Nato festeggia il trionfo americano, ma l’Europa? Sembra ancora a scuola per la sua difesa modello fai-da-te

Nato festeggia il trionfo americano, ma l’Europa? Sembra ancora a scuola per la sua difesa modello fai-da-te

«Dei tre attori principali in campo — Israele, Iran e Stati Uniti — il più reticente a giocarsi tutto era proprio Teheran. Non certo per amore della pace, ma perché, per par condicio con la terminologia trumpiana, semplicemente non aveva le carte in mano. Dopo il trionfo tattico di Netanyahu, che ha messo alle strette gli ayatollah, comprendendo l’urgente necessità di evitare uno scontro diretto con l’America, il presidente americano non ha perso tempo: ha attaccato e stappato la bottiglia della vittoria, anche se questa non riscalda la bilancia degli insuccessi accumulati — dall’Ucraina alla Cina — ma che ora possono essere venduti come trofei, specialmente in casa propria e tra i suoi elettori. Che progresso, vero?

Il politologo Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, qualche giorno fa aveva bollato come “grave errore” il bombardamento dei B-2. Perché inutile, visto che Israele stava comandando la scena contro gli ayatollah senza bisogno di escalation pericolose. Ma oggi, magicamente, riconosce che quel colpo azzardato ha portato qualche frutto. Ci vuole talento per cambiare idea così in fretta, soprattutto quando a parlare è Donald Trump. Ego strabordante sì, ma adesso con un’aura di maggior autorevolezza e rispetto che non guasta, vero?

Ora, sarà il turno del Nobel per la Pace? Macché. Il premio, a quanto pare, è più un numerino per pareggiare il conto con Obama — e non esattamente una cosa alla portata di questo personaggio. Più credibile la candidatura al Nobel per la Letteratura, viste le sue straordinarie doti nel dissertare una comunicazione digitale incessante, soffocante, e di quelle che fanno sempre clamore: sia che si tratti di assurdità balzane, sia che si tratti di insulti gratuiti e ben confezionati.

Donald Trump si è presentato al vertice Nato con fare da vincitore assoluto. Ha trattato Iran e Israele come bambini capricciosi, in lite fra loro, e il segretario generale dell’Alleanza, Rutte, ha pensato bene di assecondarlo paragonandolo a un papà che usa “un linguaggio forte” per riportare la tanto agognata pace in famiglia. Una smaccata dichiarazione di sottomissione? Probabilmente sì.

Ho trovato la battuta di Rutte imbarazzante, ma proprio di quella imbarazzante che ti fa venir voglia di sorridere solo per non piangere. Un goffo tentativo di leccare il sedere al presidente americano, davanti a tutti. Peccato che il buon Trump, che pure si nutre di adulazione come un vampiro, disprezzi a morte proprio quelli che cercano di adulare lui. Esilarante, in una tragedia politica che si ripete puntuale.

Detto questo, l’epilogo del conflitto iraniano fa sicuramente comodo alla Nato: gli europei possono finalmente mostrarsi uniti e unanimi, tanto per cambiare. Il problema è che questa “unità” sembra più una maschera imposta da un patto di convenienza con la Casa Bianca, piuttosto che un’autentica alleanza basata su valori condivisi.

Il paradosso dell’adulazione americana

Il fatto che Rutte si sia sentito in dovere di difendere un linguaggio “forte” da parte di Trump è il massimo esempio di come l’Europa si sia trasformata in un branco di piagnoni pronti a scodinzolare. Che la pace in casa possa passare attraverso urla e minacce violente allunga di molto la lista delle “nuove verità” che questa Unione ci vuole vendere a tutti i costi.

La scenetta appena vista ricorda quelle riunioni da scuola materna, dove il “papà bullone” ha in mano la bacchetta magica della sicurezza e dell’ordine, e tutti gli altri sono invitati a stare zitti e a obbedire senza fiatare. E naturalmente, se l’adulto se la prende o s’infuria, è solo amore duro e sincero. Come se solo urlando e sventolando il pugno si potessero risolvere i conflitti millenari o strategici.