Finalmente un record da festeggiare, o almeno da guardare con un sorriso amaro: la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ha superato nel 2024 per la prima volta la fatidica soglia dei 6.000 miliardi di euro. Non stiamo parlando di qualche spicciolo messo da parte sotto il materasso, ma di un vero e proprio impero di soldi che, nonostante tutto, continua a crescere senza sosta.
Il totale dei risparmi accumulati in strumenti finanziari – conti correnti, titoli, azioni, fondi comuni, polizze assicurative – ha raggiunto la cifra monstre di 6.030 miliardi di euro, aumentando di ben 249 miliardi rispetto al 2023. Per mettere le cose in prospettiva, si tratta di un incremento del 4,3% in un solo anno. E se guardiamo al periodo pre-pandemia, precisamente al 2019, scopriamo che il salvadanaio degli italiani si è riempito di 1.367 miliardi in più, un balzo del 29,3%. Evidentemente, le famiglie hanno più soldi o – perché no – temono più il futuro.
I fondi comuni d’investimento, la nuova passione degli italiani
La vera star del 2024, però, sono i fondi comuni di investimento, che balzano del 17,6%, passando da 722 a quasi 850 miliardi di euro. È come se improvvisamente gli italiani avessero deciso di smettere di conservare i soldi sotto il tappeto e di scommettere su strumenti finanziari più sofisticati, dinamici e, ovviamente, rischiosi. Tutto questo in un contesto di rendimenti ancora invitanti e di una rinnovata voglia di avventura. Certo, c’è anche chi, con ancora qualche brivido, si è buttato sui titoli di Stato e sulle obbligazioni, che grazie agli ultimi aumenti dei tassi e alle emissioni per piccoli risparmiatori, passano da 431 a 493 miliardi (+14,3%). Un vero e proprio ritorno di fiamma per il debito pubblico italiano, così appetibile da attirare persino i più prudenti, grazie ai rendimenti più succulenti e a formule studiate per chi non vuole rischiare troppo.
E le polizze assicurative? Anche loro tornano protagoniste con un +4,3%, sfiorando quota 1.130 miliardi, recuperando terreno dopo anni da pendolo instabile. Quanto alle azioni, l’incremento sembra modesto: da 1.738 a 1.755 miliardi (+0,94%), circa 17 miliardi in più che raccontano però di una borsa che, nonostante la solita volatilità, tiene botta senza troppi drammi.
La liquidità parcheggiata nei conti correnti e depositi cresce solo leggermente (+1,02%) attestandosi a 1.593 miliardi. Certo, non è un’esplosione come quella vista ai tempi della pandemia, quando l’incertezza e la scomparsa dei consumi facevano sembrare più prudente bloccare il denaro sul conto. Adesso, evidentemente, gli italiani ricominciano a spostare i soldi verso strumenti che almeno promettono qualche rendimento. Chi delude, invece, è il comparto “altro” – tra prestiti vari, derivati e conti esteri –, che cala dell’8,1%, scendendo da 225 a 206 miliardi. Insomma, c’è una vera e propria fuga da strumenti marginali o meno tradizionali.
Nel complesso, questi numeri non lasciano spazio a illusioni: la tendenza è chiara e strutturale. Gli italiani stanno mollando carta e contanti per giochicchiare con prodotti finanziari più complessi, diversificando come mai prima d’ora. Meno solidità visibile, più sofisticazione nelle scelte. Che sia saggezza o la disperata ricerca di qualche rendimento decente in un mercato incerto, quello che emerge è un popolo che, tra un colpo di scena e l’altro, prova a non farsi sorprendere impreparato. Ironia della sorte, in un Paese dove l’arte dell’investimento sembrava da anni un tabù, l’azionario e i fondi comuni festeggiano più di banche e contanti.
Il 2023 è stato un bel freno a mano tirato, con prezzi alle stelle e inflazione che ha fatto sparire risorse come neve al sole. Ma ecco il 2024, anno della riscossa della liquidità: da 1.577 miliardi a fine 2023 si sale a 1.593 miliardi di euro, con un incremento strepitoso di circa 16 miliardi, cioè praticamente l’1%. Incredibile come piccoli progressi siano oggi motivo di festeggiamenti.
Ad alimentare questa crescita è la liquidità parcheggiata nei conti correnti, che passa da 1.139 a 1.152 miliardi (+1,1%), mentre le furbate sotto forma di depositi vincolati salgono sì, ma di un misero 0,85%, da 438 a 442 miliardi. Insomma, il denaro non brucia più tanto le mani come una volta… o forse è solo più pigro.
Nel frattempo, assistiamo al ritorno in grande stile degli amanti del rischio moderato: azioni e obbligazioni fanno il balzo da 2.169 miliardi a 2.247 miliardi, guadagnando ben 80 miliardi. E qua il bello: 16,3 miliardi di questi nuovi investimenti vanno in azioni, segno che il mito del “rischio = rendimento” torna a mietere consensi, mentre le obbligazioni, soprattutto quelle a medio-lungo termine, fanno uno scatto vigoroso del 14,3%, passando da 431 a 493 miliardi di euro. Numeri che chiamano in causa una strategia più raffinata di gioco finanziario, tutto sommato.
Parlando di dettagli, i titoli obbligazionari a medio-lungo termine spostano 60 miliardi da 398 a 458 miliardi (+15,1%), e quelli a breve termine non vogliono essere da meno, passando da 32,9 a 34,6 miliardi (+4,8%). Un’apoteosi di numeri che dimostra come i risparmiatori tentino di ritrovare un equilibrio in un mondo dove l’azzeramento dei rendimenti è la nuova normalità.
Dal conto corrente alla borsa: un terzo del risparmio è in azioni, un quarto rimane liquido
Le famiglie italiane oggi non stanno più a guardare. Il risparmio muta forma e assume quella di un guerriero strategico, non più di un lamentoso spettatore. A dominare la scena sono le azioni, che ora rappresentano il 29,1% del totale con 1.755 miliardi di denaro a caccia di emozioni, un salto considerevole rispetto al 21,7% del 2019. Nel frattempo, il liquido, quell’amato contante e depositi, scende dal 31,1% di cinque anni fa a poco più del 25% ora, come se dire “meglio un po’ di rischio che lasciarli morti lì”.
Quindi, addio al divano sicuro e abbracci ai mercati finanziari. E questo nonostante la geopolitica ci propini ogni giorno nuovi incubi! La cifra persa in emozioni “liquide” si aggira intorno a 250 miliardi, tutti finiti in investimenti un po’ più allettanti, sperando che almeno non scompaiano nel nulla.
I titoli di Stato si rifanno il look
Non è passato inosservato nemmeno il ritorno dei titoli di Stato, quei vecchi amici forse troppo sottovalutati nelle ultime stagioni. Con il rialzo dei tassi d’interesse, i Buoni del Tesoro diventano di nuovo star del palcoscenico, con una quota salita all’8,2%, quasi tre punti in più rispetto al pre-pandemia. Una prudenza tutta italiana, benvenuta come un vecchio maglione d’inverno, che vede il lungo termine come la vera salvezza, visto che il 90% degli investimenti obbligazionari bancabili punta proprio lì.
Le polizze assicurative però non riescono a tenere il passo: calano dal 23,9% del 2019 al 18,8% nel 2024, pari a 1.132 miliardi, segno che neanche le vecchie garanzie fanno miracoli quando i rendimenti latitano. E i fondi comuni rimangono lì, stabili, né carne né pesce, mentre il risparmio finalmente si muove verso una nuova, seppur timida, maturità.
Lando Maria Sileoni, il segretario generale della Fabi, ci regala una perla di saggezza sulla condizione del risparmio delle famiglie italiane, definendolo “una colonna portante del nostro sistema economico e finanziario, un’ancora sociale”. Un patrimonio smisurato, dice lui: oltre 6.000 miliardi di euro, frutto di quella laboriosità e prudenza che sembra abbiano blindato il conto bancario del Paese, ma che chiede – udite udite – “attenzione e tutela”.
Eh già, perché questo tesoro, anziché lasciarsi andare serenamente al mare del laissez-faire, pretende un “indirizzo strategico” e una “visione”. Pare infatti che non basti tenerlo sotto il materasso o impilato negli istituti di credito: bisogna proprio orientarlo, con “intelligenza e lungimiranza”, senza però dimenticare la sicurezza del cittadino, ché la bolla speculative sarebbe come quel perfido zio che a festa rovina l’armonia.
Nel bel mezzo di questo palcoscenico di roboanti dichiarazioni, spicca l’elogio alle “lavoratrici e ai lavoratori bancari”, ben 300.000 anime pie che quotidianamente garantiscono “affidabilità, prossimità e competenza”. Insomma, loro sono i valorosi custodi di un rapporto di fiducia tra famiglie e sistema del credito, quasi degli eroi silenziosi che devono essere presidio e fulcro della nuova sfida chiamata “educazione finanziaria diffusa”.
Sileoni aggiunge che bisogna investire nella formazione, d’accordo, ma non solo tra le mura fredde delle banche: no, no, serve una rivoluzione educativa che arrivi fin nelle scuole, nelle università e nella “società civile”. Ovviamente, bisogna correre, non si può aspettare il domani, perché “una democrazia forte si misura anche dal livello di conoscenza economica dei suoi cittadini”.
Non manca poi la stoccata finale: una banca degna di questo nome “è quella che mette tutte le persone al centro”, e, attenzione, che “valorizza il capitale umano e non lo sostituisce con un algoritmo”. Un vero e proprio manifesto anti-robot in piena era digitale, quasi a suggerire che i numeri del conto corrente dovrebbero essere manovrati da esseri umani, non da freddi codici.
E la politica? Secondo il segretario della Fabi, dovrebbe farsene sempre un cruccio, perché senza risparmio “non c’è futuro”, e senza quei 300.000 lavoratori bancari “quel risparmio non avrebbe né direzione né valore sociale”. Insomma, un grido di allarme intriso di ironia involontaria, visto che mentre si loda la prudenza della gente, i numeri non si muovono di un punto percentuale in cinque anni. Suggerimento finale: avanti con l’educazione finanziaria, prima che qualcuno decida di trasformare quel patrimonio in un bel gioco d’azzardo speculativo.