2300 miliardi buttati in 30 anni di trasferimenti senza fine: preparatevi a pagare ancora di più

2300 miliardi buttati in 30 anni di trasferimenti senza fine: preparatevi a pagare ancora di più

L’e-commerce in Italia non è solo un passatempo online, ma un vero e proprio colosso economico che pesa ben il 7% del PIL nazionale, spingendo l’economia con oltre 150 miliardi di euro di impatto totale. In pratica, se pensavate che comprare un paio di scarpe su internet fosse roba da poco, ripensateci: dietro c’è un intero ecosistema capace di generare un valore aggiunto di 88,6 miliardi e una crescita annua del 6,6% rispetto all’anno precedente. Una performance mica da poco, suddivisa tra vendite dirette (quasi 59 miliardi), fornitori e servizi collegati (altri 50 miliardi) e gli effetti a catena su tutto il sistema produttivo, che aggiungono 41,2 miliardi.

Questo non è semplice ottimismo da appassionati della shopping online, ma il risultato di un’analisi dettagliata condotta da esperti di economia digitale, che ha messo sotto la lente l’intero settore delle vendite online italiano. Il focus? Il suo ruolo nel generare ricchezza, occupazione e – udite udite – anche sostenibilità ambientale, non solo per i giganti del web, ma lungo tutta la catena produttiva e distributiva italiana.

Roberto Liscia, il presidente di Netcomm, non usa mezzi termini:

“L’e-commerce è uno dei motori più dinamici e pieni di potenziale della nostra economia. Il digitale ormai vale il 7% del PIL, con effetti benefici su lavoro, innovazione e sistema fiscale. Le imprese resistono, crescono e si adattano agli scossoni del mercato grazie a collaborazioni e reti ben strutturate. In dieci anni abbiamo visto che il sistema digitale crea valore stabile e durevole, perché le singole aziende si rafforzano trovandosi in una filiera ben collegata che integra competenze, posti di lavoro, fiscalità, export e innovazione.”

Peccato però che questi imprenditori virtuosi, che dovrebbero essere coccolati e supportati, si scontrino spesso con una realtà meno accogliente: la necessità urgente di politiche pubbliche concrete che sostengano l’ecosistema digitale e favoriscano lo sviluppo delle esportazioni. La vera sfida è digitalizzare le piccole e medie imprese, il vero cuore pulsante del tessuto economico italiano. Bisogna formarli, accompagnarli e spronarli a crescere, soprattutto sui mercati internazionali, perché altrimenti tutta questa magia resta una bella favola da raccontare alle conferenze.

Liscia insiste:

“Serve un impegno pubblico strategico per creare un contesto in cui l’export possa davvero esplodere e in cui le nuove barriere commerciali vengano affrontate con agilità grazie a una rete del valore forte e ben organizzata.”

Insomma, l’e-commerce non è più quella novità divertente e di nicchia, ma un gigante resistente, capace di sopravvivere e prosperare anche nei momenti peggiori, grazie a una rete di imprese intelligenti e interconnesse. Se solo la politica decidesse di smettere di guardare dall’altra parte e iniziasse a investire seriamente su questo settore, forse potremmo vedere davvero l’Italia allinearsi con gli standard digitali più avanzati del mondo.

Altrimenti, resteremo qui a farci ammaliare dalle promesse di crescita digitale mentre il nostro PIL si aggira tranquillo a chiacchiere, senza fare quel salto che tutti dicono di desiderare.

Ah, che sorpresa: l’e-commerce non è solo un capriccio tecnologico, ma un settore che continua a crescere a dismisura e riesce persino a portare benefici per l’intero sistema socio-economico italiano. Non solo fa felici i consumatori, ma fa pure da turbo per le piccole e medie imprese, un vero e proprio motore delle esportazioni e, ovviamente, crea un “valore condiviso” per il nostro caro Paese. Secondo Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e presidente dello Shared Value Institute, con un euro di valore aggiunto prodotto dagli online seller ne arrivano tre di benefici per il sistema, coinvolgendo quasi il 7% degli occupati italiani. Chapeau.

E come non citare Amazon, l’eroe digitale che con la sua generosità investe oltre 20 miliardi di euro in 15 anni di presenza in Italia, donando ben 19.000 posti di lavoro stabili. Francesca Pellizzoni, manager dei programmi Made in Italy e supporto alle PMI di Amazon.it, ci ricorda quanto Amazon sia l’alleato strategico che ogni PMI italiana sogna, visto che più di 21.000 di loro fanno sfoggio di vetrine nei loro digitali negozi, grazie a programmi come “Made in Italy” e “Accelera con Amazon”. Tutto per aiutarle a digitalizzarsi e internazionalizzarsi, perché si sa, la salvezza è solo online.

Ora, per chi ancora non avesse capito la portata dell’evento, la ricerca conferma che per ogni euro creato realmente dall’e-commerce ne scaturiscono tre per tutto il sistema economico italiano, tra ricadute dirette, indirette e indotte. Non è roba da poco, eh? Quindi non parliamo solo di chi compra e vende online, ma di una rete intricata che muove risorse ovunque nel sistema produttivo. Nel 2023 questa filiera digitale ha scollinato i 44 miliardi di euro di contributo fiscale, ovvero il 7,7% delle entrate fiscali italiane, sostenendo il nostro benessere collettivo. Facile, no?

Dal punto di vista occupazionale, si può gioire: 1,8 milioni di lavoratori coinvolti direttamente e indirettamente, con un aumento del 15% in un solo anno – quasi il 7% dell’intera forza lavoro italiana. In cifre: oltre 40 miliardi di euro in salari lordi solo nella filiera, un benessere che cresce del 13,8% rispetto all’anno prima. Ma come si distribuisce questa manna digitale? Circa 1,17 milioni di addetti sono impiegati nella value chain del commercio digitale, divisi tra fornitori (310 mila), retailer, brand e marketplace (542 mila), e i meravigliosi servitori invisibili come logistica, consegna e pagamenti (319 mila). La magia è che il valore si crea a ogni passo: 35,5 miliardi da fornitori di tecnologia e servizi, 79 miliardi dagli online seller (il piatto forte, ovviamente) e altri 35,6 miliardi da chi si occupa della logistica e dei pagamenti. L’e-commerce, un’orgia di risorse, competenze e investimenti in un mix senza pari.

E che dire dei consumatori? Nel 2024, il 44,3% degli italiani sopra i 14 anni ha fatto almeno un acquisto online. Decisamente un balzo rispetto al 2019, con un +10 punti percentuali. Non è solo risparmio di tempo o scelta infinita: la trasparenza e la lotta spietata sui prezzi sono il vero motore del successo. E mentre ci riflettono addosso, il settore si fa pure paladino del lavoro qualificato con contratti nazionali, formazione continua e programmi di upskilling digitale. Sì, perché anche in questa giungla c’è bisogno di profili professionali all’avanguardia e di un’occupazione che resista al tempo.

Infine, una nota green che scalda il cuore: l’e-commerce è diventato uno chef del consumo circolare e sostenibile. Logistica a basso impatto, veicoli elettrici, packaging riciclabile—tutti ingredienti che contribuiscono a far diminuire le emissioni di CO2. Lo sapevate? La maggior parte degli imballaggi usati è in cartone ondulato e l’Italia si sta prontamente preparando agli “obiettivi nobili” del Regolamento UE 2025/40, con la promessa che entro il 2030 il 40% del packaging sarà riutilizzabile. L’apoteosi della modernità e del buon senso, mescolati insieme.

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