Putin al forum del suo ego: Ucraina? Una questione di “famiglia allargata” secondo il grande unificatore

Putin al forum del suo ego: Ucraina? Una questione di “famiglia allargata” secondo il grande unificatore

Quest’anno il Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo si presenta più Putin-centrico che mai. Inaugurato nel 1997 e ufficialmente sotto il suo patrocinio dal 2006, il presidente russo ha colonizzato ogni angolo dell’evento, sia in modo diretto che indiretto. E non si è risparmiato nemmeno un’adorabile esposizione delle medaglie del suo papà, aggiungendo un tocco di genealogia familiare pop-up che lo scorso anno aveva già conquistato grazie a un enorme albero genealogico con tanto di rami illustri. Ora, non solo i genitori sono sotto i riflettori, ma Vladimir Vladimirovich è diventato persino un personaggio animato in una serie di cartoni, immancabile per “promuovere l’immagine del Paese e della nostra cultura”.

Se pensavate che il potere politico si fermasse a lui, vi sbagliavate di grosso. La piccola di casa, Katerina Tikhonova, ha preso la parola alla sessione “Scenari del rimpatrio tecnologico” in qualità di presidente della Fondazione Innopraktika, continuando la fiera tradizione famigliare. Nel frattempo, la sorella maggiore, Maria Vorontsova, si è arresa al ruolo di moderatrice nel dibattito su “Neo etica all’epoca delle neurotecnologie”. Nel frattempo, centinaia di magliette con le citazioni del capo supremo e del suo fidatissimo ministro degli esteri Sergej Lavrov spopolano tra i partecipanti, accompagnate da una collezione di bambole Labubu con le facce di tutti i protagonisti dell’oligarchia politica, tra cui la governatrice centrale Elvira Nabiullina. Proprio quest’ultima, nel primo pomeriggio, ha subito un curioso campanellino d’allarme: infatti, durante il discorso di apertura, Putin l’ha esplicitamente invitata a “evitare in ogni modo il rischio della recessione, che non è consentito in nessuna circostanza”. Un messaggio più che subliminale, un vero e proprio schiaffo diplomatico, da prendere, ovviamente, con un sorriso.

Questo strano siparietto introduce la vera attesa della giornata: le parole del padrone assoluto di casa. Perché oltre alla consueta torta di tensione sull’Ucraina, nel menù figurava anche la delicata questione Iran-Israele. Sì, esatto: una ricetta potenzialmente esplosiva se non si gestisce con abilità da funambolo. E infatti, dopo uno spettacolare quanto notturno equilibrismo mediatico con le principali agenzie di stampa, Putin ha continuato a danzare sul filo del rasoio, dispensando consigli di prudenza con la generosità di un guru zen… o quasi.

Che gioia constatare come Putin riesca a destreggiarsi tra le sue fedeltà geopolitiche con la stessa garbo di un equilibrista ubriaco. Da una parte, c’è il glorioso ex alleato Donald Trump, il suo attuale principale interesse, perché abbandonarlo ora? Dall’altra, il vecchio e fedele amico iraniano, giusto per non sembrare un traditore di quelli che si vendono al primo (dis)onore. Davanti a una nutrita platea di capi di Stato di Indonesia, Sudafrica e Bahrein – quei volenterosi rappresentanti del Sud del mondo con cui Mosca sogna un ordine globale sempre più multipolare – il leader russo ha condito il suo discorso con quell’ironia che solo chi vuol vendere fumo conosce bene.

Dopo aver prontamente “osservato con preoccupazione” l’infatuazione mondiale per l’escalation delle tensioni, ha sperato che i desideri di eliminare fisicamente l’ayatollah Khamenei rimangano, sì, nell’ambito del puro “bel parlare”. Poi, ha lanciato un’esilarante accusa di provocazione verso chi, in caso di mancato sostegno a Teheran, osi definir “inaffidabile” quel monumento all’affidabilità che è la Russia. Tra un brindisi e l’altro, non si è dimenticato di rassicurare che i tecnici russi continueranno a trafficare indisturbati nell’impianto nucleare di Bushehr, perché sostenere l’Iran nella sua “lotta per i suoi legittimi interessi, compresa l’atomo pacifico”, è un dovere morale. E chi siamo noi per discuterne?

Un crescendo… di minacce nucleari dal tono gentile

I toni si sono risollevati con l’argomento Ucraina, diventato ormai il gioco di prestigio preferito di Putin. “Se mai Kiev andasse a impelagarsi con la bomba sporca, sarebbe il disastro totale, non solo per quel simpatico regime nazista che guida la capitale, ma per tutto il Paese.” E come ciliegina sulla torta, una speranza da mammina affettuosa: “Spero si eviti il peggio”. Insomma, pochi movimenti rispetto alle precedenti tirate, ma sempre una classe sopra.

Tra le massime pietre miliari della sua retorica, spicca la perla che spiega i motivi di questo disastro in corso: “Mi chiedete quali territori ucraini considero nostri? Beh, in fondo consideriamo russi e ucraini un unico popolo. Quindi, di conseguenza, l’Ucraina è nostra.” Capito? Non è coloniale appropriazione, è solo sentimento fraterno, o forse un po’ troppo possessivo.

Quando si parla di compromessi, Putin si mostra generoso e pacifico: “Non voglio certo vedere l’Ucraina capitolare, ma sarebbe carino tornare a quei valori che le hanno garantito sovranità: uno Stato non nucleare e non allineato.” Tradotto: lasciate perdere la vostra finta indipendenza. E sì, la realtà sul campo conta, eh. Possiamo anche non occuparci di Sumy oggi, ma niente paura, domani potrebbe pure finire sotto controllo russo. Perché, sapete, “il pezzo di terra calpestato dal piede di un soldato russo è nostro”. Bella regola, una vera poesia bellica.

Conclusioni di un summit ricco di serenità

Alla fine, tra un colpo di scena e l’altro, Kiev e Teheran si sono incontrati in accordo su un punto: il mondo cambia le sue regole. Qualcuno fa finta di non romperle, altri si limitano a mettere mano al riordino di quello che sarà inevitabile. Il presidente russo ha espresso una profonda “preoccupazione”, perché si intravede l’ombra minacciosa della terza guerra mondiale. Eh sì, la posta in gioco è alta: Ucraina, Medio Oriente, impianti nucleari iraniani… un cocktail perfetto per l’indagine sul perché le cose vadano a rotoli.

Durante il confronto, il presidente indonesiano Prabowo Subianto, ospite d’onore, ha ricordato con un pizzico di nostalgia i suoi trascorsi militari. Senza nominare l’Ucraina, ma stringendo l’occhio a tutti gli intellettuali della geopolitica, ha condannato ogni conflitto con parole sagge e innocue: “Qualsiasi negoziato è sempre meglio della guerra. Non serve solo parlare, bisogna negoziare con pazienza.” Ecco, peccato che il nostro amico Putin non abbia nemmeno spostato un muscolo del volto, mostrandosi impermeabile alle buone maniere del dialogo.

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