Usa affondano nel debito commerciale: 140 miliardi di motivi per non emozionarsi, mentre tutti si affrettano ad importare prima che scattino le pene.

Usa affondano nel debito commerciale: 140 miliardi di motivi per non emozionarsi, mentre tutti si affrettano ad importare prima che scattino le pene.

Aspettando i dazi, il deficit commerciale statunitense continua a volare alto. Lo scorso marzo, la differenza tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni ha toccato un incredibile negativo di oltre 140 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato e, guarda caso, oltre le previsioni degli analisti. Le importazioni sono aumentate del 4,4% a 419 miliardi, mentre le esportazioni… beh, sono salite di un modesto 0,2% a 278,4 miliardi.

Come se non fosse già chiaro dai dati sul Prodotto Interno Lordo del primo trimestre, le aziende statunitensi stanno facendo incetta di beni provenienti dall’estero, giusto in tempo prima che scattino le tanto attese tariffe commerciali annunciate dalla Casa Bianca. Le modalità di applicazione di queste tariffe sono ancora avvolte nell’incertezza, il che spinge tutti a cercare di limitare i danni prima che sia troppo tardi. In particolare, nel mese di marzo, sono schizzate alle stelle le importazioni di prodotti farmaceutici, realizzati da colossi come Pfizer o Eli Lilly, che si premurano di “rimpatriare” i farmaci prodotti oltre confine, soprattutto in Irlanda. Ma chi ha tempo da perdere, giusto? Ah, e anche le importazioni di beni strumentali e veicoli a motore hanno fatto una bella corsa.

Un Deficit Che Fa Raccontare Storie

Il drammatico ampliamento del deficit commerciale nel primo trimestre è stata la causa principale per cui l’economia ha mostrato segni di contrazione per la prima volta dal 2022. Il Prodotto Interno Lordo è diminuito dello 0,3% su base annua nel periodo gennaio-marzo, con le esportazioni nette che hanno sottratto quasi 5 punti percentuali. Ma non preoccupatevi, perché il valore è il più alto mai registrato! Naturalmente, per non scontentare i puristi dell’economia, è bene precisare che le statistiche possono avere le loro “sfasature”.

In teoria, un aumento delle importazioni dovrebbe significare maggiori consumi e/o investimenti, come le scorte accumulatesi nei magazzini delle aziende. Quindi, in un mondo ideale, ciò che le importazioni sottraggono dovrebbe essere “restituito” da altri fattori. Ma, sorpresa sorpresa, mentre i dati sulle importazioni sono piuttosto attendibili, quelli riguardanti scorte e consumi sembrano un po’ più vaghi. Cosa significa tutto ciò? Che nel calcolo del Pil statunitense, il valore sottratto dal deficit commerciale è stato solo parzialmente compensato da altre voci. Un vero rompicapo statistico, non c’è che dire!

E non finisce qui! È del tutto plausibile che il valore delle importazioni inizi a scendere drasticamente nelle prossime rilevazioni. Sapete, un cargo dalla Cina impiega almeno 30 giorni per raggiungere i porti statunitensi. La diminuzione delle spedizioni, quindi, si farà sentire con un mese di ritardo. I primi effetti concreti? Ben presto dovrebbero manifestarsi, ma chi ha voglia di aspettare?

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