricoltura, perché pure lì qualcuno ha capito che “diversità” non è una parola da evitare a tavola.

Ecco il nocciolo: cosa si valuta davvero in questa ambita classifica? Per misurare l’effettivo clima aziendale viene usato il cosiddetto DE&I Index, che tiene conto di una serie di elementi imprescindibili. Parliamo di equità nel trattamento, accessibilità vera – non solo sulla carta – partecipazione attiva da parte dei manager, assenza totale di discriminazioni di ogni genere, un ambiente che faccia sentire tutte e tutti accolti, sicurezza psicologica garantita (leggasi: non doversi nascondere o temere ritorsioni) e, ovviamente, un rispettoso bilanciamento tra vita privata e lavoro.

I risultati sono più che chiari: nelle 20 migliori aziende per DE&I, il punteggio medio si attesta all’85%, un gigantesco salto rispetto al 65% delle aziende certificate ma non premiate, e uno stratosferico 42% di quelle non certificate. Insomma, o ci si impegna davvero o meglio non metterci nemmeno la faccia (e magari il portafoglio).

Passiamo ai protagonisti: chi sono, quindi, le aziende che dimostrano su carta e nei fatti che la diversità si può “fare” e non è solo uno slogan da brochure? Al primo posto c’è Hilton, gigante globale dell’ospitalità con un portfolio sterminato che spazia in 124 paesi e territori, gestendo quasi 7.400 strutture e oltre 1,1 milioni di camere. Insomma, se è vero che il cliente è sempre al centro, Hilton sa bene che dietro ogni servizio di qualità c’è un dipendente valorizzato a dovere.

Al secondo gradino del podio svetta Cisco, leader internazionale nelle tecnologie che hanno rivoluzionato il modo di connettersi e collaborare nel lavoro e nella vita privata. Non stupisce, dunque, che un’azienda che mette l’innovazione nel Dna prediliga anche ambienti inclusivi dove ogni voce può influire sulla costruzione del futuro.

Completa il podio Skylabs, partner per aziende provenienti da ogni settore, che ha puntato tutto su un approccio fresco, agile e decisamente meno formale alla gestione delle risorse umane. Non è scontato ma evidentemente funziona.