Difesa in crisi? Crosetto promette sostegno alle imprese che passano di corsa alla riconversione come soluzione magica

Difesa in crisi? Crosetto promette sostegno alle imprese che passano di corsa alla riconversione come soluzione magica

Ricordate quando le Torri Gemelle fumavano ancora nel ricordo collettivo e, per caricarsi di eroismo post-11 settembre, George W. Bush dichiarava guerra a Saddam Hussein? Era il 27 marzo 2003, il primo missile partiva dal glorioso Veneto, dalla base Usa di Vicenza, Camp Ederle, diritti nel cuore del cosiddetto “occidente civile”. Nel frattempo, il mondo ha girato pagina e le geometrie politiche si sono trasformate, come hanno sottolineato tutti gli oratori al convegno “La difesa nazionale e la pace, fra incertezze Ue ed egemonia Usa”, tenutosi nell’aula magna di Palazzo del Bo a Padova. Eppure, nonostante i cambiamenti, le basi americane di Vicenza e Aviano continuano a fare il loro sporco lavoro nel Nordest, pronte a riservarci qualche sorpresa se la situazione in Medio Oriente dovesse precipitare, con un qualche coinvolgimento degli Stati Uniti in Iran.

Per ora, però, niente panico: da Washington nessuno ha ancora inviato segnali luminescenti. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha spiegato, con un garbo da manuale del diplomatico avvezzo alle parole vuote, che:

«C’è una convenzione che disciplina l’utilizzo delle basi, che devono essere impiegate per scopi ben diversi da quelli ordinari — a oggi non c’è nessuna richiesta. Inutile parlare di qualcosa che non esiste.»

Qualora la situazione cambiasse, il Parlamento dovrebbe necessariamente prenderne atto, come accadde nel 2003 dopo il solenne briefing dell’allora premier Silvio Berlusconi. Secondo il ministro, insomma, quando il Parlamento vuole fare bella figura e chiedere spiegazioni, non è solo cortesia, è un vero e proprio obbligo. Un obbligo che per qualche ragione non solo non deve preoccupare gli italiani, ma anzi, è lui a preoccuparsi per noi. Ecco un diplomatico che prende le cose seriamente – o almeno ci prova.

Nel frattempo, il mondo va avanti, con Israele che non si risparmia affatto nei suoi attacchi a Gaza e, di recente, anche in Iran, mentre la guerra russo-ucraina si avvicina minacciosa alle porte dell’Europa. Questi sono solo due esempi minuscoli di oltre sessanta conflitti attivi dappertutto, che trasformano il nostro globo in una vera e propria polveriera emozionale. In questo clima di suspense e allerta geopolitica, il Consiglio europeo si è sentito in dovere di approvare a marzo un programma da 800 miliardi di euro, affettuosamente chiamato “Rearm”, dedicato agli investimenti nella difesa. Ovviamente, molte aziende venete hanno già da tempo la loro sezione dedicata alle tecnologie militari, pronte a cogliere l’occasione per fare quello che sanno meglio: produrre eccellenze, certamente non nel settore della pace.

Berco di Castelfranco Veneto, un tocco di riconversione potrebbe trasformarsi nel loro miracoloso salvatore. Prendete ad esempio la favolosa parabola della Faber, sempre di quei bei luoghi veneti, che ha preso i macchinari di quella carissima vecchia ex Simmel, fabbrica attiva fino al 1998, e ha scelto di produrre bossoli e ogive. E ora, udite udite, si propone addirittura di trasformare le due imprese in quel gioiellino che sarà uno dei siti più importanti d’Europa nel settore militare. Evviva la pace e la prosperità!

Ma non temete, questa non è mera retorica da film di serie B. Giorgia Crosetto – forse stanca di cantare le lodi industriali del Veneto – ha voluto affermare con quella serafica calma che solo i responsabili governativi sanno esercitare: l’industria veneta, cari miei, non è seconda a nessuno al mondo nel campo manifatturiero. E se il settore militare è “purtroppo” in crescita, benissimo! Finalmente la nostra regione potrà occupare quella fetta di “catena di subfornitura che manca” come il pane, ovvero quel complesso meccanismo fatto di capacità industriali che, guarda caso, dalle nostre parti non mancano mai. Ah, e tranquilli: qualsiasi scelta industriale che salvi o incrementi aziende sarà supportata dall’omnipotente mano dello Stato. Che generosità.

E naturalmente, non stiamo parlando di fomentare guerre o affilare spade. No, no. Ieri, nella prestigiosa sede del Palazzo del Bo, nessuno, e dico nessuno, ha sparato una sola parola che potesse alimentare i venti di conflitto. In realtà, a parlare con toni pacifici c’erano personaggi come la rettrice Daniela Mapelli, che ci ha regalato con incrollabile ottimismo la verità cruda: “Mai come oggi la pace grida la sua urgenza”. E allora ben venga la produzione di bossoli, dai!

Anche Fabio Pinelli, presidente emerito di PadovaLegge e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, si è aggiunto al coro filosofico osservando forse con un pizzico meno convinzione che “le vittime civili sono aumentate del 67%, e la morte e la distruzione sembrano essere divenuti i veri protagonisti della nostra epoca”. Emozionante, vero?

Nel mezzo di tutta questa ironia, la chicca finale arriva da Crosetto stessa, che con dolce mestizia ci ricorda come “il mondo è cambiato”. E come dimenticare la profonda analisi di quella grande potenza chiamata “Europa”, che presumibilmente dovrebbe contare qualcosa ma, ahimè, “è finito il suo tempo”. Con una tristezza che traspare da ogni sillaba, ci dice che anche la NATO e l’ONU, quei soliti noti del diritto internazionale, hanno perso quel tocco magico necessario per dirimere i conflitti. Triste verità, o almeno questo è ciò che si è deciso di dirci durante una squisita tavola rotonda.

Nel disimpegno diplomatica ha brillato un cast di illustri figure tra cui il presidente del COPASIR Lorenzo Guerini, il professor Marco Mascia, esperto di Relazioni Internazionali e presidente del centro per i diritti umani Antonio Papisca, e il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo. Un confronto che ha spaziato dal triste declino degli equilibri mondiali ai più recenti e luccicanti attacchi criminali e cyber, il tutto condito da una sana dose di realismo e disincanto degna di un film noir contemporaneo.

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