«È evidente che ci sono dinamiche di portata ben più vasta di un paesino come il nostro», afferma Francesco Valduga, sfidante del presidente Fugatti alle ultime elezioni e portavoce dell’opposizione in Consiglio provinciale. Oh, grazie, genio! Chi l’avrebbe mai detto? Certo che l’Autonomia non ci allontana dalle turbolenze globali, lo dimostrano i molteplici aspetti del vivere quotidiano. Ma, salutiamo la direzione di un’Autonomia che dovrebbe almeno cercare di mitigare le tendenze destabilizzanti. Ma chi stiamo prendendo in giro? Queste affermazioni si rivelano più frasi fatte che azioni concrete.
Valduga, evidentemente grande esperto di indagini statistiche, è anche al corrente dei risultati delle Acli Trentine. I redditi si sono ormai livellati ai dati nazionali, e che ne è dell’eccezionalità che un tempo faceva brillare l’Autonomia? La vita in montagna è diventata una corsa in salita, e indovinate un po’? Anche il ceto medio, qui in Trentino, si sta impoverendo. Un panorama davvero splendido, non c’è che dire.
Consigliere Valduga, ma cosa potrebbe mai fare la politica trentina per arginare questa tendenza? «L’Autonomia dà la possibilità di provare esperimenti, anche piuttosto originali. Esiste la contrattazione provinciale. E se non possiamo aumentare i salari, possiamo almeno tentare di rendere la vita meno costosa. Così, per qualche magia, le cose diventeranno più semplici. Politiche per migliorare l’accesso ai servizi. Politiche per la casa, così gli affitti caleranno. E magari anche politiche per promuovere l’occupazione femminile, in modo che le famiglie possano contare su due stipendi anziché uno…».
Da quello scranno di opposizione, viene puntualmente accusato Fugatti di non avere una visione. Ah, certo, perché chi non sogna un mondo perfetto è decisamente un ignorantone! «Non sono tra coloro che credono che basti una legislatura per risolvere i problemi del mondo, così come non penso che basti una legislatura per commettere errori irreversibili. Ma è innegabile che abbiamo assistito a una serie di proclami del tipo “farò tutto ovunque” più formali che concreti. Quello che realmente manca sono riforme serie.»
Vanno benissimo i bonus una tantum e i premi per chi fa tanti bambini, ma ci chiediamo: perché gli immobili inutilizzati non vengono trasformati in asili nido? Va bene che noi viviamo di turismo, ma anche i dipendenti del turismo devono affrontare l’affitto e necessitano di servizi. E la montagna, posso dire la mia?
Certo, parliamo pure. «Non voglio sminuire i problemi della montagna. Ma l’analisi delle Acli è basata sui moduli 730. E onestamente, il 730 è solo uno di tanti indicatori che potremmo utilizzare per valutare la fatica economica e la coesione sociale e territoriale. Ricordo che ci abbiamo lavorato, quando ero nel Consiglio delle autonomie. E ricordo che tante forme di disagio, povertà e solitudine non vivono esclusivamente nelle valli, ma anche nelle città del fondovalle.»
Ha guidato il centrosinistra alle ultime elezioni. Non crede che l’impoverimento del ceto medio e il malessere economico che affligge molti siano tra le cause della crisi della sinistra? «È un paradosso. Meno la politica utilizza gli strumenti a sua disposizione per raggiungere risultati concreti, maggiore è la sofferenza. E più aumenta la sofferenza, più la gente si affida a chi enfatizza il problema senza mai risolverlo. Chi corre dietro alle urla populiste, poi finisce per disaffezionarsi e allontanarsi dalla politica. Poi, certo, qualche domanda, specialmente sulla comunicazione, ce la dovremmo fare anche noi».


