L’indomabile primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha dichiarato che non sarà certo il più docile amico di Washington nei trattative commerciali, mentre i dazi punitivi di Donald Trump stanno per mettere il turbo da mercoledì. “Non scenderemo a compromessi facilmente. Per questo serve tempo e le cose si complicano,” ha detto con quella calma che fa presagire nulla di semplice durante un’intervista televisiva.
Il Giappone corre contro il tempo per evitare l’entrata in vigore il prossimo 9 luglio dei pesantissimi dazi americani, minacciati dal tycoon per tutti quei partner commerciali che osano non uniformarsi alle sue richieste. Ad aprile, infatti, Trump aveva annunciato queste sovrattasse esorbitanti, salvo poi concedere una proroga per lasciar spazio a qualche trattativa last-minute – naturalmente fornendo agli Stati Uniti tutto il potere per decidere chi e quanto dovrà pagare, scrivendo addirittura una lettera a Tokyo per imporre dazi del 30%, 35% o quel che più aggrada alla sua amministrazione – una autentica dichiarazione d’intenti verso relazioni commerciali “inequilibrate” e, ovviamente, da riformare con piglio autoritario.
In pratica la patata bollente si chiama più importazioni di automobili e riso dagli Stati Uniti, una richiesta che Ishiba definisce quantomeno discutibile. La linea di difesa giapponese si basa sul fatto che il loro Paese è il maggior investitore estero nell’economia americana: un ruolo da protagonista che dovrebbe garantire loro trattamenti di favore o, quantomeno, un rispetto diverso rispetto agli altri stati.
Ishiba ci va giù pesante e quasi incredulo: “Perché dovremmo essere trattati come tutti gli altri? In che senso sarebbero ingiuste queste relazioni?”, ha chiesto retoricamente, rispolverando il cavallo di battaglia dell’investimento e dei posti di lavoro creati sul suolo statunitense. “Siamo un alleato, ma non per questo dobbiamo chinare la testa. Siamo il più grande investitore, il più grande creatore di posti di lavoro negli Stati Uniti – insomma, siamo diversi,” ha ribadito, convinto che questa diversità dovrebbe valere qualcosa nel negoziato.
Nel frattempo, la diplomazia prende forma con telefonate serrate: Ryosei Akazawa, l’inviato commerciale giapponese, ha dialogato intensamente con il Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Howard Lutnick, tentando di districare la matassa e fare passi avanti in questo tira e molla che sembra più una partita a scacchi col fuoco.



