M5S dice no al riarmo e alla guerra: all’Aia fioccano alleanze improbabili con Conte in testa

M5S dice no al riarmo e alla guerra: all’Aia fioccano alleanze improbabili con Conte in testa

Prosegue, colpevolizzando l’Alleanza Atlantica come untore del mondo:

«Quando i nostri bambini chiederanno dov’eravamo quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, potremo dire che eravamo all’Aia a dimostrare per la pace. Quando chiederanno dov’eravamo durante il massacro del popolo palestinese, potremo rispondere che eravamo lì a denunciare il genocidio di Gaza».

Ovviamente, senza un pizzico di ipocrisia, ricorda che a pochi chilometri dal luogo del suo comizio, nel quartier generale della Nato, si stia progettando un futuro che minaccia ogni speranza di pace. Sceneggiatura perfetta, da applausi.

Il manifesto contro la spesa militare, un classico da salotto

Nella esilarante “dichiarazione finale” che i firmatari si apprestano a sottoscrivere, si rivela tutta la loro profonda… apprensione per il piano di riarmo della Commissione Europea. Secondo questo illuminato documento, l’aumento della spesa militare sarà un disastro: «minaccia le nostre fondamenta economiche, soffoca il progresso tecnologico e mette a rischio il benessere e la stabilità sociale». Insomma, la fanta-ricetta è semplice: “Niente difesa, pochi soldi spesi in armamenti e tanto amore”.

Non mancano le perle di saggezza diplomatiche alla “avremmo potuto fare di più per prevenire e risolvere il conflitto”, come se qualcuno non fosse stato troppo impegnato a non vedere o a tacere di fronte all’invasione illegale della Russia. Ma, si sa, se un conflitto non nasce per magia, prepariamoci a invisibili e immaginarie soluzioni diplomatiche che nessuno, finora, ha mai osato mettere in pratica.

Il documento critica poi, con tono stentoreo, il gravissimo attacco agli impianti nucleari iraniani, bollandolo come un chiaro esempio di doppia morale internazionale che «minaccia di innescare un ciclo di escalation pericoloso». Si prende anche la briga di mettere alla berlina l’immobilismo dinanzi alle atrocità contro i civili di Gaza, parlando apertamente di «genocidio». Non una parola sulla situazione più ampia, ovviamente, perché il copione è già bello che scritto.

L’epitome di questo documento? «L’aumento della spesa militare non è la risposta», afferma orgogliosamente il firmatario principale Conte. Il che tradotto significa: “Se vuoi la pace, preparati alla pace… sempre e ovunque”. Ammirevole, salvo dimenticare che talvolta la pace si garantisce anche con una solida difesa, ma questa è un’idea troppo rozza per i paladini delle buone intenzioni.

Se solo potessero spiegare, da veri strateghi da tastiera, come intendono fermare un’escalation con le mani conserte, mentre altri moltiplicano fucili, carri armati e bilanci militari, sarebbe già un bel passo avanti nella politica europea. Ma forse nessuno ha ancora pensato a questa soluzione radicale.

Che bello vedere come il progetto originario dell’Europa, quello di un continente finalmente pacificato, sia messo a rischio da una rincorsa sfrenata a armi e spese militari. La Spagna, con la saggezza che la contraddistingue, ha già detto no a questa follia. Il premier Pedro Sánchez la mette giù chiara: «La concezione originaria dell’Europa è un progetto di pace. La Spagna non ne può fare parte se si passa dalla sicurezza alla militarizzazione». Ma, attenzione, nonostante questa dichiarazione d’intenti, Madrid ha deciso di appoggiare la dichiarazione finale della Nato, che prevede un aumento spropositato della spesa militare, dimostrando che certe coerenze sono elastici come un elastico rotto.

Pedro Sánchez ha definito «irrazionale» il nuovo target della Nato che impone di destinare il 5% del PIL alla difesa entro il 2035. Una mossa così coraggiosa che poi si traduce in un sostegno alla dichiarazione finale firmata dai leader occidentali, perché si sa, le parole forti costano fatica e meglio lasciarle cadere quando c’è da firmare qualcosa.

Ma la star del momento nel palcoscenico della denuncia teatrale è Giuseppe Conte, che non si fa mancare niente. Con un intervento che pare sceneggiato da un cineasta, ci regala perle di saggezza e futuro apocalittico:

«Un giorno, quando i nostri bambini chiederanno dov’eravamo quando la Nato rubava il nostro futuro, potremo rispondere ‘noi eravamo all’Aia’».

Prosegue, colpevolizzando l’Alleanza Atlantica come untore del mondo:

«Quando i nostri bambini chiederanno dov’eravamo quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, potremo dire che eravamo all’Aia a dimostrare per la pace. Quando chiederanno dov’eravamo durante il massacro del popolo palestinese, potremo rispondere che eravamo lì a denunciare il genocidio di Gaza».

Ovviamente, senza un pizzico di ipocrisia, ricorda che a pochi chilometri dal luogo del suo comizio, nel quartier generale della Nato, si stia progettando un futuro che minaccia ogni speranza di pace. Sceneggiatura perfetta, da applausi.

Il manifesto contro la spesa militare, un classico da salotto

Nella esilarante “dichiarazione finale” che i firmatari si apprestano a sottoscrivere, si rivela tutta la loro profonda… apprensione per il piano di riarmo della Commissione Europea. Secondo questo illuminato documento, l’aumento della spesa militare sarà un disastro: «minaccia le nostre fondamenta economiche, soffoca il progresso tecnologico e mette a rischio il benessere e la stabilità sociale». Insomma, la fanta-ricetta è semplice: “Niente difesa, pochi soldi spesi in armamenti e tanto amore”.

Non mancano le perle di saggezza diplomatiche alla “avremmo potuto fare di più per prevenire e risolvere il conflitto”, come se qualcuno non fosse stato troppo impegnato a non vedere o a tacere di fronte all’invasione illegale della Russia. Ma, si sa, se un conflitto non nasce per magia, prepariamoci a invisibili e immaginarie soluzioni diplomatiche che nessuno, finora, ha mai osato mettere in pratica.

Il documento critica poi, con tono stentoreo, il gravissimo attacco agli impianti nucleari iraniani, bollandolo come un chiaro esempio di doppia morale internazionale che «minaccia di innescare un ciclo di escalation pericoloso». Si prende anche la briga di mettere alla berlina l’immobilismo dinanzi alle atrocità contro i civili di Gaza, parlando apertamente di «genocidio». Non una parola sulla situazione più ampia, ovviamente, perché il copione è già bello che scritto.

L’epitome di questo documento? «L’aumento della spesa militare non è la risposta», afferma orgogliosamente il firmatario principale Conte. Il che tradotto significa: “Se vuoi la pace, preparati alla pace… sempre e ovunque”. Ammirevole, salvo dimenticare che talvolta la pace si garantisce anche con una solida difesa, ma questa è un’idea troppo rozza per i paladini delle buone intenzioni.

Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si affannava a ringraziare gli alleati per il cosiddetto aiuto «congiunto» destinato a Kiev contro l’“aggressione” russa – evidentemente una megafesta dei buoni contro i cattivi – l’ex premier Giuseppe Conte sfoggiava la sua presenza a poche centinaia di metri di distanza dal summit Nato, in un evento dal nome scintillante: «No Rearm. No war».

Naturalmente, organizzato dal Movimento 5 Stelle insieme all’inaffondabile Partito socialista olandese, perché nulla dice “soluzione seria” come un duo così eterogeneo e affidabile. Lo scopo? Offrire una “alternativa politica” all’insopportabile «unica soluzione proposta» dall’UE: il famigerato piano di riarmo e la Nato che pretende di spingere la spesa militare al 5% del PIL. Altro che arrocco, qui si parla di un suicidio economico e sociale, sentenziato dal nostro caro Conte, che ovviamente interpreta la storia e le dinamiche internazionali come se fossero letture da bar.

Conte ha magnificamente ricordato che «la storia ci ha insegnato questa lezione: è mai esistita un’alleanza militare che ha accumulato armi solo per lasciarle inutilizzate?». Apparentemente, l’ex premier non ha sentito parlare della corsa agli armamenti, della deterrenza nucleare o dell’equilibrio del terrore, perché sembra proprio ignorare che, quando uno si arma, l’altro fa uguale se non di più: un gioco del risentimento che però si declama come sciagura nazionale. Ai posteri l’arbitrato.

In un affollato coro di buone intenzioni dal sapore piuttosto pacifista ma stranamente poco pratico, si sono schierati con il M5S e i socialisti olandesi ben 15 partiti e movimenti provenienti da 11 Paesi europei. C’è lo spagnolo Sumar, le tedesche Die Linke e l’Alleanza Sahra Wagenknecht, il Partito comunista portoghese, il Partito del lavoro belga. Tra i firmatari spiccano nomi come Jeremy Corbyn, l’ex guerriero pacifista del Labour UK, e Zoe Konstantopoulou, la presidenza ribelle del partito greco Rotta di Libertà. Un vero festival dell’opposizione radicale europea, insomma.

Non poteva mancare anche la spintarella istituzionale: la seconda vicepremier del governo spagnolo Yolanda Díaz, punta di diamante di Sumar, si è degnata di inviare un video messaggio, nel quale assurge la Commissione europea a perenne mostro burocratico, colpevole di mettere chissà quali ostacoli… A che cosa? Alla pace? All’efficace gestione del riarmo? All’aumento della spesa militare? Rimane un mistero avvolto nell’enigma del siparietto politico.

Il coro dell’”antiriarmo” europeo, tra incoerenze e belle intenzioni

Ci troviamo quindi di fronte al classico cliché: mentre da una parte si celebra l’aumento della spesa militare come panacea a ogni male, dall’altra si erge a ideologia granitica il rifiuto totale di qualsiasi rinforzo militare. Del resto, l’Europa – quel continente a tratti annoiato e spesso diviso – si trova comodamente nelle spalle di un circo geopolitico gigantesco, che vede correre gli USA in prima fila con giochi di potere e diplomazia che lasciano il vecchio continente a fare da spettatore, oppure da chi spruzza applausi e slogan pacifisti a comando.

Alla fine, però, a questa allegra compagnia di partiti “alternativi” va riconosciuto il merito di gettare un po’ di sale nella minestra politica europea, anche se la ricetta è palesemente indigesta e il condimento fatto con ingredienti ben poco credibili. La guerra si combatte anche con armi, si dice, ma loro preferiscono ragionare con megafoni rotti e fantasie da fumetto.

Se solo potessero spiegare, da veri strateghi da tastiera, come intendono fermare un’escalation con le mani conserte, mentre altri moltiplicano fucili, carri armati e bilanci militari, sarebbe già un bel passo avanti nella politica europea. Ma forse nessuno ha ancora pensato a questa soluzione radicale.

Che bello vedere come il progetto originario dell’Europa, quello di un continente finalmente pacificato, sia messo a rischio da una rincorsa sfrenata a armi e spese militari. La Spagna, con la saggezza che la contraddistingue, ha già detto no a questa follia. Il premier Pedro Sánchez la mette giù chiara: «La concezione originaria dell’Europa è un progetto di pace. La Spagna non ne può fare parte se si passa dalla sicurezza alla militarizzazione». Ma, attenzione, nonostante questa dichiarazione d’intenti, Madrid ha deciso di appoggiare la dichiarazione finale della Nato, che prevede un aumento spropositato della spesa militare, dimostrando che certe coerenze sono elastici come un elastico rotto.

Pedro Sánchez ha definito «irrazionale» il nuovo target della Nato che impone di destinare il 5% del PIL alla difesa entro il 2035. Una mossa così coraggiosa che poi si traduce in un sostegno alla dichiarazione finale firmata dai leader occidentali, perché si sa, le parole forti costano fatica e meglio lasciarle cadere quando c’è da firmare qualcosa.

Ma la star del momento nel palcoscenico della denuncia teatrale è Giuseppe Conte, che non si fa mancare niente. Con un intervento che pare sceneggiato da un cineasta, ci regala perle di saggezza e futuro apocalittico:

«Un giorno, quando i nostri bambini chiederanno dov’eravamo quando la Nato rubava il nostro futuro, potremo rispondere ‘noi eravamo all’Aia’».

Prosegue, colpevolizzando l’Alleanza Atlantica come untore del mondo:

«Quando i nostri bambini chiederanno dov’eravamo quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, potremo dire che eravamo all’Aia a dimostrare per la pace. Quando chiederanno dov’eravamo durante il massacro del popolo palestinese, potremo rispondere che eravamo lì a denunciare il genocidio di Gaza».

Ovviamente, senza un pizzico di ipocrisia, ricorda che a pochi chilometri dal luogo del suo comizio, nel quartier generale della Nato, si stia progettando un futuro che minaccia ogni speranza di pace. Sceneggiatura perfetta, da applausi.

Il manifesto contro la spesa militare, un classico da salotto

Nella esilarante “dichiarazione finale” che i firmatari si apprestano a sottoscrivere, si rivela tutta la loro profonda… apprensione per il piano di riarmo della Commissione Europea. Secondo questo illuminato documento, l’aumento della spesa militare sarà un disastro: «minaccia le nostre fondamenta economiche, soffoca il progresso tecnologico e mette a rischio il benessere e la stabilità sociale». Insomma, la fanta-ricetta è semplice: “Niente difesa, pochi soldi spesi in armamenti e tanto amore”.

Non mancano le perle di saggezza diplomatiche alla “avremmo potuto fare di più per prevenire e risolvere il conflitto”, come se qualcuno non fosse stato troppo impegnato a non vedere o a tacere di fronte all’invasione illegale della Russia. Ma, si sa, se un conflitto non nasce per magia, prepariamoci a invisibili e immaginarie soluzioni diplomatiche che nessuno, finora, ha mai osato mettere in pratica.

Il documento critica poi, con tono stentoreo, il gravissimo attacco agli impianti nucleari iraniani, bollandolo come un chiaro esempio di doppia morale internazionale che «minaccia di innescare un ciclo di escalation pericoloso». Si prende anche la briga di mettere alla berlina l’immobilismo dinanzi alle atrocità contro i civili di Gaza, parlando apertamente di «genocidio». Non una parola sulla situazione più ampia, ovviamente, perché il copione è già bello che scritto.

L’epitome di questo documento? «L’aumento della spesa militare non è la risposta», afferma orgogliosamente il firmatario principale Conte. Il che tradotto significa: “Se vuoi la pace, preparati alla pace… sempre e ovunque”. Ammirevole, salvo dimenticare che talvolta la pace si garantisce anche con una solida difesa, ma questa è un’idea troppo rozza per i paladini delle buone intenzioni.

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