Provincia in subbuglio: l’assessore di FdI ordina via la bandiera arcobaleno perché, sorpresa, non si sente rappresentato

Provincia in subbuglio: l’assessore di FdI ordina via la bandiera arcobaleno perché, sorpresa, non si sente rappresentato
Alto Adige sembra la nuova soap politica locale. Da un lato, il presidente Arno Kompatscher, dall’altro il suo vice meloniano, Marco Galateo, che non ne può proprio più di quella bandiera, tanto da evitare la sala stampa finché quell’orrenda bandiera non sparisce. Una dichiarazione di amore per i diritti Lgbt? Macché, solo un modo garbato per dire “state calmi che qui comandiamo noi”.

Galateo, che ha letteralmente snobbato le conferenze stampa che seguono ogni riunione della giunta provinciale, ha fatto capolino il 12 giugno per presentare il progetto dei Poli Educativi Territoriali. Indovinate un po’? Niente arcobaleno, solo le solite bandiere dell’Unione Europea, d’Italia e della Provincia autonoma di Bolzano. Un piccolo sorriso ai nostalgici e un chiaro messaggio: i miei collaboratori rispettano il “santo protocollo” del Ministero dell’Interno.

Curioso che questa mossa ben coordinata sia avvenuta proprio mentre Kompatscher era impegnato a Roma a discutere della riforma dello Statuto d’autonomia, lasciando il campo libero al suo vice per mettere ordine tra le bandiere. Naturalmente, dopo la conferenza, l’arcobaleno ha fatto il suo trionfale ritorno, perché si sa, lo show deve continuare.

Marco Galateo tronca ogni possibile equivoco con una perla di saggezza:

“Ho chiesto al mio staff di attenersi al protocollo del ministero dell’interno per evitare incidenti sulle bandiere, viste le recenti polemiche su fasce tricolori e bandiere, proprio nel giorno in cui il presidente era a palazzo Chigi per il Consiglio dei ministri in occasione del passaggio sullo Statuto di autonomia.”

La logica impeccabile di Galateo prosegue: la rimozione temporanea della bandiera arcobaleno non significa rinunciare a battersi contro le discriminazioni né a garantire a tutti la libertà di esprimere pensieri e dissenso. Un messaggio di rispettosissima tolleranza, condito da un elegante “io la penso diversamente, ma tanto vale lavorare insieme”. Mentre all’entrata del palazzo riecheggia appena, sottovoce, il verso delle bandiere arcobaleno.

Inutile dire che la querelle sulle bandiere arcobaleno in Alto Adige non è altro che la dimostrazione di una politica che sa come mantenere alte la tensioni e la confusione, pur declamando valori come inclusività e rispetto. Nel frattempo, il Pride Month procede, la bandiera torna e va via, e qualcuno nel frattempo continua a evitare la sala stampa con una grazia degna di un ballerino di flamenco sotto effetto di una bomba di caffè.

È così evidente da poter essere ammirato da chiunque passi di là: un bellissimo banner arcobaleno, orgogliosamente esposto senza che nessuno osi fiatare. Certo, Galateo ci tiene a precisare che non gli fa né caldo né freddo, perché ovviamente “non mi rappresenta, non mi piace”, ma, attenzione, ha quella delicatezza d’animo tipica di chi “rispetta le idee di chi non la pensa come me”.

Davvero un esercizio di tolleranza degno di nota, condito da quel classico equilibrio da perfezionista del disinteresse: vedo, non mi piace, ma faccio lo gnorri. Un vero manifesto di civiltà contemporanea, in cui ammettere a malincuore un simbolo per cui non provi alcun affetto diventa la nuova frontiera del rispetto.

Ci si potrebbe aspettare che, in un mondo civile e aggiornato, il semplice atto di esporre un banner contro ogni forma di discriminazione non debba essere un evento degno di una dichiarazione pubblica, ma evidentemente non siamo ancora arrivati a quel livello di banalità condivisa.

L’accordo di coalizione: un capolavoro di pragmatismo e coerenza

Ah, ma non è tutto. Quando il nostro illuminato governatore Kompatscher viene stuzzicato sull’argomento, si lancia in un’esegesi delle più profonde che sembra uscita da un manuale di politica per principianti: «La partecipazione al Pride Month corrisponde a un passaggio nel nostro accordo di coalizione che dice che noi attivamente lavoriamo contro qualsiasi forma di discriminazione, anche per quanto riguarda i temi dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. Così come già l’anno scorso.»

Macché, niente di nuovo sotto il sole. Un rituale annuale, un mantra da ripetere a memoria, l’attestazione di una politica sociale che fa tanto spettacolo ma pronuncia poco.

Chiaro, viviamo in un mondo dove la libertà di pensiero è sacra («Uno trova più utile o meno utile l’esposizione di bandiere»), ma giusto per chiarire da che parte stanno le cose: «noi lo facciamo perché lo riteniamo importante».

Tradotto, il paese segue la regola dell’”io rispetto, ma faccio comunque come voglio”. La magica simmetria dell’ipocrisia politica vivente.

Insomma, una narrazione perfetta per chi vuole apparire al passo coi tempi senza perdere la tranquillità di non fare davvero niente di concreto. Maschere arcobaleno per nascondere la solita impalpabile gestione del problema, che resta lì, bello impacchettato ma pronto a scomparire alla prima folata di vento politico.