Dopo la resa del G7 davanti a Donald Trump sulla tassa minima globale del 15% per le multinazionali, arriva il gran passo indietro del Canada. Pur di far ripartire i colloqui sui dazi e sfuggire al rischio di una nuova escalation commerciale, Ottawa ha deciso di eliminare la sua imposta digitale sulle big tech americane. Un gesto di pace strategico, annunciato nella notte dal ministro delle Finanze Francois-Philippe Champagne, che parla di una “revoca della Digital Services Tax (Dst) in vista di un accordo commerciale vantaggioso per entrambe le parti”.
La famigerata tassa digitale al 3% sui ricavi generati dai servizi digitali, imposta alle aziende con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro, era stata introdotta nel 2020 come un’arma temporanea in attesa di una riforma internazionale mai davvero concretizzata. Il primo pagamento, ironia della sorte, sarebbe scattato proprio oggi, colpendo gruppi mastodontici come Alphabet, Amazon e Meta, e portando nelle casse canadesi ben 1,2 miliardi di euro all’anno. Peccato che il tutto sia stato spazzato via dal veto di Trump, che da sempre considera queste imposte mirate da parte di paesi come Austria, Francia, Italia e Spagna come veri e propri attacchi al made in Usa. Solo venerdì scorso, il tycoon ha bloccato i negoziati con Ottawa, minacciando una raffica di nuovi dazi contro i prodotti canadesi entro pochi giorni.
Il Canada, finora risparmiato dagli aumenti tariffari più pesanti che Trump ha scatenato contro altri paesi, deve comunque fare i conti con dazi punitivi su acciaio, alluminio e automobili. Una situazione che ha spinto il neo primo ministro Carney a sfoderare una postura da duro, che molti ritengono la vera chiave del successo elettorale: una fermezza che ora rischia di essere messa alla prova proprio dall’ondata protezionistica americana.
Carney ha spiegato in un comunicato che, durante i negoziati per un nuovo rapporto economico e di sicurezza con gli Stati Uniti, “il governo canadese sarà sempre guidato dall’interesse complessivo di lavoratori e imprese canadesi”. Ha inoltre aggiunto che “la decisione odierna servirà a rilanciare le trattative in vista della scadenza prevista per il 21 luglio 2025, fissata durante l’ultimo vertice G7 a Kananaskis”.
Insomma, ipocritamente si cancella una tassa che avrebbe dovuto riequilibrare una situazione fiscale palesemente sbilanciata, solo per non irritare un presidente noto per i suoi colpi di testa tariffari. Il tutto in nome di un accordo “mutuamente vantaggioso” che sembra più una resa strategica al bullo di turno che un reale progresso nelle relazioni commerciali tra due nazioni nate per cooperare. Nel frattempo, le grandi multinazionali digitali possono tirare un sospiro di sollievo: il loro business continua a galleggiare grazie a robusti alleati e un sistema fiscale globale ancora tutto da inventare.
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