Ah, la sala interrata della Cantina Rotaliana a Mezzolombardo, il tempio delle grandi rivelazioni politiche, era stranamente affollata in un pigro pomeriggio di luglio. L’evento? Nulla di meno che la celebrazione ufficiale di due eletti che, come novelli eroi della trasformazione, hanno gettato la loro gloriosa casacca di Fratelli d’Italia per abbracciare la nuova entusiasmante avventura che risponde al nome di La Civica. La serata è stata aperta dalla degna portavoce del partito, la consigliera regionale Vanessa Masè, la quale ha svelato la sacra missione del partito: «Siamo uno strumento a disposizione dei cittadini, non il contrario». Ovviamente, perché la politica, si sa, deve solo “accogliere e comunicare valori”, magari con quel tocco di esperienza che magicamente si traduce in competenza.
Ecco a voi Carlo Daldoss, uomo tutto d’un pezzo, già quattro volte sindaco di Vermiglio, la cui saggezza pubblica è ora a disposizione di questo “sano” progetto politico: «Viviamo in tempi complicati», un’affermazione così originale da quasi commuovere, «ma anche per questo sono stimolanti. L’ambizione è essere un partito popolare e territoriale, non solo nelle città ma anche nelle valli». Sempre in nome della centralità del territorio, naturalmente.
Tutti i luminari de La Civica, tra vecchie glorie e novelli convertiti, si riconoscono orgogliosamente nell’ampio e sempre accogliente abbraccio del centrodestra. Con la solita, anzi doverosa, precisazione: il Trentino non è l’Italia. E qui Daldoss si sbilancia con la profondità di un saggio politico: «L’autonomia si esercita a Trento ma si difende a Roma». Cioè, una specie di mantra autonómico-locale, per chi magari si fosse perso nella geografia delle istituzioni.
Radici, valori e cliché di ordinanza
Passiamo all’altro protagonista: Christian Girardi, sindaco di Mezzolombardo dal 2015 fino a poco tempo fa, che con la saggezza conquistata nei corridoi del potere locale lancia un appello alla pace interna. La sua versione di unità? «Unità non significa farsi andare bene tutto», una frase profonda quanto un pozzo senza fondo, «però basta con il confronto a mezzo stampa. Vediamoci e confrontiamoci per riunire tutto l’elettorato che vuole studio, umiltà e soprattutto concretezza». In pratica, basta chiacchiere, più dolce sensibilità e quel pizzico di realtà che non guasta mai.
Ma la vera chiave del successo è troncare i legami con i partiti nazionali, finendo però con il ritrovare una strana quanto rassicurante comunione a livello regionale. Le radici contano. Daldoss ci ricorda la nostalgica militanza nella buona vecchia Democrazia Cristiana, da cui si spera di riassorbire quella magica capacità di attirare cittadini, giovani, meno giovani e magari qualche anziano smarrito in cerca di guida. Da parte sua, Girardi omaggia i defunti eroi locali come Rodolfo Borga e Francesco Betalli, icone storiche della lista civica locale, ricevendo gli applausi commossi di una platea che sicuramente capisce l’importanza di un passato che non vorremmo mai dimenticare.
«Non è calciomercato» — che simpatica espressione per giustificare un’operazione politica che, francamente, somiglia più a un mercato rionale con tanto di bancarella di offerte speciali. A chiudere questo spettacolo, Mattia Gottardi, capogruppo de La Civica, ha deciso di ricordarci che non hanno fatto il mercato dei calciatori, ma evidentemente hanno fatto qualcosa di vagamente simile.
Con un sorriso da venditore di enciclopedie, ha puntualizzato che l’ingresso di nuovi membri è solo la prova «dell’apertura del partito» e dell’importanza di «saperi fondamentali per affrontare le sfide future». Traduzione: abbiamo bisogno di rinforzi, e di far vedere che siamo freschi e inclusivi (anche se il più delle volte sembra l’effetto opposto).
Tra le “sfide” più urgenti, secondo il nostro brillante oratore, spicca l’arduo compito di dialogare sia con il centrodestra locale che con il Patt, che magicamente diventa «un naturale interlocutore». Sì, proprio così, come se in politica bastasse un aperitivo con i vicini per risolvere tutto.
Ma non finisce qui: Gottardi si è sentito in dovere di fare la solita rivendicazione di originalità locale rispetto al resto d’Italia — chissà perché, forse per sentirsi meno provinciale — ed ha addirittura citato il segretario delle Stelle Alpine, Simone Marchiori. Ecco la perla: «Non siamo una stampella, ma un pilastro». Ah, che rassicurazione per tutti noi! Finalmente sappiamo che non stanno lì a fare da zerbino, ma addirittura sono un pilastro. Peccato che sembri più un bastone traballante.
Bello il tentativo di apparire seri e autorevoli con un «orgoglio paritario» nei confronti dei partiti nazionali, pur dichiarando il sacro rifiuto di «scimmiottare l’SVP» — perché tutti sanno quanto imitare i colleghi altoatesini sia cosa così tanto deplorevole.
Per chiudere in bellezza, è stato chiamato al microfono il ben noto Maurizio Fugatti, presidente della Provincia, il quale ha sancito la saggezza popolare del «trentino medio», quel cittadino semplice, pragmatico, che «mette l’autonomia sopra ogni cosa». Parola di politico, perché niente è più concreto e meno ideologico che mettere nei fatti l’autonomia… oppure no?



