Insomma, niente pizze in faccia o normali litigate da bar: qui si parla di minacce di morte e mani al collo che sfiorano il tango del soffocamento. Una scena da non credere, soprattutto in un contesto istituzionale così pacato come quello locale… o almeno così vorremmo farci credere.
Mai uno spiacevole siparietto del genere era capitato tra le mura del potere cittadino. La domanda che aleggia, tra occhi bassi e silenzi imbarazzanti, è ovviamente: «Cosa sarà mai successo per scatenare tanta brutalità?» Forse un dibattito sul colore della bandiera o sulla scelta del caffè in mensa. Il giallo resta fitto, avvolto in un silenzio quasi militare dignitosamente rispettato da tutti — nei limiti del possibile.
Chiunque abbia assistito a quanto avvenuto nei pressi degli uffici comunali ha potuto constatare la rapidità dell’attacco, un’azione così fulminea che ha fatto parlare persino di tentato omicidio. L’aggressore, successivamente smascherato e preso di mira dalle autorità, ha dimostrato un’ammirevole vena artistica nel tentare di strozzare un consigliere politico nel cuore stesso della democrazia bellunese.
Secondo poche, vaghe testimonianze, l’aggressione sarebbe scaturita da un “impeto di rabbia”. Che poetico! Chissà se era un diverbio su questioni vitali come la scelta della moquette o magari rancori accumulati nel tempo come le cartelle di tasse non pagate. Il dubbio rimane, perché nessuno si è degnato di spiegare i motivi di tanta violenza verbale e fisica.
L’assessore alla sicurezza comunale, Raffaele Addamiano, ha scelto di andare sul diplomatico e rassicurare tutti con la frase (che trasuda sicurezza istituzionale):
«Lasciamo che le forze dell’ordine facciano il loro lavoro»
In fondo, secondo lui, Palazzo Rosso rimane un luogo sicuro, un’oasi di pace dove solo occasionalmente qualcuno si dimentica di portare la buona educazione, preferendo il brivido di un’aggressione poco ortodossa. Fantastico, vero?
Non ci illudiamo: questo episodio non cambierà di una virgola la nostra splendida realtà.
Le indagini, partite con la denuncia sporta dall’illustre Stefani in Questura a metà maggio, si sforzano di scoprire cosa diavolo abbia motivato il nostro eroe dell’aggressione. Gli “illuminati” inquirenti cercano di ricostruire i momenti precedenti al fatidico scontro, grazie a testimonianze raccolte tra i meravigliosi astanti di Palazzo Rosso. Alcuni consiglieri, ovviamente sconvolti come se fosse la prima volta che succede qualcosa del genere, non riescono proprio a darsi una spiegazione. Il nostro valoroso Stefani, il cui stato emotivo è un libro aperto (ma rigorosamente senza parole), ha mantenuto il massimo riserbo sull’identità dell’aggressore, affidandosi con fiducia cieca alle forze dell’ordine e agli illuminati avvocati. Ha osato definire il gesto agli amici come «grave e preoccupante», la solita understatement per tranquillizzare l’ambiente.
Sembra addirittura che la Procura stia pungolando le ipotesi più rosee: dalle lesioni personali fino all’inevitabile tentato omicidio, che ovviamente sarà dosato a piacimento in base alle perizie mediche e alle testimonianze – roba da far invidia ai migliori thriller giudiziari. Se i fatti dovessero confermarlo, potremmo assistere a un processo che farà sobbalzare persino chi ha visto tutto questo come ordinaria amministrazione.
In città, il fatto è stato accolto come un meteorite: nessuno se lo aspettava, tantomeno nel sacro tempio del rappresentare il pubblico, dove si dovrebbe perlomeno fingere un po’ di serietà. Il clima di sicurezza? Ah, quella vecchia e cara chimera, soprattutto per chi tiene a cuore il benessere di sindaci, assessori e consiglieri assortiti. Nel frattempo, il silenzio tombale avvolge pezzi chiave del caso: cosa ha realmente acceso la miccia di quel lampo di ira? Un lampo isolato, o solo la punta dell’iceberg di rancori mai dichiarati? A queste scabrose domande cercherà di rispondere un’inchiesta già promessa lunga, difficile e – diciamocelo – infarcita di quei colpi di scena che piacciono a tutti. Per ora, un’unica certezza: Palazzo Rosso non è più lo stesso e l’aria lì dentro puzza di rivoluzione… o forse solo di tanta, tantissima ipocrisia.