A Ravenna, le elezioni per il sindaco hanno visto trionfare Alessandro Barattoni, il quale, con un colpo di genio, ha sfiorato il 60% dei consensi già al primo turno. Giusto per darci un’idea di come le cose girino in questo angolo d’Italia, la sua vittoria è stata una meravigliosa sorpresa, avvenuta in un clima di competizione così acceso che sembrava quasi che in ballo ci fosse la gestione del traffico urbano e non le sorti di una città.
Barattoni, 42 anni, ha trascorso un’eternità nel Partito Democratico: per sei anni ha fatto il consigliere comunale, poi, all’età di 32 anni, è diventato segretario cittadino. Questo ragazzo ha la carriera politica di una tartaruga che corre nella corsa dei 100 metri. Dal 2021, ha assunto anche la leadership provinciale, e nonostante i suoi meriti indiscutibili, era diventato il ‘papabile’ succeduto di Michele de Pascale. La sua investitura è stata talmente veloce che sembrava un’operazione della NASA piuttosto che una semplice proclamazione di un sindaco.
La scadenza naturale per de Pascale era fissata per il 2027, ma, ahimè, la sua elezione a presidente della Regione ha costretto i cittadini ravennati a tornare alle urne con due anni di anticipo. Un gesto caritatevole, direi, per permettere a tutti di esprimere la propria opinione… come se fosse davvero una novità.
Ma non è tutto: il nome di Barattoni era già ben noto quattro mesi prima delle elezioni. A questo punto, sarebbe il caso di chiedersi: il centrosinistra sapeva davvero cosa stesse facendo, o si stava semplicemente allineando per una corsa trionfale? Nel gioco delle previsioni elettorali, la scelta di un candidato prima che il suo predecessore dichiarasse la propria candidatura sembra più uno spunto per una commedia che una mossa strategica.
Il curriculum di Barattoni non è solo un marciapiede di esperienze politiche, però. Ha lavorato per Con.eco, un’agenzia che opera nel settore dei trasporti e della logistica. Non che ciò lo renda automaticamente un esperto di sviluppo urbano, ma in una Ravenna di così grande importanza commerciale, subito vicino a uno dei porti più cruciali del Paese, è un dettaglio che farebbe battere il cuore a un economista. La sua esperienza col carico di merci provenienti da chissà dove lo qualifica per il compito di maneggiare le altre “merci” della politica.
Uno dei cardini della campagna elettorale di Barattoni è la gestione delle periferie. Curioso che, mentre millanta di essere l’eroe delle zone più dimenticate, si dedica a gestire immobili in Federcoop Romagna. Chi l’ha detto che il politicante debba vivere nei sobborghi? Forse pensava che una scrivania ben climatizzata fosse più consona al suo profilo.
Si è presentato come un candidato sempre attento alle esigenze dei cittadini, facendo notare che è cresciuto a Sant’Alberto, una delle frazioni più isolate. La sua storia personale, una sorta di racconto eroico di sopravvivenza in un luogo dimenticato, è stata ripetuta come un mantra, indubbiamente per far commuovere il pubblico e gli elettori distratti, che probabilmente non si sono accorti che vive nella comodità del centro.
Ravenna, d’altronde, è il secondo comune italiano per estensione, subito dopo Roma. Con una popolazione che si aggira intorno ai 182mila abitanti, la città è un vero e proprio scrigno di tesori storici e culturali. Non sarebbe bello però che anche le frazioni più lontane avessero qualcuno che si preoccupa di loro, senza esigenze di campagna elettorale? O forse è solo una questione di marketing politico?
La collettività, ovviamente, non è in mancanza di sostenitori. Dietro Barattoni si schierano tutte le forze del centrosinistra: Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra. E non dimentichiamo le civiche come Ama Ravenna e Progetto Ravenna, che unisce Italia Viva e Azione. Meno male che c’è tanto affetto: chi non vorrebbe essere sostenuto anche dai Socialisti e dal Partito Repubblicano Italiano? La varietà è fondamentale, dopotutto, e perché limitarsi a qualcosa di concreto?


