Che sorpresa, ancora una volta il caro vecchio dibattito sugli smartphone a scuola fa capolino tra i banchi della politica provinciale. Questa volta è l’Alto Adige a mettersi in ordine nel Consiglio provinciale, dove una mozione targata maggioranza – manco a farlo apposta – promette restrizioni sull’uso dei nostri amati telefonini durante l’orario scolastico. Al posto delle solite chiacchiere, però, ci sono pure campagne di “sensibilizzazione” per inculcare negli studenti un uso “più critico” della tecnologia. Come dire: spegni e ascolta, ma con ironia.
Una delle famose soluzioni “illuminate” a firma dei capigruppo Harald Stauder, Anna Scarafoni e Angelo Gennaccaro, che fa parecchio il verso a quello che da tempo blatera il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. In soldoni, si vorrebbero reprimere gli smartphone mentre l’orologio indica “scuola aperta” e parallelamente avviare campagne di educazione per elevare i giovani digitali a un gradino superiore di consapevolezza — perché, ovviamente, sarà sufficiente una buona teoria per mandare in pensione le notifiche.
Come se non bastasse, l’Alto Adige si vanta pure di anticipare il governo nazionale nel proibire questi aggeggi ipertecnologici, guardando con occhi ammirati alla brillante esperienza francese: dal 2018 in Francia è vietato usare il cellulare nelle scuole pubbliche fino ai 15 anni, verifica che in Italia, dal 2022, è stata imposta una specie di consegna obbligatoria dei dispositivi all’inizio delle lezioni nelle scuole elementari e medie, una sorta di deposito bagagli digitale per studenti troppo distratti.
Passando alle “evidenze scientifiche” – perché ogni provvedimento che si rispetti necessita sempre di una solida base accademica da sfoggiare a tavola – la mozione azzarda la grande verità: senza cellulare, gli studenti sarebbero “più concentrati e meno distratti”. Dato che arriva scritto nero su bianco, meglio crederci, no? In particolare, pare che il miracolo pedagogico sia ancora più evidente in chi, sommessamente, fa ormai parte della categoria “rendimento basso”. E per non farsi mancare nulla, sempre lo stesso testo sussurra all’orecchio che la socializzazione tra compagni ringrazia e il clima in classe migliora, quasi come fosse magia. Aggiungiamo poi la ciliegina sulla torta: una ricerca britannica a tema rivela pure un aumento nel rendimento dopo l’élite proibizione dei cellulari. Dunque, via tutti i telefoni, e osservate il miracolo scolastico!
Il Forum Prevenzione e il “patentino per lo smartphone”
Intanto, con tutta la magnanimità del caso, il Forum Prevenzione in Alto Adige si dà da fare con iniziative del tipo “patentino per lo smartphone” — nome a effetto per un programma di formazione rivolto ai docenti delle scuole medie. Perché se c’è una cosa che gli insegnanti del terzo millennio proprio non possono far finta di conoscere, è l’uso consapevole del magico aggeggio che ogni studente ha in tasca. Naturalmente, la mozione ci tiene a specificare che la tematica “deve continuare a essere oggetto di grande attenzione”: un diplomatico modo per dirci che se non se ne parla fino a settembre, il mondo finirà. O forse no.
Il consigliere provinciale Angelo Gennaccaro, in tutta la saggezza delle riunioni di Consiglio, tra mozioni delle opposizioni e la famigerata legge Omnibus, ha ammesso che il tutto potrebbe tranquillamente essere spostato a settembre. Insomma, siamo al solito teatrino: tanto rumore per niente, talk show inclusi, con la promessa che qualcosa si farà, prima o poi, se ci va bene. Nel frattempo, però, ogni studente può svuotare silenziosamente la propria tasca e chiedersi se davvero questi telefonini siano il demonio che qualcuno vuol farci credere oppure solo il più classico capro espiatorio di un sistema scolastico che pensa di risolvere i suoi problemi con un possibile “swipe” via dispositivo.
È fondamentale, a quanto pare, che i tre sistemi scolastici dell’Alto Adige si interrogino sul divieto degli smartphone in classe. Naturalmente, tutto deve essere basato su studi scientifici, perché senza quelli non si va da nessuna parte, giusto? Il divieto, però, non deve impedire ai docenti di organizzare attività “mirate” per un utilizzo consapevole di questi aggeggi, da sfruttare come strumenti didattici. Insomma, smartphone sì, ma solo se usati come piccoli aiutanti angelici della scuola.
Passiamo ai sindacati, sempre pronti a dire la loro con la solita saggezza. Marco Pugliese, il segretario regionale della Uil Scuola Rua, si chiede: «Perché diamine gli studenti dovrebbero usare lo smartphone durante le lezioni?». Ovviamente, vivono in un “ambiente sicuro” e se i genitori vogliono mettersi in contatto, possono sempre rivolgersi alla segreteria scolastica, che è meno immediata ma molto più chic.
Pugliese prosegue con saggezza inaudita: «Con chi, poi, devono comunicare così tanto? Il cellulare può rimanere spento nello zaino fino alla fine della giornata». In fondo, uno smartphone è praticamente una tv portatile, un portale verso il mondo e persino sulla tanto temuta intelligenza artificiale. Ma facciamo finta che tutto ciò non influisca per nulla sulla qualità dell’insegnamento, perché limitare le distrazioni in aula è solo un piccolo dettaglio.
Quindi ecco la verità sconcertante: limitare il cellulare non è solo una questione di disciplina, ma un “passo necessario” per dare più spazio alla “vera scuola”. Quella fatta di lavagne, gessetti e applausi sobbalzati ai rimproveri.
Non tutti, però, sono così radicali. Il dirigente scolastico Marco Fontana invece sembra dotato di un po’ più di buon senso (o forse solo di realismo). Ammette che anche gli adulti si distraggono con i cellulari — guarda un po’, non è una cosa solo dei giovani. Lui però si spinge ancora oltre, ammettendo candidamente che nessuno sa ancora se davvero limitare l’uso degli smartphone migliorerebbe l’apprendimento. Sorpresa!
Fontana preferisce un approccio più “bilanciato”, che non si limiti a un ban totale. Vorrebbe vedere studenti che imparano a usare gli smartphone per difendersi dal cyberbullismo, evitare truffe, e in generale a non trasformarsi in leoni da tastiera. Ah, inoltre, bisogna fare buon uso di tutte quelle app utili che, miracolosamente, esistono in quei piccoli aggeggi.
Naturalmente, Fontana non rinnega la tradizionale carta e penna, ma ci ricorda che nel 2025 è piuttosto anacronistico pretendere che la scuola si possa basare solo su quei due strumenti. Forse un piccolo passo verso la modernità potrebbe anche non essere un’eresia.


