Se le valli di Non e Sole hanno ottenuto oltre il 70% di voti favorevoli, ci si potrebbe chiedere che fine abbia fatto la lungimiranza di alcune comunità che hanno bocciato percorsi più rapidi per gli stranieri desiderosi di ricominciare la propria vita in Italia.
Ma evitiamo di essere troppo ottimisti: il flop del referendum sembra piuttosto avvalorare le politiche di centrodestra, come si vanta la coalizione. Secondo Mirko Bisesti, capogruppo della Lega, questo è un messaggio chiaro: «Gli italiani non vogliono allargare le maglie», dice lui, mentre nel frattempo il Trentino si rivela un mosaico di pareri discordanti, persino tra chi ha deciso di esercitare il proprio diritto di voto.
Se ci si aspettava che l’elettorato di centrodestra avrebbe affollato le urne, ora ci accorgiamo che anche a sinistra ci sono delle perplessità rispetto all’idea di ridurre a cinque anni il periodo di residenza legale necessario per ottenere la cittadinanza. La paura dello straniero continua a dominare, specialmente in Trentino dove, sebbene nelle valli di Non e Sole si registri un 70% di sì, c’è un nutrito gruppo di comuni che ha messo il bastone tra le ruote a chi cerca di costruire la propria esistenza qui. Fierozzo si distingue con il numero maggiore di voti contrari, seguono Bondone di Storo, Canazei e Palù del Fersina, dove i no hanno superato il 50%.
D’altra parte, il presidente della Camera di commercio Andrea De Zordo avanza un argomento interessante: «Gli stranieri sono una risorsa per l’economia del Trentino e devono essere supportati».
Non si può non notare l’ironia di una società che si lamenta della mancanza di manodopera quando, sorprendentemente, la natalità continua a scendere e le ambizioni lavorative sembrano alzarsi. Ma non c’è problema! Veniamo subito a sapere che ci serve manodopera, non solo per i lavori manuali, ma anche in tantissimi settori diversi. De Zordo ci sorprende con la rivelazione che «i lavoratori stranieri sono indubbiamente una risorsa». Ma, attenzione, questo non vuol dire che la cittadinanza sia necessaria per questo! Non è divertente come in questa danza di contraddizioni si chiarisca che non solo ci servono lavoratori, ma anch’essi possono restare stranieri a tempo indeterminato?
Continua De Zordo, per farci capire che, in fondo, l’imprenditore non si preoccupa di quanto sia dignitoso il lavoro offerto ai suoi dipendenti: «Non si possono valutare le questioni solo in base alla cittadinanza», ci informa saggiamente. Ah, la pragmatica crudezza della logica economica!
Parlare di cittadinanza italiana come se fosse un merito legato all’imparare un mestiere è quasi comico. Apparentemente, il vero requisito non è la titolarità della cittadinanza, ma chissà, la capacità di fare la persona responsabile e di scalare l’ineffabile montagna del miglioramento personale. Ma chi ci crede? Eppure, c’è di più: l’onnipresente disaffezione degli italiani verso la politica. Che sorpresa! Perché mai dovrebbero fidarsi di un sistema che facilita il riconoscimento di una cittadinanza, mentre latita su questioni di ben altra importanza?
Il nostro brillante protagonista, che si suppone nutra idee innovative, fa balenare la possibilità di un rinnovamento del sistema politico. Sì, perché per carità, cosa c’è di meglio che “svecchiare” un sistema già ingessato, e magari trovare soluzioni che parlino la lingua dei giovani. È così facile! Sarà sufficiente investire un paio di clic in più della tecnologia per rendere tutto funzionale e attraente. Il guaio è che questa attrazione sembra svanire come un miraggio nel deserto della realtà.
Passando al lavoro, Barbacovi si lancia in una riflessione sulla manodopera straniera, e qui la situazione si fa divertente. Siamo sicuri che il legame tra il sì schiacciante in Val di Non e la manodopera straniera sia così labile? A quanto pare, due terzi dei lavoratori stagionali è straniero, e indovinate un po’? Provengono da Romania, Polonia e Slovacchia. Ma non allarmiamoci, tutti noi sappiamo che l’agricoltura è una professione sacra e gli extracomunitari sono solo degli optional di lusso.
Ma ecco, la chicca finale: “Il decreto flussi! Che meravigliosa invenzione”. E perché non renderlo definitivo? Ma certo! Perché, in fondo, chi ha bisogno di stabilità quando puoi avere un voucher di tanto in tanto? A chi serve un’imprenditoria sana e fiorente quando puoi sperimentare i piccoli brividi della precarietà? I nostri imprenditori ringraziano, applaudendo con entusiasmo questa fantastica soluzione.


