Quando i leader si perdono nei numeri per sconfiggere il nemico e la matematica diventa solo un’opinione personale

Quando i leader si perdono nei numeri per sconfiggere il nemico e la matematica diventa solo un’opinione personale

Che splendore il magico universo dei numeri, soprattutto quando escono dai referendum: una vera delizia per gli animi più inclini a interpretazioni creative. Ecco a voi, Giorgia, che dai suoi splendidi scranni continua imperterrita a brandire i numeri come se fossimo bambini che devono capire chi comanda davvero. Pari pari: si glorificano quei 13 milioni di votanti, un numero superiore ai miseri 12 milioni e qualcosa che portarono la tua coalizione alla vittoria alle elezioni del 2022. Quindi, per la sacra logica che lei adotta, sei… minoranza. Fantastico.

All’inizio quei numeri erano addirittura 15 milioni, poi magicamente scesi a 14, e infine 13, tenendo conto di quei No che, per inciso, sono diminuiti anche più dei sogni di gloria nel quesito sulla cittadinanza. Ma su, non facciamo troppo i pignoli, restiamo pure sul fatto che, dati alla mano, il governo potrebbe essere più contendibile di un posto a tavola alla vigilia di Natale.

E non pensate che la solita sinistra — Elly, Conte e Landini — stia zitta, eh no. Da destra arriva la solita bordata di numeri da circo: “Imparate almeno a far di conto,” sentenziano, sparando cifre a raffica che neanche una partita a Risiko. E poi, il ragionamento di Fratelli d’Italia è oro colato: se quei 13 milioni di votanti sono loro, allora tutti gli altri italiani che non si sono neppure degnati di andare a votare — ben 45 milioni, per chi conta ancora — sono, ovviamente, dalla loro parte. Sapete, perché lo hanno detto loro, mica noi.

Ovviamente, se sommiamo questi numeri, il risultato è un clamoroso 58 milioni, fantasiosamente superiore al totale degli aventi diritto che, a quanto pare, si aggira attorno ai 46 milioni, salendo a poco più di 51 milioni se contiamo anche gli italiani all’estero. Ma chi sono noi per mettere in discussione tali mirabolanti conteggi? Del resto, quei pochi che osano ricordarci che la matematica è una scienza, e non un’opinione, sono stati da tempo soppiantati da chi preferisce vincere medaglie immaginarie per creatività numerica, senza affaticarsi troppo.

Meglio prendere due piccioni con una fava: con un colpo solo, sul due piedi, senza nemmeno sudare, si può affermare di essere “assolutamente i numeri uno” e chi osa rispondere viene zittito dalle solite »verità» da quattro soldi. La politica, naturalmente, snobba anche la statistica e preferisce dire: “L’occupazione aumenta!”. Peccato sia vero solo se intendi i posti precari e instabili. Oppure “I poveri diminuiscono!”, almeno nella stessa dimensione parallela dove si contano i numeri senza alcun scrupolo di verità o coerenza.

Insomma, benvenuti nel circo numerico italiano, dove la realtà è sempre soggetta a manipolazioni più fantasiose delle migliori barzellette, e la verità? Quella, si sa, è solo un dettaglio. Ma tranquilli, se qualcosa non torna, c’è sempre qualcuno pronto a rovesciare i conti e a riproporli artefatti, perché, dopotutto, la realtà è sopravvalutata e la stupidaggine – quella sì – è un’arte.

Il Pil italiano cresce più velocemente della media europea. E come potrebbe non farlo? C’è il Pnrr a spingere, e comunque l’aumento è così minimo che sarebbe più impressionante se fosse nullo. Per non parlare poi delle vere e proprie imprese nelle elezioni comunali e regionali, un labirinto così intricato che neanche Teseo con il suo famoso filo ne uscirebbe vivo. Ma non pensate che l’aritmetica creativa sia un’esclusiva della politica economica o delle urne: è un’arte che si estende ovunque.

Quanti, ad esempio, hanno fatto festa al Circo Massimo per la vittoria dello scudetto della Lazio? Tra chi tira la corda da una parte e chi dall’altra, alla fine sembra che una valutazione incredibilmente generosa e iper-morbida premi la presenza di un milione e ottocentomila persone. Per quanto riguarda lo scudetto della Roma, le stime salgono come panettieri in piena crisi: due milioni, tre milioni, ma davvero? Forse siamo più vicini a tre milioni e mezzo, dai!

Sergio Cofferati, portavoce ufficiale del calcolo faraonico della Cgil, assicura che nei cortei contro Berlusconi c’erano tre milioni di persone, che poi hanno pacificamente confluire al Circo Massimo. La maliziosa questura di Roma, invece, ne ha contate “solo” settecentomila. Nel frattempo, nello stesso spazio sacro alle gesta delle legioni, gli organizzatori dei Family Day sono pronti a giurare davanti a tutti di aver radunato la bellezza di due milioni di partecipanti – un’iperbole talmente selvaggia da spingere i più cinici a parlare di bufala sotto acido.

E come ciliegina sulla torta, ci sono i maniaci della metrologia, quelli che si mettono a misurare il pubblico spingendo righelli e metri da sarta per decidere quanti metri quadrati abbia il Circo Massimo e quante persone si possano in teoria issare sulle gradinate. I calcoli oscillano tra 250mila e quasi seicentomila spettatori negli antichi spettacoli, ma oggi, con la gente che va e viene a piacere, qualsiasi cifra sembra legittima. Una volta, si usava la formula magica: quarantamila secondo gli organizzatori, quattromila secondo la polizia. Il divario era così abissale che nemmeno un rabbit hole avrebbe potuto spiegare.

Oggi, con giornali “indipendenti” che si limitano a sparare un virgolettato tipo: «Il signor Tizio dal palco ha detto: “Siamo trecentomila”», si è raggiunto l’apice della sobrietà giornalistica. Senza contare quella piazza cruciforme a Roma, perfettamente rettangolare, dove basta spostare il palco avanti o indietro per sparare cifre a casaccio, che farebbero impallidire perfino i matematici più rinomati.

Le statue degli apostoli, dall’alto, non possono far altro che imbarazzarsi, mentre la moltiplicazione dei pani e dei pesci si riduce a una pallida imitazione della realtà – o almeno di quella che piacerebbe raccontare. Che dire delle marce storiche, come quella dei quarantamila ai tempi dello scontro tra Pci e Fiat? Chi ha davvero contato quei numeri? Forse nessuno, ma il messaggio politico fu comunque chiaro come un’acqua limpidissima.

Citando un celebre dialogo del film Totò, Peppino e la malafemmina:

«Ecco le tue quarantamila lire, adesso siamo pari, ora prestamente ottantamila». «Ottantamila no, te ne do la metà, mi devi quarantamila». «Ma scusa, come ragioni? Quarantamila te le ho date, poi te ne ho chieste ottantamila, e tu me ne hai date solo la metà, sei tu che me ne devi quarantamila. Mio caro, la matematica non è un’opinione.»

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