Costruire il Ponte sullo Stretto? Scordatevi pure di farlo senza il benestare della ’Ndrangheta

Costruire il Ponte sullo Stretto? Scordatevi pure di farlo senza il benestare della ’Ndrangheta

Costruire il Ponte sullo Stretto di Messina senza che la ’Ndrangheta ci metta lo zampino? Ah, certo, e io sono la regina d’Inghilterra. Parola di un esperto con anni di esperienza nelle indagini antimafia, Beniamino Fazio, direttore della DIA di Catanzaro. Un messaggio chiarissimo, soprattutto per chi ancora credeva nella favola di un progetto infrastrutturale pulito come una vergine. Questo mentre il ministro Matteo Salvini continua imperterrito a puntare tutto sul Ponte come se fosse la soluzione a ogni male nazionale.

Il Ponte è da sempre un argomento divisivo, capace di far litigare famiglie e intere regioni. Ma ora la tensione si sposta ben oltre i comitati cittadini e atterra direttamente in parlamento, con il Quirinale che ha pensato bene di stoppare la norma contenuta nel cosiddetto decreto Infrastrutture: quell’escamotage brillante che voleva bypassare i controlli antimafia affidandoli a una fantomatica “Struttura per la prevenzione” dentro il Ministero dell’Interno. Immaginate la fantasia burocratica.

Non bastasse, è arrivato pure il presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, a ricordarci che per opere di queste dimensioni sarebbe meglio sapere almeno quanto costano davvero e soprattutto aumentare le verifiche. Si perché, sorpresa, non basta fare le passerelle con i tecnici: quando il gioco si fa duro, servono controlli serrati, soprattutto su appalti e subappalti. Ma forse questo era troppo ovvio per chi sogna ponti e miracoli, invece che trasparenza.

L’allarme mica tanto silenzioso di Fazio e il peso dell’‘Ndrangheta

E proprio su questi aspetti cruciali è arrivato il monito forse poco gradito di Beniamino Fazio, l’uomo che quotidianamente si scontra con il fenomeno mafioso calabrese. Alla recente relazione annuale della sua Direzione Investigativa Antimafia, ha avuto la gentilezza di ricordarci che la ‘Ndrangheta sullo Stretto non è un ospite occasionale, ma una presenza radicata e feroce da sempre.

Citazione d’obbligo: “Gli appetiti della ‘Ndrangheta sono fortissimi da sempre sullo Stretto. Se pensate che il Ponte possa essere costruito senza che queste cosche mettano lo zampino, ve lo potete levare dalla mente. Lo Stretto non è un territorio qualunque: parliamo di un’influenza pesantissima che coinvolge non solo i soliti militari ma anche i livelli superiori, quelli che contano davvero. La presenza della ’Ndrangheta a Villa San Giovanni, per esempio, è imponente e non si tratta di un problema locale.”

Non illudiamoci: le ‘cosche’ non sono mica quelle di una volta, piccole combriccole di malavitosi forti solo di spranghe e fucili. Parliamo di una organizzazione che gestisce affari, politica e, ciliegina sulla torta, logge massoniche. Messina poi è il parco giochi di tre mafie diverse: i barcellonesi con il loro legame palermitano, i santapaoliani catanesi, e ovviamente la ‘Ndrangheta al centro, per non farsi mancare nulla.

Un panorama mafioso da manuale: dalla strada alle sale dorate

Fazio, che conosce bene anche la DIA di Reggio Calabria, ci regala un quadro completo da manuale. Da una parte, il “livello periferico e marginale” con cosche che soffocano il territorio come una morsa ossessiva. Dall’altra, quella élite in giacca e cravatta che non suda mica per fare il lavoro sporco ma per affari e potere, la vera “dimensione affaristico-imprenditoriale” della ‘Ndrangheta.

E come se non bastasse, c’è il tocco finale: le logge massoniche. Per più di trent’anni, la ‘Ndrangheta usa queste strutture per tessere relazioni con istituzioni corrotte, politici e imprenditori complici. Un vero e proprio salotto buono del malaffare, insomma.

Dunque, se ancora pensate che costruire il Ponte sullo Stretto possa avvenire senza che la malavita organizzata ci metta tanto di firma, forse vi state raccontando una bella favola a cui nessuno crede più. E mentre la politica continua a fare il tifo per questa gigantesca opera pubblica, la realtà rischia di diventare un colossale anfiteatro per il peggio del nostro Paese. Ma tant’è: si costruisce, e poi si vedrà… o forse no.

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