Palude: Il grande accusatore Vanin sfida il sistema, mentre Brugnaro si tuffa nel grande spettacolo del dibattimento.

Palude: Il grande accusatore Vanin sfida il sistema, mentre Brugnaro si tuffa nel grande spettacolo del dibattimento.

C’è chi, come Luis Lotti, rappresentante in Italia del magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, non vede l’ora di calcare le assi del tribunale. Un vero e proprio amante del dramma giudiziario! Da settimane i suoi avvocati sono in fermento, già impegnati a studiare una richiesta di giudizio immediato, perché, chissà, forse pensano di avere così un pulsante “salta turno” per un’udienza preliminare che si prospetta lunga come una maratona. Ma non si preoccupino, lui e gli altri cavalieri dell’apocalisse, Luigi Brugnaro e i suoi fidi Morris Ceron e Derek Donadini, nonché il premio Nobel della corruzione Teorema Ching – tutti coinvolti in affari scandalosi che farebbero arrossire anche il più esperto dei delinquenti – sono pronti a mettere a frutto la loro bravura nel rispondere alle accuse di corruzione in merito all’acquisto del Palazzo Papadopoli a Venezia. Tutto a un prezzo “scontato”, come una svendita di fine stagione.

L’inchiesta Palude si arrotola come un serpente, con i pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini che hanno già chiesto il rinvio a giudizio per Brugnaro e gli altri 33 indagati. E ora tutto gira intorno alle strategie degli avvocati per l’udienza preliminare che, si dice, partirà sotto lo sguardo vigile della giudice Carlotta Franceschetti. Si tratterà dell’udienza che si preannuncia come una scena di un film drammatico, con Renato Boraso, ex assessore, e i due imprenditori Fabrizio Ormenese e Daniele Brichese già pronti a negoziare un patteggiamento di 3 anni e 10 mesi. A questo punto sembra che Boraso non riesca a vendere le sue proprietà: chi l’avrebbe mai detto, un politico che si ritrova in difficoltà economiche!

I difensori non si sono fatti attendere per accusare la procura di condurre un processo fatato sul tema dei Pili, nonostante, secondo loro, le prove dell’accordo corruttivo siano più scarse del vestito di un mago sotto interrogatorio. I pubblici ministeri sostengono che ci siano prove a sufficienza, che dimostrano come siano stati promessi bonus di cubatura per incrementare il valore del terreno, fino a raggiungere la bellezza di 150 milioni di euro. Una ponzi scheme, insomma! Ma gli avvocati, armati di un’arguzia che potrebbe candidarli a un premio, rifiutano categoricamente le accuse, auspicando una maggiore “cautela” nelle indagini — un po’ come se dicessero: “Nella giungla di prove, meno è meglio”.

Tra le prove mistiche emerge anche un verbale fresco di pubblica lettura, firmato dalla difesa di Ching e Lotti, riguardante una ex collaboratrice di Lotti, la quale, in un colpo di scena, pare sia stata anche l’amante di Vanin. Riuscire a catturare l’attenzione di un manager così non è da tutti, sarà stata una strategia per farsi largo nella giungla burocratica di Venezia? In un mondo dove il potere si mescola con gli affetti, ogni dettaglio è degno di nota.

Nel bel mezzo di queste indagini, una testimonianza brilla per la sua incredibile coerenza. La signora, in un primo momento, afferma di aver ricevuto delle rivelazioni da Lotti riguardo a tangenti per la vendita di palazzo Papadopoli. Sì, secondo lei, ci sarebbero stati pagamenti a un misterioso politico veneziano. E chi meglio di Boraso per incarnare il ruolo dell’eroe tragico in questa bizzarra commedia?

Se non fosse per un dettaglio fondamentale: in un interrogatorio difensivo con l’avvocato Simone Zancani, la signora ha clamorosamente ritrattato. “Non è vero nulla,” ha dichiarato, in un atto di coraggio che farebbe invidia a un supereroe. “Mi ha detto di dire tutto Vanin,” ha continuato, prospettando un teatro di ombre e minacce. Ah, la vulnerabilità emotiva, nobile amica, la rende tanto facile preda per chi cerca di manipolare la verità.

E ci scommetto che la generosità della signora non conosce limiti: ha prestato soldi alla Sama con la rassicurante promessa che sarebbero tornati indietro se gli affari con Ching avessero avuto successo. Cosa potrà mai andare storto in una transazione dove il denaro e la fede si incrociano con tanto fervore!

Le Due Lati della Medaglia

È giunto il momento di esaminare le difese che Vanin strenuamente oppone, dando vita a un dialogo degno di nota. “I documenti evidenziano l’opposto,” sostiene con sdegno, come se stesse dissertando su un tema scientifico. “La società ha un credito di mezzo milione nei suoi confronti.” E noi, cittadini comuni, siamo qui per assaporare questa melodrammatica scena di giustizia.

Ovviamente, non manca l’analisi del conflitto, con Pauro, legale di Boraso, che denota l’affidabilità di Vanin come quella di un ombrello in una tempesta. “L’ho detto dall’inizio,” sentenzia, come se avesse predetto un’ovvia verità, ma chi siamo noi per discutere la sua perizia di profeta?

Nel frattempo, la Cassazione ha deciso di mettere ordine, bocciando il sequestro dei dispositivi di Ceron e Donadini. Senza mezzi termini, hanno chiarito che erano passati sei anni dai fatti contestati e che l’operato non ha rispettato “il canone di proporzionalità”. Sarà, ma chissà, forse un po’ di logica non guasterebbe in saggi come questo.

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