Sicurezza a rovescio: in Veneto, cento aziende di canapa rischiano di chiudere mentre lo Stato esige il suo salario da chi si sente “fuorilegge”

Sicurezza a rovescio: in Veneto, cento aziende di canapa rischiano di chiudere mentre lo Stato esige il suo salario da chi si sente “fuorilegge”

Chi ha deciso di chiudere l’azienda o mandare a casa i lavoratori, grazie al nuovissimo decreto sicurezza che ha deciso di trasformare gran parte delle attività legali in una sorta di illegale bazar? La risposta è tanto semplice quanto tragica: chi andrà a coltivare all’estero, in posti come la Repubblica Ceca o la Francia, dove la canapa si può ancora coltivare senza sentirsi un criminale? E chi avrà il coraggio di praticare la disobbedienza civile, continuando le proprie attività nel panorama di una legge italiana che si sta divertendo a scrivere il futuro di interi settori con una penna di inchiostro invisibile?

Nell’attesa che una pur minima modifica venga a lenire le ferite inferte da questa scellerata interpretazione della legge, gli imprenditori della filiera della canapa stanno guardando con ansia all’Europa, sperando che arrivi a pronunciarsi su una legge che, in modo incredibile, riesce a rendere illegale una buona parte del loro lavoro.

Il governo, nel suo immenso spirito di “salvezza”, ha deciso di escludere tutti i prodotti ricavati dalle infiorescenze, anche in forme semi-lavorate, essiccate o triturate, e ovviamente qualsiasi estratto, resina o olio. Prima, la pianta si poteva utilizzare integralmente: fiori, semi, fusto, foglie e residui, per molteplici utilizzi come cosmetici, alimenti, bioedilizia e persino birra. Ma ora, la parte più pregiata della pianta, l’infiorescenza, è diventata un tabù, un oggetto proibito, autorizzando solo il florovivaismo professionale. Praticamente un grande “benvenuto” per i semi e la fibra, che da soli non sono quasi sufficienti a salvare la situazione.

Centodieci aziende venete, ben sistemate su circa 65 ettari, ora si trovano in ginocchio. Myall Lawrence, titolare di un’azienda agricola nel Veneziano, lancia la drammatica realizzazione: “Con l’approvazione del decreto sicurezza, abbiamo perso il 90% della nostra operatività. Pertanto, è inevitabile che volgiamo lo sguardo verso l’estero.” E così, il contratto di due dei suoi collaboratori non è stato rinnovato. Che bella faccenda, vero?

Ah, la canapa industriale, quel meraviglioso ecosistema di contraddizioni. In un colpo di genio, è stata proclamata una “serra” per chi, lontano da questi confini, ha deciso di piantare nuove varietà. La grande rivoluzione? Produrranno piante per uso fibra e seme da spedire all’estero, ma, sorprendentemente, senza la trasformazione. Certo, chi non vorrebbe avere un bel fiore che cresce per il gusto di farlo, giusto?

Ma aspettate! La gioia viene spazzata via dal decreto sicurezza, il quale ha avuto l’ardire di escludere il fiore della canapa sativa, riducendo tutto a qualche misero seme che, naturalmente, ha una redditività scarsa. L’imprenditore ha ragione, a meno che tu non sia una multinazionale latifondista che può permettersi di danzare felicemente nel mercato. Per le piccole realtà artigianali? È come dire che stanno seguendo il cammino verso la fine. Una situazione che meritava un confronto, ma ahimè, il dialogo si è rivelato completamente assente. Solo i colossi del settore giocheranno, mentre la piccola imprenditoria veneta si trova a barcollare, con tutto ciò che hanno costruito che sta lentamente crollando.

Interessante, vero? E non mancano nemmeno le voci dalle istituzioni, come quella dell’assessore Federico Caner, che ha espresso il suo disappunto durante la Conferenza delle Regioni. La “modifica” al decreto? Un’apertura solo per i semi agricoli, come se fosse una grande conquista. Sì, perché il governo continua a intrattenere colloqui che sembrano più una farsa che un vero tentativo di ascolto. Nel frattempo, ci sono circa cento imprese che, con un valore stimato di 75 milioni di euro all’anno, si trovano a dover affrontare questa “importantissima” novità.

E mentre il mondo si occupa di canapa, Lawrence mantiene accesa una luce di speranza, resistendo ai sequestri e ai ricorsi contro le revoche della SCIA. Stanno persino aspettando di vedere cosa dirà la Corte Europea, perché, a quanto pare, la legge deve trovare il suo spazio tra il serio e il faceto. E, in modo quasi comico, fa sapere che nonostante vengano dichiarati illegali, l’esatto momento in cui scade il trimestrale dell’IVA è sempre ben presente. Le tasse, però, quelle non mancano mai!

Il presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, si è unito alla danza, sostenendo che è fondamentale separare l’uso delle piante per prodotti alimentari dalle infiorescenze per sostanze psicotrope, come se fosse così semplice. Questo è il punto da vietare, lo sappiamo. Ma mi chiedo: sarà mai possibile una distinzione chiara? La speranza è che, tra una contraddizione e l’altra, riescano a trovare una soluzione dignitosa per la piccola imprenditoria, ma non ci contiamo troppo.

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