Il dato, per certi versi inatteso, alimenta la fiamma dell’ottimismo tra i grandi sostenitori dei cinque referendum su lavoro e cittadinanza: a Torino più di 8.500 fuorisede (su 36.000) desiderano ardentemente votare nella consultazione popolare dell’8 e 9 giugno. Un non residente su quattro, quindi, non vuole rinunciare a esprimere la propria opinione (senza contare quelli che si avventureranno a tornare nei loro Comuni), mentre alle ultime elezioni europee solo 2.000 si erano fatti avanti. “È un segnale positivo”, afferma il segretario della Cgil Piemonte Giorgio Airaudo, “c’è voglia di partecipazione, anche se c’è chi scommette sul mancato raggiungimento del quorum: io sono ottimista, soprattutto a Torino.”
A Torino, però, la campagna è a rilento. Lo scorso fine settimana, il leader nazionale del sindacato ha visitato il Cuneese per promuovere le ragioni del “Sì”. Ad Alba, il segretario locale della Cgil ha ricevuto calorosi applausi dal sindaco dem Alberto Gatto; a Bra, il Pd locale si è dedicato alla nobile attività del volantinaggio, girando di casa in casa. Ah, la democrazia che gira a ciclo continuo!
Una mobilitazione che, a sorpresa, non riscontra riscontri analoghi tra i democratici sotto la Mole; i dirigenti locali, in maggioranza ex-renziani, sembrano preferire di non essere visti. Infatti, se il sindaco Stefano Lo Russo aveva firmato in passato per il referendum che dimezza i tempi (da 10 a 5 anni) per richiedere la cittadinanza italiana, riguardo ai quesiti proposti dalla Cgil, che praticamente mettono un punto al jobs act renziano, gli umori sembrano cambiare in un batter d’occhio.
A Roma, i riformisti del Pd, inclusi l’eurodeputato Giorgio Gori e il consigliere regionale Daniele Valle, hanno scritto alla segretaria Elly Schlein, la quale, insieme al leader M5S Giuseppe Conte, sostiene l’iniziativa di Landini, per esprimere il loro disappunto riguardo la linea ufficiale del partito: “Voteremo sì al referendum sulla cittadinanza e sì al quesito sulle imprese appaltanti. Ma non voteremo gli altri tre quesiti, perché la condizione del lavoro in Italia…”
Ah, che affascinante scenario politico che si presenta davanti a noi! Siamo in un periodo in cui qualcuno, tra una riunione e l’altra, svela un pensiero originale: «dobbiamo guardare al futuro, non a una sterile resa dei conti con il passato». Non sappiamo se applaudire o ridere, ma la verità è che questa dichiarazione potrebbe, senza alcun annuncio solenne, unirli tutti sotto lo stesso striscione, da Torino ai rifugi dei riformisti dem piemontesi.
Nel frattempo, mentre il fronte della destra incita al disertare le elezioni, il centrosinistra si trova nuovamente diviso tra l’ala radicale che verrebbe a comporre un’alleanza con il M5S e quella più centrista, con nomi come Matteo Renzi e Carlo Calenda a farsi notare. Una vera e propria danza delle sedie, insomma, e chi ci rimette sono sempre i cittadini. I radicali, che non si fanno mancare nulla, si uniscono al coro del «No» ai referendum sul lavoro. Non è divertente notare come Igor Boni di Europa Radicale affermi che «la Cgil ha una visione dello scorso millennio»? Mentre invece, secondo lui, servirebbero riforme liberali di stampo nord-europeo. Sì, perché è proprio da lì che arrivano tutte le soluzioni magiche ai nostri problemi.
In tutto questo, ci si chiede: cosa pensano i cittadini di Torino? Forse, da spettatori di questa tragica commedia, si staranno domandando quando avremo dei rappresentanti che parlano per loro e non per i propri interessi personali. Ma chi se ne frega delle urne, giusto? Siamo qui per divertirci con il teatro dei burattini della politica.


