Benvenuti al delirio italico delle elezioni regionali: niente election day unificato, perché evidentemente coordinarsi è troppo mainstream. Eugenio Giani, il governatore toscano fresco di primo mandato, ha deciso che si vota il 12-13 ottobre, giusto per non far coincidere un possibile ballottaggio con il ponte di Ognissanti. Perché, si sa, la burocrazia deve rispettare soprattutto le festività. Dall’altra parte abbiamo i veterani del potere, quelli che non mollano l’osso nemmeno sotto tortura: De Luca in Campania e Zaia in Veneto, rinviano all’ultimo minuto nella speranza di un miracolo legislativo che permetta loro un terzo mandato. E come sempre, l’illusione è gratis.
La cabina di regia di questa baracconata è la Conferenza Stato-Regioni, guidata dall’illuminato Massimiliano Fedriga dal Friuli-Venezia Giulia, che invece di mettere un po’ d’ordine preferisce lasciar correre il caos. Così ogni regione farà storia a sé, decidendo tempi e modi delle elezioni in totale assenza di un minimo di coordinamento. Ovviamente, qualcuno ha pensato bene che il ruolo di fissare la data spetti direttamente ai governatori uscenti, perché nulla dice “democrazia” come affidare l’organizzazione dell’elezione a chi spera di vincerla.
Francesco Acquaroli, uscente nelle Marche e uomo di Fratelli d’Italia, sembra condividere il pensiero di votare il prima possibile per provare la riconferma contro il candidato del Pd, Matteo Ricci. Tutto molto limpido e senza la benché minima conflittualità, si capisce.
Nel frattempo, la situazione in Puglia assume i contorni del giallo: Michele Emiliano, al termine del secondo mandato e dunque probabilmente poco preoccupato di fissare una data “prioritaria”, gioca a fare il saggio trascinatore. Del resto, il suo successore è già scritto e non serve fare troppi sforzi per anticipare un voto. Magari si prende il lusso di osservare come si muovono gli altri, riparato dietro la sua pausa strategica.
Antonio Decaro, quello che una volta era sindaco di Bari e ora si pavoneggia da eurodeputato, sembra quasi l’unico dato certo in mezzo a questo caos tutto italiano. Ah, la politica regionale che ti sorprende sempre con i suoi stratagemmi degni di un romanzo di intrighi di basso livello.
Nel frattempo, nella culla del sole e delle polemiche, ovvero Campania e Veneto, la lotta per le poltrone ha raggiunto vette di disperazione artistica. Qui lo scontro elettorale si è trasformato nell’ultimo flebile appiglio – un po’ come quel pallone sgonfio che tutti fingono di voler rincorrere – per i sempreverdi uscenti Vincenzo De Luca e Luca Zaia.
Come se non bastasse la normale follia politica, questi esperti del sospendere le cose a tempo indeterminato stanno armeggiando una mossa degna di un prestigiatore mancato: provare a far slittare le elezioni regionali a primavera, sperando in quel mitico “miracolo” del terzo mandato che più che miracolo sembra una barzelletta stanca.
Perché, in fondo, se una cosa non si può vincere a mani basse, che senso ha non provare a cambiare le regole ad hoc? Ovviamente, se i loro piani magistrali dovessero fallire (cosa altamente probabile se non ovvia), la data ultima per il voto regionale rimane fissata al 23-24 novembre. E qui, cari lettori, spazio alla prevedibilità della democrazia italiana.


