Fiavé: la coppia trentina sparita nel nulla da 13 anni prima di fare le valigie per il Kenya—che fine hanno fatto davvero?

Fiavé: la coppia trentina sparita nel nulla da 13 anni prima di fare le valigie per il Kenya—che fine hanno fatto davvero?

È passato un secolo – o meglio, tredici anni – eppure il mistero della sparizione di Carla Franceschi e Renato Bono, illustri imprenditori trentini di Fiavé nel mondo scintillante della ceramica, resta assolutamente intatto, proprio come la mattina del 3 luglio 2012. Quel giorno, infatti, i due svanirono nel nulla insieme alla loro Opel Antara grigia, sparita da sotto casa senza lasciare traccia. Le indagini? Un bell’archivio polveroso da tempo. Eppure, gli scomparsi sono ancora elegantemente listati nelle mappe ufficiali delle persone misteriosamente volatilizzate. Insomma, un enigma che sfida logica, tempo e ogni comune senso del ridicolo.

Il 2 luglio, scena da film: la coppia fa una cenetta con parenti vari, i genitori di lui e la figlia di lei. Il piano? Partire il giorno successivo per un’avventura dal sapore “Kenya”, roba da investitori in cerca di nuovi orizzonti turistici insieme ad amici. Ecco, quella famosa partenza è rimasta solo nei sogni di chi ha raccontato la storia. Quando la figlia di Carla si presenta puntuale davanti alla porta di casa, trova una situazione degna di un set di suspence: valigie a metà, passaporti curiosamente abbandonati, documenti sparsi e il cellulare della madre a carica incerta. I protagonisti? Scomparsi come se il copione prevedesse un colpo di scena finale. L’auto grigia, che stazionava beatamente sotto casa almeno fino all’1 di notte, è svanita senza lasciare un appunto. I cellulari? Morti di comunicazione, spenti. Nessun messaggio, nessuna chiamata, solo un silenzio da tombale.

Christel Gregori, figlia di Carla, racconta con un filo di disperazione mascherata da sarcasmo: “Non ho ricevuto nulla da mia madre. Né un sms, né una spiegazione. Solo il vuoto cosmico”. Ed è proprio lei che dà l’allarme, spalancando la porta verso un appartamento congelato nel tempo, immobile nella sua atmosfera da viaggio mai iniziato.

Le indagini? Un capolavoro di fermezza e profondità investigativa degna di un thriller da sabato sera. I carabinieri del Reparto operativo provinciale ci hanno messo tutto l’impegno possibile, passando al setaccio ogni singola pista e immaginabile scenario… senza combinare granché. Si è pensato a tutto: una fuga volontaria degna di un romanzo, sequestri da film, incidenti senza testimoni. La procura, nel frattempo, aveva giustamente deciso di sequestrare i beni della coppia, come si fa per i rapimenti a scopo estorsivo; ma poi, quasi per incanto, ha revocato la misura, lasciando tutto lì, in un limbo di inutilità burocratica.»

Il viaggio in Kenya avrebbe dovuto essere l’atto iniziale di una “nuova avventura”, chissà cosa di epico. Peccato che i biglietti, prenotati da un intermediario (naturalmente ascoltato dagli investigatori, per una ragione o per l’altra), non siano mai stati pagati. Quando i due protagonisti del mistero non si presentano all’aeroporto, l’amico, evidentemente preoccupato ma assolutamente disorientato, parte da Verona per poi fermarsi a Roma, e qui si perde ogni traccia logica. Come dire: “Non so nemmeno io cosa stia succedendo.” Ah, la comoda incoerenza del mistero! La loro Opel Antara grigia, targata DV873XD, è sprofondata nel nulla come il senso di responsabilità delle promesse elettorali, nonostante le segnalazioni diffuse ovunque nel Paese.

Nessuna traccia, nessuna spiegazione

I carabinieri hanno setacciato senza sosta la vita privata dei due scomparsi, ma indovinate un po’? Non hanno scoperto nemmeno una minaccia, un debito sconvolgente o un segreto scabroso da romanzo di basso livello. Solo, timidamente, un’ipotesi dietro cui però non si intravvede nemmeno un barlume di prova: forse hanno deciso di sparire volontariamente. Come se una “fuga” senza vestiti, denaro o un biglietto d’uscita fosse una cosa normale o addirittura probabile.

Un carabiniere – l’eroe silenzioso di questa narrazione senza finale – ha poetizzato che “è come se fossero partiti ma non avessero mai lasciato la casa”. Un’affermazione che potrebbe essere la metafora della loro sparizione o, più semplicemente, del fallimento di ogni indagine finora. In effetti, il quadro è questo: un vuoto cosmico di tracce. Nessun testimone, nessuna immagine di telecamere, nessuna movimentazione bancaria. La loro azienda, una vita serena, un viaggio programmato che sembra un pagina strappata di un diario sconosciuto. Poi, il nulla. Un effetto dissolvenza degno di un film noir d’antan.

A tredici anni di distanza, il mistero resta avvolto nella nebbia densa delle domande lancinanti: perché? Dove diavolo sono finiti? Si sono dileguati per propria scelta o sotto minaccia? C’è qualcuno che sa ma preferisce tacere – magari per un motivo più oscuro di una fiction televisiva? Oppure il destino ha alzato un sipario impenetrabile, privandoci di ogni risposta?

Oggi, di Renato Bono e Carla Franceschi, resta solo un ricordo sospeso come un’ombra senza corpo, un fascicolo polveroso archiviato e una figlia, Christel, che aspetta ancora un segno – anche solo una parola, anche solo quella vecchia, famosa verità che forse nessuno avrà mai il coraggio di svelare. Tredici anni di silenzio. E questa sarebbe giustizia?

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