Sciabolata, partecipate e il PD: ecco l’ennesimo ente di controllo che non servirà a nulla

Sciabolata, partecipate e il PD: ecco l’ennesimo ente di controllo che non servirà a nulla

L’inchiesta ha messo K.O. i piani alti di Patrimonio del Trentino, con il capogruppo regionale Andrea De Bertolini che, con la tipica saggezza di chi sa di cosa parla, si lancia in un’analisi di quella meravigliosa “normalità” che è la corruzione: «In passato ci sono state vicende penali che hanno coinvolto questi enti; non è un fenomeno cronico, ma serve una riflessione sulle nomine». Ah, la riflessione, quella panacea per tutti i mali! Ma non basta che ci siano stati problemi?

De Bertolini sembra scappare dall’inchiesta “Sciabolata” come un gatto dall’acqua, non vuole in effetti entrare nel merito, preferendo invece un discorso alto e filosofico sul ruolo delle società partecipate. “Ampia”, dice lui. Non sembra un po’ un modo elegante di dire: “Ho altro da fare”? Ma si, chi ha bisogno di affrontare la realtà quando si può chiacchierare di aria fritta.

Patrimonio del Trentino è solo l’ultimo di una lunga lista di enti che hanno avuto contatti indesiderati con la giustizia, incluso Trento Rise o Trentino Network. Gli eroi della trasparenza si stanno chiedendo se non sia il caso di modificare il modello o di creare un ente di controllo. Scoperta! Perché nessuno aveva mai pensato di fare una cosa così “revolutionary”. “È un tema delicato”, dice, e noi aggiungiamo che “delicato” è un sottile eufemismo.

Ma non allarmatevi! Secondo De Bertolini, «le nomine nelle partecipate sono un tema scomodo e trasversale». Ebbene, perché mai dovremmo invitare i politici a non “evitare di affrontare apertamente” un tema così spinoso? Dopotutto, la corruzione non porta consenso, vero? È una gran bella scusa per rimanere in silenzio, e credetemi, nel mondo della politica sapersi tenere le mani pulite è più un’arte che una realtà.

La vera chicca? I “casi” che il nostro capogruppo menziona: “Ci sono stati alcuni casi”, afferma. Sì, “alcuni”. Come se ci fosse una giustificazione per la mafia delle partecipate a restare in piedi per così tanto tempo. Non è un fenomeno cronicizzato, ma ogni tanto esplode come un fuoco d’artificio, ed è sempre bello vedere un bel dibattito risorgere, anche se nullo nelle soluzioni.

In conclusione, chi ha bisogno di un ente di controllo quando i nostri ben amati vertici locali si dedicano a una crisi alla volta, mentre permettono che le “situazioni” si accumulino? I nostri enti pubblici sono “bracci operativi” del governo, certo, ma chi se ne frega? La vera domanda è: chi controllerà i controllori? E chi ha tempo per rispondere a domande così scomode quando si può semplicemente rimandare una riflessione interminabile?

Milioni di euro, è davvero un modello che funziona ancora? In Italia abbiamo una prassi che potrebbe sembrare lecita, quella del modello dello spoils system, dove le nomine dirette dalla politica si basano su criteri fiduciari e di merito. Peccato che questo sistema normativo, che ha reso il tutto legittimo, non si applica alle aziende partecipate. Eppure, per prassi, cultura e politiche, anche questi enti vengono gestiti con nomine fatte direttamente, senza alcun concorso. Oh, la meravigliosa inefficienza del sistema!

Ma sarebbe così auspicabile che ci fossero bandi pubblici? “In realtà,” dice qualcuno che ama vestire i panni della ragionevolezza, “credo sia accettabile comprendere questo modello di prassi, dove la cabina di regia delle nomine è affidata alla maggioranza. Ha una sua logica, nonostante le competenze dovrebbero sempre essere un presupposto fondamentale (ma chi se ne importa?).” Un nomina fiduciosa che ti permette di avere un interlocutore empatico è un concetto intrigante, peccato che rischi di degenerare in una congrega di yes men. E non dimentichiamo il grave rischio che queste nomine vengano usate come compensazione politica, per far quadrare quelle geometrie politiche che hanno la consistenza di un castello di carte.

Siamo di fronte a equilibri estremamente precari. La Corte Costituzionale, per esempio, riconosce lo spoils system come un modello lecito. Ma, sorprendentemente, si oppone alle logiche di occupazione del potere. C’è il desiderio di “eticizzare” questi ambienti, ma alla fine ci si limita a presidiarli con i soliti principi di legalità ordinaria. Complimenti!

E come mai dovrebbe essere? “È del tutto delicato,” ci avverte un esperto, “capire il confine tra controllo della Provincia e la società, che ha una sua autonomia. Ma è giusto riflettere su un ulteriore ente di controllo, che possa dare un coefficiente di sicurezza e fungere da moral suasion. Ha senso che ci si sieda tutti insieme a riflettere sul tema delle nomine. Momenti difficili come questi possono far crollare l’affidabilità della politica.” Certo, perché le partecipate non sono affatto un luogo di corruzione… ma, forse, un dibattito serio e trasversale potrebbe palesare qualche incongruenza.

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