Orsini di Confindustria lancia il grido di dolore: l’energia costa troppo, e ora servono 8 miliardi all’anno per il “risanamento” per i prossimi tre anni.

Orsini di Confindustria lancia il grido di dolore: l’energia costa troppo, e ora servono 8 miliardi all’anno per il “risanamento” per i prossimi tre anni.

Assemblea annuale di Confindustria a Bologna, e ovviamente, la lista delle lamentele si sposa perfettamente con una richiesta di aiuti al governo – tanto per cambiare. Gli industriali, si sa, adorano destreggiarsi tra scenari economici da incubo. “Secondo il nostro centro studi, l’economia italiana, anche in assenza di nuovi dazi, sarebbe cresciuta nel 2025 di uno 0,6%”, dichiara il presidente Emanuele Orsini, che poi si diverte a descrivere le disastrose prospettive: “Ora è esposta al rischio di un nuovo triplo shock: la caduta della domanda statunitense, la frenata della domanda globale, la possibile crisi finanziaria, con ripercussioni su Pil, investimenti, occupazione e debito”. Se solo la realtà non fossero così avvilente!

Nello spettacolo delle lagnanze, uno dei protagonisti è il costo dell’energia, colpevole di far sentire le imprese italiane come pesci fuor d’acqua. Tutto ciò è amplificato dalla guerra in Ucraina e dall’addio ai rifornimenti russi via gasdotto. Un deficit che ovviamente è stato “intelligente” di compensare con il noto gnl, trasportato via nave a prezzi da capogiro. Orsini, non sorprendentemente, dedica gran parte del suo intervento a questa faccenda, e ovviamente, non può mancare la richiesta di sussidi più consistenti.

“È una situazione insostenibile. Occorre agire con urgenza,” esclama Orsini, che poi avanza la brillante proposta di un “piano industriale straordinario” per l’Italia. La chicca? La crisi energetica è identificata come la “componente più urgente”: “È un vero dramma che si compie ogni giorno: per le famiglie, per le imprese e per l’Italia intera”. Inoltre, non manca di suggerire di “accelerare il ritorno al nucleare”, perché sembra che la risposta ai problemi debba sempre passare da lì.

Orsini torna, infine, a parlare dei suoi amati piccoli reattori nucleari – i prototipi sperimentali che, nella sua galassia di idee, sono destinati a trovare posto nel cortile di ogni azienda, assicurando un futuro di energia a prezzi stracciati. Non mancano, infine, le consuete lamentazioni sulle troppe normative ambientali e sugli obiettivi della transizione verde imposti dall’Unione Europea. Novità nell’aria? Assolutamente no.

Confindustria ha finalmente compreso che in Italia gli stipendi sono da fame. E si ripete il mantra: più soldi, ma solo in cambio di più produttività. Un dettaglio interessante: nell’aumento della produttività, i lavoratori hanno un ruolo quantomeno marginale. Si raggiunge, infatti, solo se le aziende decidono di investire in modo intelligente e di dotare i dipendenti di strumenti efficaci. Ma nei recenti anni, i profitti – che non sono affatto spariti – sono andati per lo più a ingrassare gli azionisti. Pochissimo ai lavoratori e ancor meno agli investimenti.

Eppure, Orsini stupisce di nuovo: “Lavoriamo insieme per alzare ancor più le retribuzioni anche nell’industria attraverso i contratti di produttività aziendali, in cui la crescita dell’impresa e quella del reddito dei lavoratori vadano di pari passo, perché non può esistere una crescita senza l’altra.” Un’illuminazione! “Le retribuzioni italiane che perdono potere d’acquisto spingono verso il basso consumi e crescita, e abbattono la dignità della vita e del lavoro. È un problema nazionale,” osserva il presidente di Confindustria, con un tocco di ironia che non passa inosservato.

Si rivolge quindi ai sindacati: “Affrontiamo insieme la battaglia contro i contratti pirata. E affrontiamo insieme quella per una maggiore rappresentatività di imprese e sindacati che firmano i contratti di lavoro. I contratti sani! E ancora: chiediamo insieme che la lotta alle false cooperative nei settori in cui si nascondono venga fatta dallo Stato con tutte le sue forze. Se così non sarà, vadano date a noi imprese gli strumenti adeguati per capire chi è in regola e chi non lo è.” Davvero un appello toccante, non c’è dubbio!

“Mettiamo al centro la legalità e il rispetto delle regole.” Che slogan!

Per uscire dall’impasse, Confindustria propone un “piano industriale straordinario per rilanciare l’economia europea e nazionale”. Ma certo, perché chi non ha mai pensato che la soluzione ai problemi complessi sia un piano industriale? E si sa, per toccare il cuore dell’Europa (sì, Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, era lì a brillare come una stella), ci vogliono investimenti e innovazione, ovviamente finanziati da risorse pubbliche e private. Ma chi ha mai detto che il denaro pubblico possa finire in una fossa comune di buone intenzioni?

La seconda leva, che ci viene presentata come la ‘panacea’, è, udite udite, la necessità di regole che riportino la competitività al centro. Insomma, una burocrazia snella per abbracciare tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. Perché chiedere un miracolo al sistema attuale è chiaramente troppo?

“Il patto di stabilità e crescita deve consentire un grande piano di sostegno agli investimenti dell’industria, in ogni Paese europeo. Altrimenti”, avverte Orsini, “non è un patto per la stabilità e la crescita, ma per il declino dell’Europa.” Ma guarda un po’! Quindi l’Europa è in declino? Eppure ogni anno i nostri dirigenti promettono un futuro radioso e prospero, eppure…

E dobbiamo anche parlare di Bank Centrale Europea, che, secondo Orsini, “deve avere più coraggio.” Già, perché mantenere tassi d’interesse e requisiti patrimoniali rigorosi è davvero il modo migliore per stimolare la crescita. Certo, magari quei paesi tipo Stati Uniti e Cina certe scelte le hanno già fatte posizionandosi meglio nel mercato. Ma cosa importa, giusto?

Servono “piani straordinari” per tutto e tutti, esclama Orsini. “Bisogna lavorare tutti insieme”, continua, “industria e servizi, istituzioni e partiti, di maggioranza e di opposizione, forze sociali e sindacati, a un vero ‘piano industriale straordinario per l’Italia.” E come se le parole non bastassero mai, egli propone un sostegno agli investimenti di 8 miliardi di euro all’anno per tre anni. Magari cinque sarebbe il top! Altri sussidi, insomma.

E non dimentichiamoci la solita retorica sui morti sul lavoro: “una sconfitta per tutti.” È un ritornello che risuona da decenni, eppure nel primo trimestre del 2025 si sono registrati un 8% in più di incidenti mortali rispetto all’anno precedente. Bravo, trionfiamo sulle statistiche come sempre!

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