Il Sud batte il Centro-Nord in crescita del Pil ma la povertà nel lavoro fa festa

Il Sud batte il Centro-Nord in crescita del Pil ma la povertà nel lavoro fa festa

Nel 2024, come nei due anni precedenti, il Pil delle regioni meridionali ha fatto un piccolo miracolo: è cresciuto più che nel Centro-Nord, segnando un +1% contro un modesto +0,6%. L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, Svimez per gli amici, ci racconta però che questo vantaggio si è ridotto drasticamente, passando da uno 1 punto percentuale di superiorità a un più timido 0,4. In soldoni, tra il 2022 e il 2024 il Sud ha registrato un aumento complessivo dell’8,6%, mentre il Centro-Nord solo del 5,6%: pochi decimali in più che non bastano certo a scalfire una realtà dove il 31,2% dei lavoratori meridionali è ancora intrappolato nella povera vita di sempre.

Quasi uno su tre al Sud vive con meno di 7.300 euro l’anno, ovvero circa 600 euro al mese, cioè la soglia che definisce un lavoratore “povero”. L’occupazione ha sì ripreso, ma per lo più in lavori da quattro soldi a basso valore aggiunto. Morale della favola? La situazione della povertà lavorativa peggiora leggermente al Sud, resta stabile nel Nord-Ovest (dove coinvolge 1,1 milioni di persone, cioè il 16,6% del totale) e addirittura peggiora nel Nord-Est, passando dal 14 al 15,6%, un baby-pasticcio da applique. Solo nel Centro si registrano timidi miglioramenti, con un calo dal 20,5 al 19,4%, quasi una vittoria di Pirro.

Nel 2024 – scrive Svimez – il caldo abbraccio del Superbonus 110% agli investimenti privati in edilizia si è raffreddato drasticamente, riducendo il contributo delle costruzioni private alla crescita. Per fortuna, ha fatto capolino l’intervento pubblico, specie grazie all’avvio dei cantieri del Pnrr, che ha sfornato quasi 45 miliardi di investimenti per tutti gli enti coinvolti. A spadroneggiare sono i Comuni, in testa a questa parata di spesa pubblica con 21,7 miliardi fra maniasse e opere da cantieri. Rispetto al 2023, l’investimento pubblico complessivo è aumentato di circa 6 miliardi, con i Comuni a fare la parte del leone con un incremento di 3 miliardi.

Tra il 2022 e il 2024, gli investimenti comunali nel Mezzogiorno sono schizzati del 75,3%, passando da 4,2 a 7,4 miliardi. Nell’intero Paese, invece, le spese comunali per investimenti hanno raggiunto i 21,7 miliardi, con un aumento del 64% rispetto al 2022. Colpa, o merito, del Pnrr, che ha catapultato risorse soprattutto verso infrastrutture sociali come scuole e abitazioni. Le spese per la scuola sono raddoppiate, toccando i 2,8 miliardi, mentre restano alle stelle gli investimenti in nuovi impianti sportivi e strutture abitative, con aumenti rispettivamente del 120% e 143% rispetto al 2022. Attenzione però: la spesa per la costruzione di asili nido è quasi decuplicata, passando da 28 a 293,1 milioni, quasi a dimostrare che forse i bimbi poveri sono ancora troppi. E non finisce qui: i Comuni hanno infilato altri soldi anche per strade e infrastrutture viarie, che con 4,2 miliardi sono la voce di spesa più consistente anche nel 2024.

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