«Al di là di qualsiasi possibile giudizio sull’operato di Eugenio Giani, sarebbe politicamente da genî del caos puntare su un altro candidato a due o tre mesi dalle elezioni», dichiara con aria cristallina Enrico Rossi, ex presidente della Regione Toscana, notoriamente vicino alla segreteria di Elly Schlein. Dopo cinque anni di silenzi assordanti sul tema, davanti al rischio concreto di perdere la Regione, si decide finalmente a schierarsi apertamente appoggiando la riconferma del suo predecessore. E cosa usa per convincere? Nientemeno che una citazione di Roberto Benigni:
“Cosa sarebbe l’Italia senza la Toscana? L’Emilia Romagna sbatterebbe nell’Umbria, la Liguria scivolerebbe nel Lazio: un autentico caos senza precedenti!”
Beh, se il Partito Democratico di Schlein vuole invece cambiare direzione, sembra proprio che il carosello debba fermarsi e si debba restare fedeli al cavallo usato, anche se magari ha qualche zoppia.
Del resto, secondo lui, non si butta via “un cavallo in corsa” tra primo e secondo mandato a cuor leggero. Dieci anni – spiega quel vecchio saggio – sono il minimo sindacale per portare avanti un programma, o almeno per “impostarlo” da qualche parte.
“E se poi il giudizio sull’operato è negativo, perché allora confermare?” chiede qualcuno, forse i soliti pignoli.
Ecco la risposta brillante: “Un presidente di Regione può anche essere mandato a casa, certo, ma è stato eletto direttamente dai cittadini e bisogna avere un certo senso delle istituzioni.” Insomma, mica stiamo parlando di cambiare canale alla tivù, ci vuole delicatezza, quasi reverenza.
Secondo Rossi, il PD avrebbe dovuto anticipare tutto con Giani, negoziando un “percorso di uscita” elegante, umano e istituzionale. Ora, però, il treno è passato e i tempi sono scaduti. Forse è un modo elegante per dire “Oops, abbiamo sbagliato tutto, ma ormai è troppo tardi”.
Un cambio improvviso a questo punto sarebbe una bocciatura clamorosa. Una vera e propria manna dal cielo per le opposizioni, che prenderebbero questo segnale come prova definitiva di un disastro nella gestione della Regione.
Rossi ci tiene a sottolineare: “Esatto, sarebbe un autogol di proporzioni epiche per il centrosinistra, che dimostrerebbe di aver governato male.” Quindi, meglio tenere il disastro nascosto sotto il tappeto fino a nuove, inevitabili rotture.
Ci sarebbero poi, dice lui, altri due aspetti – ovviamente segreti e meravigliosi – da considerare per giustificare la conferma di Giani. I dettagli? Immancabilmente misteriosi.
Ah, che gioia sentir parlare di anni “molto difficili” in cui il solo fatto che qualcuno si degnasse di fare qualcosa diventava automaticamente motivo di plauso. Guerreggiare (forse metaforicamente, ma chissà) e affrontare un governo di destra tanto “ostile” alla Toscana da bocciare ogni singola legge regionale: ecco il teatro ideale per esaltare il “grande operato” del caro presidente Giani. Una sorta di martire politico, insomma.
Il rapporto con i Comuni e i cittadini? Ah, ma ovviamente il nostro eroe c’è sempre, ben presente a ogni chiamata, come il miglior vigile urbano dell’incertezza toscana. Un po’ come un Superman regionale, capace di fornire sicurezza in tempi così smarriti che persino i sondaggi – questi famosissimi sondaggi, ovviamente selezionati ad arte – lo trovano popolare e “giudicato bene”. Che poesia.
E poi, attenzione, ecco la chicca davvero memorabile: “I presidenti di Regione in Toscana non sono mai stati decisi da Roma”, neanche ai tempi del glorioso PCI. L’autonomia politica, dicono, è sacrosanta e da difendere come uno scrigno prezioso. Roba da far impallidire qualsiasi federalista incallito.
Ma adesso arriva la domanda fatidica, quella che tutti aspettavano con il fiato sospeso: “Ma quindi, si consiglia o sconsiglia al PD di rimuovere Giani?” Risposta magistrale: “Non consiglio né sconsiglio, sono fuori dalla politica e faccio solo riflessioni a voce alta.” Ma certo, perché parlare è gratis e dare consigli concreti no? Comodo, no?
E nel caso in cui Giani venisse rimpiazzato con un’altra faccia del centro-sinistra? Sarà ugualmente vittoria? “Bella domanda, non lo so.” Perfetto, la massima sicurezza e preparazione politica condensata in una sola frase. Poi “l’antifascismo toscano è ancora forte” (come se bastasse un’etichetta mitologica per assicurare la vittoria elettorale) e la sinistra ha fatto tanto bene “dal dopoguerra ad oggi”. Insomma, il classico campionario di convinzioni immutabili che ignora maliziosamente ogni evoluzione reale.
Ah, ma non dimentichiamoci della ciliegina sulla torta: l’alternativa sarebbe una “destra-destra” ancora incapace di fare i conti con la sua eredità fascista. Ossia il mostro sotto il letto che terrorizza il sonno politico del centro-sinistra. E allora, secondo questo ragionamento, cambiare ora sarebbe un “salto nel vuoto”. Una sorta di naufragio garantito, senza bagnino né salvagente. Un invito alla paralisi perpetua, in nome di un passato che, a quanto pare, non ha ancora finito di comandare.


