Chi l’avrebbe detto? Le famiglie italiane sembrano aver finalmente deciso di fare qualche valigia per l’estate 2025: il 37,7% ha già messo nero su bianco i propri piani vacanzieri, un balzo rispetto al misero 26,2% dello scorso anno. Numeri che toccano il massimo dal 2019 e che, guarda un po’, si accompagnano a un significativo calo di indecisi (28,6%) e rinunciatari (33,6%). Insomma, il trionfo della programmazione o almeno così ci piacerebbe pensare.
Ma attenzione, il quadro non è quello di un’Italia tutta pronta a tuffarsi nelle spensierate ferie. A fare la parte del leone sono le famiglie con meno grana, quelle che al Sud sembrano più abili a “non partire”: qui il tasso di rinuncia tocca il 38,8%, mentre chi non mette piede fuori casa semplicemente perché non può spendere, arriva al 41,8% nelle fasce più povere. L’ostacolo? Ovviamente i soldi. Ben il 53,5% dichiara che niente vacanze per mancanza di risorse economiche, seguiti a ruota da problemi di salute e, dulcis in fundo, dal caro prezzi. Dolce o amaro, scegliete voi.
Le mete preferite? Per la maggior parte, la Spagna è afosa, la Grecia lontana e allora si resta in Italia—così almeno fa il 76% dei futuri viaggiatori. Nonostante l’agonia inflazionistica, il 68,1% manterrà il budget vacanze come sempre, mentre un fortunato 9% si prende la licenza di spendere un po’ di più. Il pubblico si divide poi tra amanti del fascino storico di hotel (41,7%), sognatori di B&B e agriturismi (37,7%) e affezionati a “casa dolce casa” nelle seconde case (14,8%).
Non è solo nelle vacanze che si intravede una strana voglia di ripresa. Tra le famiglie italiane cresce anche la propensione agli acquisti, anche se il clima di fiducia sembra più instabile della diplomazia internazionale. In un mondo dove tensioni geopolitiche e guerre continuano a farla da padrone, con tanto di ritorno dei dazi, l’economia italiana si presenta però come un paradosso vivente: segnali di stabilità e “fondamentali in buona salute” che vogliono dire aumento del reddito disponibile (spinto dal lavoro ai massimi storici e un’inflazione tenuta a bada). Strano ma vero: funziona.
Dunque, da una parte il popolo spera in qualche briciola di normalità e si mostra pronto a svuotare il portafoglio, dall’altra però non può fare a meno di mettere da parte un po’ di prudenza dovuta a questa incognita globale che nessuno sa quando e come finirà. Ecco che il bilancio della fiducia, pur rimanendo positivo, crolla a picco: nel 2025 la differenza tra ottimisti e pessimisti si è ridotta a 10,8 punti, circa la metà rispetto ai ben più ottimistici 27,5 punti del 2023.
Un’impennata nelle intenzioni di spesa che fa discutere
Nonostante tutto l’ansia che cresce, le intenzioni di acquisto sembrano risvegliarsi con vigore. Gli elettrodomestici segnano un tonante +10,9 punti percentuali, la tecnologia si porta dietro un +9,1%, i mobili guadagnano un +5,6%, le autovetture +4,3%, e le ristrutturazioni della casa si tengono su un discreto +3,8%. Insomma, se c’è una cosa assicurata, è il desiderio di rinnovamento materiale.
La classifica delle spese più gettonate vede al primo posto prodotti tecnologici (33,6%), seguiti da elettrodomestici (31,2%) e la casa, intesa sia come ristrutturazioni (25,4%) che arredamento (24,1%). Curioso però come solo un esiguo 6,2% si senta pronto ad acquistare una nuova casa; ancora meno, il 4,4%, pensa a una seconda casa o a un immobile per le vacanze. Per chi sperava in una fuga immobiliare, la prudenza è chiaramente la regina.
Ottimismo personale contrapposto a pessimismo nazionale
Quasi la metà degli italiani (46,5%) dichiara di guardare con ottimismo al proprio futuro familiare — un dato che suona come una timida luce in fondo al tunnel. Ma se si parla dell’Italia in generale, l’entusiasmo si sgretola rapidamente: solo un modesto 25,4% mantiene una visione positiva sul paese tutto intero. Il saldo tra ottimisti e pessimisti parla chiaro: ancora positivo, ma in discesa, con soli 10,8 punti nel 2025 contro i 27,5 del 2023.
Ma quali sono le preoccupazioni più ricorrenti? Non sorprende che siano proprio l’incertezza economica e lo spettro delle tensioni internazionali a farla da padrone, mentre l’illusione di un futuro stabile e florido sembra ancora un miraggio lontano da raggiungere.
Non è esattamente una sorpresa che le cause più concrete di preoccupazione, per il 49,2% degli italiani, siano le malattie, seguite a ruota dalla mancanza di soldi, che attanaglia il 47,2%. Naturalmente, sono le famiglie del Mezzogiorno e quelle con il portafogli più leggero a sentirsi particolarmente sotto assedio da questa doppia spada di Damocle.
Il 67,4% degli italiani vede la sua grande ambizione nel 2025 non in una futuribile scalata verso la ricchezza, ma nel semplice, modesto, quasi rivoluzionario desiderio di mantenere un tenore di vita decente. Che meraviglia: il sogno audace è la stabilità, non l’ascensione sociale o il benessere. Il contesto è nitido come un film in bianco e nero: la vulnerabilità dilaga, tanto che appena un timido 9,7% spera in un aumento del reddito.
E comunque, il quadro più comune che accompagna queste speranze precarie è quel miraggio chiamato “stabilità” (65,6%), mentre un quartetto di famiglie – magari un po’ più realista – teme una riduzione del reddito. Dopo tre anni in cui pandemia, inflazione alle stelle e instabilità internazionale ne hanno fatte di tutti i colori, Confcommercio ci regala l’immagine di una nazione che si avvia al 2025 con la contagiosa combinazione di cautela mista a un debole desiderio di normalità. Applausi.
Il rapporto ci restituisce l’immagine di un paese in trasformazione: il 43,3% delle famiglie ha aumentato i consumi nel 2024, ovviamente divorando quel poco risparmio che gli era rimasto. Come sempre, le disuguaglianze socio-economiche si confermano protagoniste indiscusse, con una fotografia impietosa: appena il 12% delle famiglie a basso reddito ha visto crescere il proprio stipendio, mentre quasi il doppio (24,9%) si permette il lusso di un aumento del reddito.
Questa forbice non si limita a giocare in zona redditi, ma si estende anche sul fronte delle risorse complessive a disposizione, con il 47,1% delle famiglie meno abbienti che si ritrovano con meno soldi in tasca rispetto all’anno precedente. A fare da bastone fra le ruote ci pensa la lista infinita delle spese obbligate: bollette, tasse e spese condominiali stritolano ben il 56,3% degli italiani, costringendoli a ridurre quel poco che consumano. A seguire, ci sono la contrazione dei redditi (25%) e la necessità di mettere da parte qualche spicciolo per le emergenze impreviste (18,7%).



