In Germania serve la leva obbligatoria e pure così mancano i lavoratori: miracoli impossibili?

In Germania serve la leva obbligatoria e pure così mancano i lavoratori: miracoli impossibili?
La Germania si ritrova tra l’incudine e il martello: coscrizione obbligatoria o crisi di manodopera?

In Germania si prospetta un bel dilemma di quelli che lasciano il segno: per rispettare gli impegni presi con la Nato, l’esercito deve aumentare di circa 80.000 unità nel prossimo decennio. E qui arriva il bello: come se non fosse già abbastanza complicato trovare personale qualificato per le aziende, ora si pensa di chiedere anche ai giovani di arruolarsi – ma attenzione, perché questa mossa rischia solo di peggiorare la già annosa carenza di manodopera.

Le imprese tedesche, che pure non hanno mai taciuto le loro lamentele sulla difficoltà di reperire professionisti, stanno già vedendo nero. Il direttore della BDA, la più grande associazione dei datori di lavoro del Paese, Steffen Kampeter, presenta il quadro con la solita delicatezza: “La situazione della sicurezza è drammatica” – come a dire “da una parte bisogna rafforzare l’esercito” – ma dall’altra “reclutare soldati divora risorse” e mette in competizione l’esercito con il mercato del lavoro civile. Ironico, no? Più armati, meno operai.

Il ministro della Difesa Boris Pistorius, dal canto suo, ha elaborato una strategia da primo della classe: vuole introdurre una coscrizione volontaria. L’idea è semplice – arruolare circa 5.000 diciottenni all’anno, come se bastassero a mettere una pezza alle falle di un esercito che, lo ricordiamo, deve espandersi di decine di migliaia di unità. Secondo Pistorius, però, se questo sistema non dovesse funzionare, si potrebbe tornare indietro alla vecchia e cara coscrizione obbligatoria. Un vero e proprio gioco di equilibrismo tra necessità e realtà.

Ricordiamo che fino al 2011 il servizio militare o civile alternativo era obbligatorio per tutti i giovani tedeschi. Ora, anche se il tasso di occupazione è ai livelli più alti di sempre, la Germania si vanta di avere l’orario di lavoro medio più basso tra le economie avanzate, secondo l’OCSE. Niente di meglio, quindi, che aumentare le ore lavorate per arginare la carenza di personale in settori chiave come la sanità, l’istruzione e la metalmeccanica. Un bel quadretto di salute economica, insomma.

Ma veniamo ai numeri che scottano. Una ricerca dell’Istituto Ifo, mandata a memoria e spesso citata dal governo tedesco, ha calcolato che un sistema di coscrizione volontaria remunerata, capace di convincere appena il 5% dei diciottenni (circa 39.000 giovani), costerebbe la bellezza di 1,5 miliardi di euro all’anno – solo per stipendi. E non lamentiamoci troppo: un ritorno alla coscrizione obbligatoria, avvertono sempre i numeri, risulterebbe un salasso economico non solo per lo Stato ma anche per i singoli, che vedrebbero rinviati ingresso nello studio o nel lavoro. Un sacrificio che pesa, soprattutto se consideriamo che queste misure mal digerite devono “sostenere” la sicurezza nazionale.

In mezzo a questa confusione, c’è chi prova a smorzare i toni. Carlo Masala, professore di politica internazionale all’Università della Bundeswehr di Monaco, stacca una realtà più “soft”: le paure sull’impatto economico sono “esagerate”. Secondo lui, con la coscrizione obbligatoria si chiamerebbero alle armi al massimo 25.000 giovani ogni anno, una miseria se confrontata con i 200.000 coscritti durante la Guerra Fredda in Germania ovest. E alla fine il messaggio è chiaro: la comunità imprenditoriale, volente o nolente, dovrà farsene una ragione e integrarsi in questa nuova realtà difensiva.

Insomma, tra un colpo di spugna buonista e l’altro, la Germania si dibatte tra la necessità di difendersi e quella di non affondare l’economia sotto il peso delle clausole difensive. Manca solo l’ironia di un film di Kafka per completare il quadro.

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