M5S in balia delle emozioni di Conte: candidati senza pace e leader che cambia idea come cambia l’umore

M5S in balia delle emozioni di Conte: candidati senza pace e leader che cambia idea come cambia l’umore

E come ciliegina sulla torta, la gestione fallimentare delle trattative per la giunta locale è stata la prova definitiva che, evidentemente, nessuno ha la minima idea di come portare avanti una governance con coerenza e pragmatismo. Cinque Stelle o non cinque stelle, la confusione regna sovrana.

Raimondo Innamorato da coordinatore provinciale M5S, in un colpo solo anche dal Consiglio nazionale. Dopotutto, perché passare il tempo a cercare compromessi quando puoi semplicemente mollare tutto?

Il sindaco di Noicattaro (circa 26 mila abitanti, nel caso qualcuno si stesse chiedendo) non ha retto alle nuove regole interne, quelle che il presidente Giuseppe Conte ha deciso di sancire: niente candidature per chi ha già inanellato due mandati consecutivi, anche nei Comuni sopra i 15 mila abitanti. Tradotto: il povero Raimondo, da sindaco decennale, è tagliato fuori da qualsiasi futura ambizione politica, sia che si tratti di Parlamento, Europa o Consiglio regionale. Ovvero, uno stop bello e buono, applicato con la delicatezza di un calcio nel sedere.

È ovvio che Innamorato abbia tentato di alzare la posta nel Consiglio nazionale rappresentando tutti i sindaci pentastellati: la proposta era di far scattare il divieto solo per i Comuni con più di 30 mila abitanti. Una richiesta semplice, no? Ma indovinate? La sua idea è stata accolta come se avesse chiesto l’impossibile.

In Terra di Bari, però, i guai erano già in pentola da tempo, soprattutto per la gestione da manuale dell’amministrazione locale. L’anno scorso, per la verità, la frustrazione monta sulle trattative per la giunta di Vito Leccese: tre tentativi falliti per scegliere un assessore. Dopo i nomi bocciati di Raffaele Diomede e Stefania Saracino, il Movimento cinque Stelle arriva finalmente a un nome condiviso, ovvero l’assessore Nicola Grasso. Una vera e propria maratona di decisioni, con quel tocco di caos che tanto adoriamo associare ai partiti politici.

Ma il teatro dello scandalo non si limita al solo M5S. Anche il Partito Democratico barese non scherza: sembra che la componente lacarriana abbia scelto di disertare il Consiglio comunale di ieri, sabotando di fatto ogni possibilità di discussione. Motivo? Le imminenti nomine che agitano le acque e scatenano l’ennesima crisi interna, che potremmo definire «repubblicana» se non fosse solo un triste déjà vu.

Il paradosso delle regole interne e l’auto-sabotaggio pentastellato

È quasi una barzelletta politica: da una parte, il Movimento Cinque Stelle che si impone regole durissime per frenare le cosiddette «carriere politiche infinite»; dall’altra, si accorge proprio ora che questo crea un piccolo problema a chi ci è dentro da ormai un decennio. Magia della coerenza interna, applausi. Non stupisce che il coordinatore provinciale si senta soffocare da quelle maglie sempre più strette dello statuto e decida di abbandonare come una nave che affonda tra le onde di una regolamentazione senza pietà.

Fino a ieri forse nessuno si rendeva conto di quanto fosse difficile tenere insieme un partito che somiglia sempre di più a un condominio litigioso piuttosto che a un movimento politico moderno e coeso. Qui, invece, esplode il malcontento che prima era nascosto sotto il tappeto e ora è diventato un caso nazionale.

Il risultato? Benedette dimissioni di Innamorato, con tanto di addio al Consiglio nazionale, che lasciano dietro di sé un’arena politica impantanata tra regolamenti punitivi e personalismi – una realtà che avrebbe fatto sorridere anche il più cinico degli osservatori.

Lo scollamento tra Roma e Bari: quando i sondaggi non aiutano

Se qualcuno sperava nella magia dell’unità, ha sbagliato film. La distanza tra Roma e Bari non è soltanto geografica, ma profondamente politica: due visioni che si sgretolano come castelli di carta al primo soffio di vento. Innamorato si trova così al centro di uno scontro che va ben oltre la sua figura personale, una questione di potere che rispecchia le inefficienze di un sistema che non riesce ad andare oltre l’ego delle sue singole anime.

E come ciliegina sulla torta, la gestione fallimentare delle trattative per la giunta locale è stata la prova definitiva che, evidentemente, nessuno ha la minima idea di come portare avanti una governance con coerenza e pragmatismo. Cinque Stelle o non cinque stelle, la confusione regna sovrana.

Il gioco delle poltrone resta la vera danza politica: un teatrino di divisioni, rinunce e rivendicazioni che non mira certo al bene comune ma all’interesse personale o di fazione. Per fortuna, il pubblico è qui a osservare tutto, divertito, ma forse con la stessa tristezza di chi vede un disastro annunciato.

Un sindaco leccese piazza a destra e a manca qualche amico nella Città Metropolitana, per non perdere mai il braccino corto della politica locale. Tra le chicche, l’ingresso in pompa magna nel Nucleo di valutazione e controllo strategico e in quello di controllo di gestione di personaggi rigorosamente legati al Partito Democratico, tanto per non smentire la dinastia degli incarichi su misura. Ovviamente, non poteva mancare un nome vicino alla consigliera regionale Lucia Parchitelli, che gentilmente si presta al gioco di società.

Ma non finisce qui: il sindaco regala al suo gabinetto metropolitano la gentilezza di Francesca Pietroforte, ex delegata alla Cultura e fedele scudiera dell’ala decariana di Francesco Paolicelli. Insomma, un’ebollizione di correnti e fazioni degna di un romanzo d’appendice dove la cultura è solo un pretesto per mettere in fila nomi e preferenze più che competenze.

E mentre tutti si affannano a chiamare queste operazioni “controllo strategico” o “controllo di gestione”, non si può fare a meno di notare che più che una verifica di efficienza sembra una spartizione di poltrone da manuale Cencelli: rigorosamente tra chi sta bene con chi deve stare bene. Una magia italiana dove la meritocrazia prende vacanze perenne, e la politica locale si trasforma in un gioco delle tre carte.

Ma tranquilli, la sinergia tra consiglieri e sindaci amichevoli assicura che tutto proceda come da copione: tutto sotto controllo, oppure sotto controllo strategico, molto strategico. L’importante è che nessuno perda il fiato nel recitare la parte di chi detta legge nei palazzi che contano. E il nome da figura amica? Sempre pronto a spuntare come il coniglio dal cilindro, con l’unico scopo di dimostrare che l’elenco degli incarichi non è mai abbastanza lungo.

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