Ilva, Urso contro la procura: “Ancora un altro disastro grazie al sequestro dell’Afo1”

Ilva, Urso contro la procura: “Ancora un altro disastro grazie al sequestro dell’Afo1”

L’altoforno 1 è “verosimilmente del tutto compromesso”. Cinque giorni dopo l’incidente nell’Ilva di Taranto, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, decide che è il momento giusto per lanciare un attacco a tutto campo contro la procura che ha posto i sigilli sull’impianto. “Più che le trattative in corso, l’incidente potrebbe compromettere la ripresa degli stabilimenti e l’occupazione”, ha dichiarato, mentre per giorni aveva accennato a un naufragio del passaggio a Baku Steel — che, sorpresa delle sorprese, era già in stallo. Ovviamente, questo non ha impedito al ministro di lamentarsi di un fidato “partner” della giustizia, accusando un’inesistente indisponibilità degli inquirenti a mettere in sicurezza l’Afo1.

Se l’impianto dovesse subire un blocco, lo svuotamento e le manutenzioni immediate saranno inevitabili. Secondo Urso e i commissari straordinari, però, la procura — guidata da Arpa Puglia — avrebbe negato ogni tipo di intervento: “Si è intervenuti troppo tardi, rispetto a quanto era stato richiesto sulla base di chiare perizie tecniche. Bisognava farlo entro 48 ore e, ahimè, non hanno ricevuto l’autorizzazione. È un danno notevole che porterà inevitabilmente a conseguenze sull’occupazione”, ha affermato il ministro, invitando tutti a una “responsabilità” che, a quanto pare, è più facile invocare che praticare.

Ma a quanto pare, come riportato da un’insider di Ilfattoquotidiano.it, sin dal giorno del sequestro l’accesso alla control room per garantire la sicurezza dell’impianto era già garantito. Ma non lasciamo che ciò rovini il bel discorso del Mimit e dei commissari straordinari, che hanno fatto ben sapere al pubblico ministero Francesco Ciardo che alcune operazioni “non sono state autorizzate nei tempi utili”, rendendo impossibili le procedure standard. Peccato che la realtà sembri avere un’opinione diversa.

Al momento dell’incidente, l’altoforno era “pieno di fusi” secondo l’azienda, e “in questi casi – spiegano – è necessario intervenire entro 48 ore per prevenire danni strutturali”. E giustamente, nel caos della gestione dei fusi, “occorrerebbe abbassare la carica dell’altoforno e colare i materiali fusi rimasti nel crogiolo”. Ma, indovinate un po’? Il via libera non è mai arrivato “nei tempi utili”, e così il circo continua.

Quando finalmente l’altoforno verrà riavviato, sempre secondo le fonti aziendali, “si dovranno adottare procedure straordinarie, complesse e con esiti assolutamente incerti”. Ma non finisce qui: nella loro missiva, l’azienda ha sottolineato che “il parere di Arpa Puglia, come ausiliario tecnico della Procura, ha fortemente condizionato l’autorizzazione agli interventi, ostacolando di fatto il recupero e la sicurezza dell’impianto”. Naturalmente, questo blocco potrebbe anche compromettere il cronoprogramma industriale, con conseguenze catastrofiche per la già meravigliosa situazione della cassa integrazione. Martedì mattina, senza sorpresa, i commissari hanno convocato i sindacati per comunicare un aumento dei cassintegrati a Taranto e, a quanto pare, anche negli altri stabilimenti del gruppo.

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