Ah, il favoloso mondo della politica locale, dove la novità è un tuffo nel passato. Piero Bitetti, che compirà 52 anni a novembre – non proprio un giovane rampante, sia chiaro – ha finalmente messo sotto la sua implacabile amministrazione la città di Taranto. Classe ed esperienza, ci dicono: ex ufficiale della Marina, avvocato, papà modello (per essere politicamente corretto, ha sposato la collega Giulia, funzionaria amministrativa, così ci tiene a specificare la cronaca). Due volte presidente del consiglio comunale, assessore, consigliere… insomma, il più navigato dei vecchi volponi tarantini. Un curriculum perfetto per governare la città che, poverina, è ridotta così male da meritarsi quasi sempre gli ultimi posti in ogni classifica degna di nota.
Un compito semplice, insomma: riportare il “pride” di Taranto, o come si dice in tempi moderni, rianimare un cadavere dimenticato. Lo farà, bontà sua, forte del suo bagaglio di esperienze e – cosa fondamentale – della promessa di circondarsi di una squadra competente. Niente improvvisati, grazie! Finalmente qualcuno che conosce il settore, o almeno così vorremmo credere.
Dall’ex Ilva ai rifiuti: la lenta agonia di Taranto
Il grande elefante nella stanza è, come da copione, l’ex Ilva. Una questione colossal che, guarda caso, riesce a oscurare persino quei fastidiosi problemi quotidiani con cui ogni tarantino deve fare i conti. La città è un capolavoro di incuria: sporca come non mai, la raccolta differenziata è un concetto che fatica a decollare (come da decenni ormai), e la tassa sui rifiuti? Ma certo, perché l’aumento è un rito sacro da rispettare annualmente.
Le opere pubbliche, dal canto loro, si prendono tutto il tempo del mondo. Se la promessa era “cinque mesi”, la realtà si sbellica e arriva largamente al triplo – e se qualcuno azzarda a lamentarsi, si sente subito risponderelogico che ”la qualità richiede tempo”. Nel frattempo, la città si è dichiarata “ospitale” e sogna di diventare meta turistica per tutto l’anno. Missione impossibile, a meno che non si consideri attrattiva una spiaggia semi-abbandonata dove a metà giugno le suppellettili balneari hanno prezzi da capogiro e le spiagge libere sono ancora immerse in una coltre di immondizia.
La gloriosa carriera tra marina e politica
Il fiore all’occhiello del neo sindaco sarebbe la sua quasi trentennale esperienza tra gli uffici pubblici e le stanze della politica cittadina. Un patrimonio prezioso, sicuramente, considerando che chiunque abbia seguito le cronache degli ultimi decenni di Taranto conosce bene come sono andate a finire le varie amministrazioni piuttosto navigatedi cui Bitetti è stato parte integrante: un fantastico intreccio di promesse mai mantenute, rimpalli, e soprattutto un radicale immobilismo mascherato da “buon governo”.
Insomma, se la speranza è l’ultima a morire, a Taranto qualcuno ha già prenotato la camera d’albergo per l’aldilà. Ma niente paura, il sindaco Bitetti è qui per dare “una svolta”. Peccato che la svolta abbia la stessa velocità delle opere pubbliche: lentissima e confusa, con qualche inciampo di troppo.
Taranto, tanto elettori quanto semplici spettatori della scena, si stanno arrovellando nell’attesa che questo veterano non trascuri solo le urgenze governative da salotto, ma anche quei piccoli grattacapi quotidiani che affliggono il popolo.
La sua formazione militare è un vero gioiellino: dai 20 ai 23 anni si è fatto le ossa in Marina, per poi congedarsi con il suo sfarzoso grado di sottotenente di vascello. Poco dopo, la gloria accademica lo ha finalmente raggiunto, grazie a una laurea in Scienze dei servizi giuridici ottenuta… telematicamente, ovviamente, dopo la maturità da geometra. Che avventura!
Nel 2005 ha messo piede per la prima volta in qualità di consigliere comunale: da allora, sorprendentemente, non ha più abbandonato il Palazzo di città. Per non farsi mancare nulla, a 37 anni è sbarcato pure in quello del governo provinciale come consigliere. Ha indossato diversi cappelli, da presidente del consiglio comunale (ben due volte) a assessore che ha toccato temi quali politiche del lavoro, polizia municipale e protezione civile. Decisamente multitasking. Magari riuscirà a conciliare questo incessante girovagare istituzionale con il suo altro lavoro in un’azienda del settore carni: un connubio perfetto, non c’è che dire.
A febbraio scorso ha dato il meglio di sé, firmando la sfiducia a un ex sindaco, Rinaldo Melucci. Dici ‘firma dei 17’, ma in realtà è sembrato più l’ideatore occulto dell’operazione. Il tutto è maturato dopo che, con un colpo di scena degno di un romanzo giallo, è stato estromesso da presidente dell’assemblea per un «atto ostile e in spregio alle istituzioni», parole sue, mica mie. Ovviamente, niente di personale, solo il robusto gioco della politica.
In campagna elettorale la sua parola d’ordine era un poco magnetica: «Insieme, andiamo a vincere». Dei sei aspiranti sindaco, lui era quello con più esperienza e un talento innato per il contatto con le persone, abilità sfoggiata con grande entusiasmo e un pizzico di improvvisazione che stava quasi per sembrare spontanea. Alla serata di inaugurazione del suo comitato elettorale, davanti a una folla raccolta in via Di Palma, non ha resistito alla tentazione: è salito su una sedia per essere visto e udito fino all’ultima fila. Un momento memorabile, senza dubbio.