Il Tribunale di Locri, con la proverbiale gentilezza che contraddistingue certe sentenze supportate dalla mitica legge Severino, ha deciso di mandare a casa Mimmo Lucano, dichiarandolo decaduto da sindaco di Riace. Il motivo? Una bella condannina definitiva a 18 mesi di carcere per falso, con tanto di pena sospesa, giusto per non esagerare. I giudici si sono divertiti ad accogliere il ricorso della prefettura di Reggio Calabria, perché si sa, la burocrazia è un affare serio quando si tratta di rovinare reputazioni eccelse.
Per chi non seguisse le avventure giudiziarie del sindaco più famoso (e forse scomodo) d’Italia, Lucano non era solo il sindaco di questo paesino calabrese, ormai diventato una specie di monumento mondiale all’accoglienza migranti. Oh no, signori! Era anche europarlamentare, eletto con la lista Alleanza Verdi e Sinistra, perché nulla dice “lotta per le libertà” come un divorzio netto tra politica e giustizia.
Lucano, per la cronaca, era talmente amato che l’avevano rieletto come primo cittadino ben quattro volte. Una popolarità da far invidia a molte star della democrazia. Intanto, però, mentre lui raccoglieva voti e risate amichevoli da tutto il mondo, a casa nostra la legge Severino preparava il suo bel macigno per falciare anche quest’ultimo treno di speranza e solidarietà.
Ora, per gli amanti del thriller giudiziario, la famigerata condanna va spiegata. Partiamo con un’inchiesta lunga quanto un romanzo di migliaia di pagine, in cui Lucano è stato accusato di tutta una serie di cose poco simpatiche: reati vari sull’affidamento dei servizi nel comune di Riace e su come si gestivano quei fastidiosi fondi ministeriali per i migranti. Nel 2018 gli hanno pure messo le manette ai domiciliari, come si addice a un boss di prima categoria della questione immigrazione.
Dalla prima sentenza, quella del tribunale di Locri, Lucano era stato condannato a un meraviglioso tour de force giudiziario di ben 13 anni e 2 mesi. Sì, avete letto bene: tredici anni e due mesi. Una proporzione che farebbe invidia ai peggiori criminali internazionali. Ma, more solito, con i gradi di giudizio successivi è successo qualcosa di curioso: la maggior parte delle accuse è miracolosamente svanita nell’aria come per magia, lasciando soltanto quella piccola e insignificante condannetta per falso, quella da 18 mesi, con cui ci si potrebbe addirittura permettere una risata amara.
Non contenta, la Corte dei Conti si è sentita in dovere di mettere la ciliegina sulla torta con una condanna al risarcimento di oltre 700.000 euro per danno erariale a carico del sindaco di Riace. Pare che anche la solidarietà abbia un prezzo, e questo prezzo si paga con i contanti. E allora, tra una sentenza e l’altra, un ricorso e una condanna a metà, ecco il triste epilogo di una storia che lascia più domande che risposte su come funziona davvero il nostro sistema giuridico-politico.
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