Che meraviglia! Una città come Taranto, relativamente tranquilla, si prepara a fare il salto mortale nei suoi schieramenti politici. Un campo larghissimo, non realizzato, che invece di un fronte unito presenta il funambolico spettacolo di un Pd e un M5S con candidati sindaci diversi che si danno la mano a malapena. E non parliamo poi della Lega, che ha deciso di cambiare nome, di mettersi in proprio, e di appoggiare un candidato ben diverso da quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia. È come se avessero organizzato una riunione di famiglia e nessuno si fosse messo d’accordo.
Ma in fondo, chi se ne importa? La città è divisa e, a giudicare dalla situazione dell’ex Ilva, sembra che il destino non sia proprio dalla sua parte. Con una classe politica frammentata che si presenta alle elezioni amministrative di domani e lunedì, siamo al cospetto di una competizione che pare più una gara di bellezza che non una sfida per la gestione della città . Sei candidati sindaco, 870 aspiranti consiglieri comunali, e indovinate un po’? 415 di loro sono donne. Fantastiche, vero? Se solo il loro genere potesse garantire anche un po’ di competenza.
Detto ciò, gli equilibri politici sono saltati come un elastico scattato! Taranto va al voto due anni e mezzo prima della scadenza naturale. La giunta guidata dal sindaco Rinaldo Melucci è defunta con una sfiducia espressa da 17 consiglieri. Come dire, si sono scambiati le sedie e ora aspettano il momento di strappare il pallone agli altri sparando un calcio nel vuoto.
E ora conosciamoli, i campioni della corsa per la poltrona: abbiamo Francesco Tacente, candidato della Lega supportato da sette liste che cercano di far sembrare normale questa follia; Luca Lazzà ro, con il suo mini-alleanza di centro-destra con quattro liste; Piero Bitetti, a capo di una coalizione di centrosinistra con otto gruppi – perché, diciamolo, in questi tempi complessi è sempre meglio avere un po’ di confusione!; Annagrazia Angolano, portabandiera del M5S e della lista civica; Mirko Di Bello, rappresentante di una coalizione civica che si chiama “Adesso” – come se fosse una chiamata all’azione; e infine, Mario Cito, il figlio del compianto Giancarlo, che, se non altro, porterà un po’ di nostalgia in questa competizione.
I candidati sindaco sono praticamente diventati esperti nel colpire il tasto del decoro, della legalità e del rinnovamento. Ma, sorpresa sorpresa, gli elettori si troveranno di fronte a liste piene di nomi familiari e ex assessori che rimandano al glorioso governo di Melucci. E se si pensava di dimenticare certe facce, 15 sostengono Bitetti, 21 si affiancano a Tacente, e solo 4 stanno con Lazzà ro. Chissà , magari il segreto della politica è un buon vecchio ritorno al passato, con un pizzico di novità per rendere le cose un po’ più piccanti.
Domenico Amalfitano, dopo quattro legislature come deputato della DC fino al 1992 e una fugace esperienza come sottosegretario al ministero dell’Istruzione, si è lanciato in un’analisi sorprendentemente ottimista. Parlando della qualità dei candidati, ha affermato che «non esprimono un granché», mentre per le candidature a sindaco sembra che la politica locale stia per affrontare un miglioramento, addirittura promettendo qualche “sorpresa” in vista di una gestione amministrativa più seria. Ma chissà quali sorprese avrà in mente, magari un giro di magia?!
Amalfitano sogna, oh come sogna! Un’amministrazione «più serena e meno conflittuale», dove i politici sappiano interpretare i bisogni collettivi con rinnovato fervore. Non si dirige verso un’utopia, ma verso la realtà di Taranto, che lui descrive come una città «seduta, depressa, scoraggiata e frammentata». A questo punto, sembra che il problema principale sia l’emigrazione dei giovani, ma i suoi appelli a una maggiore comprensione delle dinamiche locali suonano come un eco lontano in una valle desolata. Chi lo ascolta, però, potrebbe chiedersi: sarà sufficiente per rilanciare questa città ?
Passiamo a Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, che si dimostra un vero amante del dialogo continuo. Ha presentato il suo programma a tutti i candidati sindaco – perché, si sa, più proposte ci sono, meglio è! La sua idea di istituire un “tavolo permanente” dove discutere con gli attori del territorio è l’apoteosi del “parliamone”, mentre la città affonda in promesse vuote. E quando si parla del rigassificatore, Toma rivela un’intelligenza che rasenta il geniale: «Va fatto se serve alla decarbonizzazione». Ma sorpresa! È sempre facile parlare di decarbonizzazione quando non sei il diretto interessato delle ripercussioni ecologiche e sociali!
L’attore tarantino Massimo Cimaglia, nel suo profondo scibile, ci mette in guardia contro il «frazionamento eccessivo» delle forze politiche, che sembra generare una bella dose di sfiducia tra i cittadini. «Taranto ha bisogno di essere raccontata e vissuta senza che i tarantini si sentano brutti», afferma, mentre ridacchia di fronte al lento risveglio della consapevolezza del valore della propria città . E che dire del fatto che finora non ha sentito spesso la parola “cultura” dai candidati? Ma come! È come andare al mare e scoprire che l’acqua è fresca. Chissà , forse i candidati pensano che l’arte sia un optional e non un elemento fondamentale per attrarre chi si degna di vivere in Taranto.
In tutto questo, ci rimane solo da sperare che non rimanga tutto in un brodo di giuggiole. Taranto meriterebbe di più, ma fino a quando si continuerà a trattare la cultura come un progetto da mette da parte, i tarantini continueranno a vedere passare, con un’alzata di spalle e una risata amara, i bei tempi che furono.


