Bocconi ci racconta che gli immigrati risolveranno il disastro demografico italiano: davvero serve un altro miracolo?

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Titolo: Il mercato delle plastiche compostabili in Italia nel 2024 affronta il declino tra concorrenza sleale e cali produttivi

Nel 2024 il settore italiano delle plastiche biodegradabili e compostabili sembra aver deciso di fare un passo indietro, almeno stando ai dati raccolti da un’analisi di mercato indipendente. La filiera, pur composta da 278 aziende tra chimica di base, granuli e trasformazione, conta appena 2.913 addetti, un numero in calo rispetto allo scorso anno. Non stupisce che un comparto che dovrebbe correre verso l’ecosostenibilità stia arrancando così vistosamente.

Il numero di addetti impegnati direttamente nella produzione di plastiche compostabili è diminuito del 2,2%, passando da 2.980 a 2.913 unità. Le aziende, dal canto loro, si sono ridotte del 3,5%, scendendo a 278. Viene quasi da chiedersi se il movimento verde sia vittima di qualche effetto collaterale “naturale” o se invece il business della plastica sostenibile non sia poi così appetibile. Geograficamente, il Veneto guida la classifica con i suoi 27 stabilimenti e 298 addetti, seguito da Emilia-Romagna, Campania, Lombardia e Umbria. Un’Italia divisa non solo tra nord e sud, ma anche tra chi ci crede ancora e chi forse preferisce staccare la spina.

Il fatturato nel 2024 ha fatto un passo indietro deciso, scendendo a 704 milioni di euro, con una flessione del 15,4%. Ma cosa ha spinto giù questi numeri? La risposta non è difficile: listini più bassi, soprattutto per le materie prime e i prodotti chimici di base, che hanno plasmato il mercato per tutto l’anno precedente. I volumi prodotti – sia finiti che semilavorati – hanno invece fatto un piccolo tentativo di risalita, con un +0,5% a 121.500 tonnellate. E seppur vicino ai risultati delle plastiche convenzionali, la ripresa è frenata soprattutto dalla domanda in calo di prodotti monouso e di sacchetti per l’umido, che stanno mostrando segni di stanchezza consistente.

Il settore del monouso in particolare ha incontrato ostacoli imponenti, con un calo superiore al 10%. Evidentemente schiacciato da un’agguerrita concorrenza «pseudo-riutilizzabile» e da un’ondata di importazioni low cost di prodotti compostabili provenienti dal Far East, l’industria nostrana langue. Male anche i sacchetti per la raccolta dell’umido, che seguono il trend negativo. Al contrario, qualche spiraglio di luce arriva dal settore dei film agricoli, del packaging alimentare e dai materiali ultraleggeri, che mostrano una discreta ripresa.

Dopo un decennio di crescita apparentemente stabile tra il 2012 e il 2022, quella che sembrava una industria in espansione ha improvvisamente invertito rotta, lasciando spazio a un 2024 fatto più di contrazioni che di ondate verdi. Forse è il momento di interrogarsi seriamente sul futuro di un comparto che, tra utopie ecologiche e realtà di mercato, fatica a trovare la sua strada.

European Bioplastics, la capacità produttiva mondiale di bioplastiche è sprofondata dal 68% al 58% nel 2024. Non stiamo parlando di un lieve declino, ma di un vero e proprio tonfo del 10%. E gli investimenti? Nel 2018 si sognava una capacità produttiva oltre i 2,6 milioni di tonnellate entro il 2023, ma la realtà è implacabile e ci ha “regalato” appena 2 milioni, con un calo del 25% rispetto alle aspettative.

Per il 2025, la situazione non promette nulla di meglio: una stagnazione quasi garantita nella produzione di oggetti compostabili made in Italy. Da un lato, i consumi finali saranno a malapena in crescita, tanto da non poter compensare la decrescita. Dall’altro, si continua a convivere con un’invasione di sacchetti illegali, stimati intorno al 27%, senza contare la dilagante moda dello ‘pseudo-riutilizzabile’ che, ovviamente, non aiuta nessuno. Le uniche luci in fondo al tunnel sono fiocche e si accendono appena nel segmento degli ultraleggeri, mentre tutto il resto langue nel pantano della crisi. E pensare che il PPWR, quel regolamento che doveva rilanciare il compostabile, potrà mostrare i suoi effetti solo nel medio termine, sempre che i vari Stati membri, a cominciare dall’Italia, decidano di applicarlo seriamente.

Luca Bianconi, il presidente di Assobioplastiche, ci regala un ritratto tutto in chiaroscuro di questo scenario: dopo anni di crescita ininterrotta, il 2023 è stato un disastro, e il 2024 appena sufficiente con quel “timido rimbalzo” che fa quasi tenerezza. Ci sono “fattori distorsivi” che bloccano la ripresa, dice Bianconi, e sono quelli che tutti conoscono bene, ma che sembrano non interessare proprio nessuno: il boom dei sacchetti illegali e delle stoviglie ‘pseudo-riutilizzabili’. Che dramma! Tra l’altro, a soffrire sono pure le aziende italiane, vittime sacrificali di quel dumping feroce che arriva dall’Estremo Oriente con shopper a basso costo e qualità discutibile.

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