No, non stiamo parlando di un’infatuazione amorosa, ma di un sentimento profondo verso uno strumento musicale: la tromba. Roy Paci, il noto trombettista italiano, ha recentemente rilasciato un singolo intitolato ‘Tromba’, che lui stesso definisce una dichiarazione d’amore. Certo, perché chi non avrebbe una tale passione per un oggetto di metallo con delle valvole? A quanto pare, il brano non è dedicato a una persona, ma a una tromba, e chiunque conosca Roy sa bene che il suo unico vero amore è proprio quello. Non ci si stupisca che la tromba gli abbia dato “la vita” — cosa non fa per gli artisti, giusto?
Roy Paci, nel suo ultimo vodcast, racconta quanto sia stata fondamentale la sua tromba. Ha addirittura affermato che “può perforare il tempo”. D’accordo, ma forse è solo il suono che si fa sentire. Cresciuto in un paesino sperduto della Sicilia, ad Augusta, già all’età di 10 anni sapeva che il suo destino era legato allo strumento. E perché no? Chi non vorrebbe firmare il primo contratto da professionista a soli 13 anni? Sembra quasi un sogno, a meno che non ti chieda di suonare in un concerto con un milione di persone e tu preferisca i concerti per poche anime che hanno pagato per averti di fronte. Sì, perché il vero succo della vita musicale è sempre nei piccoli dettagli, non nei numeri. Scelta saggia.
Ma andiamo avanti. La canzone ‘Tromba’ non è solo un’inno all’amore per un oggetto, ma anche una riflessione profonda — o almeno così dice Roy. Un mix di ironia e denuncia sociale, come se avesse trovato la formula per salvare il mondo con una melodia. E chi non ama un po’ di pensiero profondo in una canzone di tromba? Chi ha necessità di testi che parlano di questioni quotidiane quando puoi suonare la tromba, giusto?
Il musicista poi ci delizia con storie di concerti che vanno da Manu Chao in Messico davanti a folle oceaniche a serate intime a Parigi, dove ha persino assistito a uno show “intimo” tra il pubblico mentre suonava. Non sorprende che un trombettista, “il più affascinante” di tutti i musicisti, possa attrarre tali situazioni piccanti. Oh, la vita sul palco deve essere qualcosa di straordinario, tra un brano e un altro.
Se non siete ancora convinti che Roy Paci sia più di un semplice artista, sappiate che ha anche una spiccata coscienza sociale. Con il suo impegno politico — perché che artista non ne ha uno al giorno d’oggi? — ha contribuito al Primo Maggio di Taranto. Ah, questa è l’opinione degli artisti: la politica è sempre brutta, ma noi siamo qui per “agire”. Non conta se hai cantato davanti a milioni; ciò che conta è il messaggio, perché così sono i veri eroi della musica.
Infine, Roy non teme di raccontare la sua storia, ricca di sfide e conflitti in una Sicilia problematica. Certo, vivere negli “anni pesanti” non deve essere facile, ma fortunatamente ha trovato la sua via d’uscita tra toni e melodie. Se pensate che una manifestazione come il famoso festival di Sanremo sia un obiettivo per lui, beh, vi sbagliate di grosso. Roy ha costruito una carriera di cui non ha integrato il festival nella lista delle sue ambizioni. Chissà, forse si sente troppo grande per quei palchi. Ma continuare il tour in tutta Italia? Quello sì che è un vero obiettivo.
Successo, quindi, parliamo di altre cose. Ma, chi se lo aspettava, giusto? Non lo immaginate? Se chiedete a Roy Paci se è felice, lui risponde con una serietà che manco al funerale della nonna: “Sono felice tre quarti. Perché sono fondamentalmente una persona felice, ma provo un grande dolore per tutto quello che sta accadendo, soprattutto, ve lo devo dire proprio di cuore, per i bambini che sto vedendo uccidere ogni giorno a Gaza. Io sono un uomo davvero sconfitto, non so cosa fare”. Benissimo, Roy, quindi in pratica sei felice solo per un quarto e fondamentalmente stai benissimo, giusto?
Cioè, chi non sarebbe felice di vedere il mondo in queste condizioni? Ma non preoccupatevi, la musica non allevia la sofferenza, come se non lo sapessimo già da un pezzo. Paci continua: “Ho sentito appelli di colleghi che rispetto tantissimo a fare concerti, fare festival, fare tante cose, ma non cambierà nulla con questo”. Grazie per la chiarissima spiegazione, maestro, hai proprio ragione. Ma chi ha voglia di ascoltare la musica quando ci sono questioni ben più gravi da affrontare?
Adesso, ah, ecco la parte fresca. L’artista siciliano e pugliese d’adozione ha deciso di “lanciare un appello”, tanto per cambiare, e lo fa qui a Adnkronos. “Se vogliamo fare qualcosa dobbiamo andare sul territorio”. Fantastico! Possiamo anche prenderci la briga di “rimetterci le piume”, perché in fondo che ci importa della nostra pelle, giusto? Dobbiamo contrastare “questo annientamento, questa barbarie pesante, soprattutto per proteggere i bambini”. Perché va bene, siamo tutti d’accordo nel voler salvare i bambini… ma il problema non sono solo loro, giusto?
La situazione sulla Striscia “esiste -aggiunge commosso- ed io non riesco più a guardare quelle immagini, sto male, troppo male”. Oh dai, ci mancava solo la commozione. Questo è il festival della pietà, ma non preoccupiamoci, la musica è l’unica soluzione. O forse no? Forse è il momento di affrontare il problema in maniera più concreta e meno melodrammatica. Ma chi sono io per dire quello?



