La Cgil si sta prodigando per convincere quel 10% di indecisi che potrebbe fare la differenza, portando finalmente a casa il tanto agognato quorum. Chiaramente, ci vuole un gran bel coraggio a restare in queste situazione, ma ecco che qualche volantinaggio nei mercati, assemblee pubbliche e manifesti sui bus possono fare miracoli. Non che il clima sia rovente, ma l’attenzione per il referendum dell’8 e 9 giugno è in lieve crescita… o almeno così spera il segretario della Camera del Lavoro di Brescia, Francesco Bertoli, che afferma: “Stiamo facendo parecchie iniziative in tutta la provincia e cercheremo di sfruttare ogni momento fino all’ultimo giorno utile. Sappiamo che l’obiettivo è quello del quorum da raggiungere, ma siamo fiduciosi”.
Cosa c’è di particolare in questo referendum? Oh, solo cinque questioni di importanza vitale: quattro riguardano il lavoro (licenziamenti illegittimi, tutele per lavoratori e lavoratrici nelle piccole imprese, lavoro precario, sicurezza sul lavoro) e uno, per l’effetto “bonus”, viene dedicato all’accorciamento dei tempi di residenza stabile per chiedere la cittadinanza italiana. Come se non fosse già abbastanza complicato essere cittadini italiani, ora pare ci voglia anche un corso accelerato! Ma non temete, la Cgil ha raccolto le firme per i lavori (e chissà che non ci siano coinvolti anche dei soldati!) mentre Più Europa ha fatto il suo dovere sul tema cittadinanza. Da qui, le forze politiche e le varie realtà sociali hanno deciso se appoggiare o meno l’iniziativa, apparentemente con lo stesso fervore di un formicaio in autunno.
Le forze di Governo, naturalmente, hanno un approccio più o meno esplicito nell’invitare a disertare le urne, come fosse un picnic da evitare per il brutto tempo. Tra chi sta in opposizione, invece, le posizioni sono più che variegate: il PD (con distinguo tra le varie aree centriste, giù a rincorrere il consenso) consiglia di votare cinque Sì, così come fa Avs, mentre i Cinque Stelle propongono un mix a seconda dell’argomento, così da dare l’impressione di avere le idee chiare. Conte, per esempio, ha detto che voterà Sì anche a questo… e chi non lo farebbe? Azione voterà Sì sul referendum per la cittadinanza e darà un bel No ai lavorativi, e Italia Viva proporrà un Sì a quello della cittadinanza, lasciando libertà di scelta per quanto riguarda la responsabilità in caso di incidenti sul lavoro e i licenziamenti nelle piccole imprese. Gli altri? Beh, No di certo. Chiarissimo, non trovate?
“La campagna per il non voto è vergognosa, una cosa da vigliacchi – sottolinea Bertoli -: le battaglie si fanno a viso aperto, invece…” Ecco, appunto. Mica siamo qui a giocherellare con il destino di migliaia di persone. La politica, quella con la P maiuscola, deve essere uno spettacolo, non una soap opera con trama confusa. Riusciranno a convincere questo 10% ad andare a votare? Le previsioni sono più nebulose di una mattina autunnale a Milano. Quindi, preparate i popcorn e osservate la commedia degli equivoci.
Ah, la partecipazione al voto! Una questione di vitale importanza che sembra interessare solo il 40% degli elettori, secondo i sondaggi. Immaginate la gioia dei promotori che ora si affannano a convincere un altro 10% di indecisi nelle prossime due settimane. Chissà, magari evidentemente hanno esaurito le idee o pensano che il “magari” possa bastare.
Ora, parliamo del referendum sulla cittadinanza, un tema che è tanto caldo quanto la pizza di mezzanotte. Se il Sì trionferà, potrebbe cambiare la vita di quasi 50 mila residenti a Brescia. Ma non è tutto oro quel che luccica: si propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo di residenza legale necessaria per richiedere la cittadinanza. La cosa divertente è che si tratta di un requisito che risale addirittura al 1865. E ci chiediamo: quanto ci vorrà perché la storia si ripeta?
Non preoccupatevi, però, questo referendum non si sogna nemmeno di toccare gli altri requisiti già in atto, come la conoscenza della lingua italiana o la permanenza in regola con il fisco. Sarà un bel gioco di prestigio, dove quei dieci anni potrebbero benissimo tradursi in almeno quindici, dice Clemente Elia, esponente di Cgil Lombardia e custode dell’immigrazione. Quindi sì, dimezzare il periodo è solo un modo per parlare di 8 o 9 anni di attesa. Bravi, ragazzi!
Ma non è finita qui! Anche i referendum sul lavoro si collegano a questa questione. Parliamo di immigrazione, delle “cinque P”: pesanti, precari, pericolosi, poco pagati e socialmente penalizzati. E indovinate chi fa questi lavori? Esatto, sono principalmente gli immigrati. Quindi, mentre ci divertiamo con questo ballo di referendum, i veri protagonisti restano sempre gli stessi, invisibili a chi non vuole guardare.


