Federico Bellono (Cgil): L’agonia dell’auto a Torino mentre la politica si perde in chiacchiere sul turismo

Federico Bellono (Cgil): L’agonia dell’auto a Torino mentre la politica si perde in chiacchiere sul turismo

Federico Bellono, segretario della Cgil torinese, ha suonato l’allarme sul disimpegno delle multinazionali e la situazione critica di Torino.

Ah, la gloriosa Torino, così piena di potenzialità e di eventi strabilianti! Eppure, dietro questo scintillio turisticamente ingannevole, ci si imbatte in una realtà ben diversa: un terzo delle famiglie vive sull’orlo della povertà. Ma chi avrebbe mai pensato che l’ombroso fascino di una città potesse nascondere tali drammatiche contraddizioni?

Ma andiamo avanti, perché Bellono ha catturato perfettamente l’essenza di questo labirinto di precarietà: i settori emergenti sembrano essere solo un insieme di scelte poco fortunate, offrendo stipendi miseri e contratti precari. Mentre la produzione industriale è così stagnante da poter praticamente prendere lezioni di yoga, il numero di chi accede alla cassa integrazione ha visto un’impennata del 127%. Quasi una prestazione olimpica nel mondo del lavoro, non trovate?

Ah, e ora vediamo la questione di Italdesign, una delle brillanti stelle del gruppo Volkswagen. La minaccia di vendita che pende sulla testa di 1.300 lavoratori è l’ultimo colpo in un’opera tragicomica. Mentre i nomi delle altre aziende in bilico, come Lear, Yazaki, e addirittura alcune voci su Maserati, continuano a circolare come gossip da salotto, sembra che la stabilità lavorativa a Torino sia solo un miraggio.

Bellono non si è lasciato intimidire da questo clima; anzi, si è mostrato sorpreso dalla possibile vendita di Italdesign. “Un’azienda che fino a ieri era un faro di speranza”, ha commentato. Ecco, di nuovo, quel contrasto tra la narrativa ufficiale e la dura verità quotidiana. È ora di svegliarsi e affrontare la realtà: Torino deve pensare a un futuro industriale che non dipenda dagli assi del male e che non si riduca a una speranza vacua di attrarre nuovi investitori.

Dopotutto, siamo sicuri che il settore automobilistico di Torino possa rinascere sotto l’auspicio di ristoranti e turismo? Che razza di dichiarazione! Come se l’aeroporto potesse rimpiazzare quel meraviglioso polmone di produzione che è l’industria delle quattro ruote. Chissà cosa ne penseranno gli operai che si trovano a fronteggiare queste realtà parallele!

Insomma, non possiamo che chiederci: come può l’industria delle quattro ruote resistere senza nuovi modelli da parte di Stellantis? È come cercare di nuotare in un mare di sabbia: senza una multinazionale solida, il futuro si tinge di grigio. Le trattative sono d’obbligo, e chissà se il governo sarà in grado di attrarre nuovi attori. Per ora, sembra che la speranza per Torino di rimanere al passo sia solo un sogno flebile, avvolto in un manto di ironia.

Si può sempre contare su un settore che promette di espandersi, come quello aerospaziale, specialmente per la sua propensione militare. Ma scordiamoci le questioni etiche: a giudicare dai numeri e dalla preparazione, questa strada si preannuncia un bel vicolo cieco.

Esiste un problema di retribuzioni in città? Oh, dev’essere un mistero, considerando che salari dignitosi sono quasi un miraggio. “I nostri lavoratori sono poveri”, è quasi un cliché, eppure si ripete. Anche le famiglie con entrambi i genitori impegnati nel mercato del lavoro sembrano competere nel campionato della miseria. L’analisi parte da qui, in effetti. Abbiamo una gioventù in precariato e nuclei familiari che fanno i salti mortali per arrivare a fine mese. E come non parlare del turismo? Una splendida idea! Ma è fondamentale sapere che la retribuzione settimanale media è solo di 300 euro, un vero affare, se paragonato alla metà dei già miseri salari del settore industriale. Se questa è la nostra strategia, allora la pianificazione dell’impoverimento è palese. Meglio dirlo chiaramente. E che dire dei contratti di questo settore? Servirebbe un intervento urgente, così come per quelli legati alla cura e all’assistenza. Ma chi ha voglia di preoccuparsi? Torino invecchia e l’occupazione cresce, ma più di un salario da fame e un precariato esasperato non è possibile avere.

Si direbbe che ci siano difficoltà anche nel settore pubblico. E ci mancherebbe altro! La questione degli appalti è un vero e proprio campo minato. Speriamo di giungere presto a un protocollo che possa mettere un freno a questo caos contrattuale, un’altra giungla in cui povertà salariale e insicurezza regnano sovrane.

Come si inseriscono i prossimi referendum nel quadro roseo? Il lavoro ha bisogno di diritti, dicono alcuni. Le proposte toccano tre questioni ‘fondamentali’: lotta alla precarietà, licenziamenti ingiustificati e sicurezza negli appalti. Non è confortante?

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