I fortunati e i meno fortunati d’Italia: Milano svela il suo scandaloso divario tra Citylife e il resto del mondo

I fortunati e i meno fortunati d’Italia: Milano svela il suo scandaloso divario tra Citylife e il resto del mondo

In cima alla classifica troviamo l’area che include corso Vercelli, l’Arco della Pace e, soprattutto, i grattacieli di Citylife, dove risiedono calciatori, influencer e quei volti familiari della tv che sembrano popolarsi a colpi di reality. Subito dopo, il battito cardiaco di Milano: una frazione di piazza Duomo, Brera, Moscova, via Monte Napoleone e piazza Castello. Poi spunta la porzione di centro storico che abbraccia Cordusio, Sant’Ambrogio, via Vincenzo Monti e la Conca del Naviglio. Ecco a voi il podio dei quartieri più ricchi d’Italia! Secondo i dati snocciolati dal dipartimento Finanze del Mef, qui i redditi medi sono assolutamente vertiginosi. Tocchiamo quasi i 95mila euro annuali per chi abita in una delle vie con il cap 20145, mentre chi risiede sotto i cap 20121 o 20123 supera di gran lunga gli 80mila. E pensate, contro una media nazionale di appena 24.830 euro. Ma, sorpresa! Alle spalle di questo racconto di successo si piazzano due aree di Palermo con redditi annui che non arrivano neanche ai 9mila euro. Ma certo, se qualche cifra vi sembra ridicolmente bassa per essere vera, ricordate che stiamo parlando di redditi dichiarati: il resto? Beh, è tutto “nero”. L’evasione fiscale fa festa.

Parlando dei più ricchi, Milano, che negli ultimi anni ha attirato un esercito di Paperoni, sedotti dalla famigerata tassa piatta per i milionari voluta dal governo Renzi, si guadagna il podio delle aree italiane più agiate: ben sette codici postali tra i primi 15 per reddito medio appartengono al capoluogo lombardo. E sorprendentemente, nessuno di loro si trova nel Sud del Paese. Roma fa la sua comparsa dal quarto posto, col cap 00197 che corrisponde al ben noto quartiere dei Parioli. E così le capitali economiche e politiche si alternano: abbiamo Milano con il cap 20122 — dove troviamo chicche come San Babila, corso Italia e corso di Porta Vittoria — e poi Roma di nuovo con il 00187, che abbraccia le meraviglie di via del Corso, via del Tritone e piazza di Spagna. L’alternanza continua, con l’ulteriore combinazione di Milano in zona Porta Venezia e Piazza Risorgimento, seguita da Roma con il quartiere Trieste e Coppedè. E sul nono gradino? Il cap meneghino 20149: quartiere Fiera, Portello e Buonarroti. E non finisce qui, c’è ancora Roma con il cap 00186, un classico di Campo de’ Fiori e i suoi storici rioni. Solo all’undicesimo posto emerge Bologna con il quartiere Savena, mentre Torino si conquista i quattordicesimo e quindicesimo gradino con le zone Gran Madre e Crimea.

Le zone con gli imponibili più bassi? Giocate a indovinare! Naturalmente si trovano nel Meridione, tra Sicilia e Campania. In fondo alla classifica sventolano due aree di Palermo, Borgo Nuovo e Settecannoli. Senza contare il quartiere Bicocca di Catania. Certo, Napoli si piazza quart’ultima e quint’ultima con zone come San Lorenzo e il distretto industriale confinante, dove i redditi viaggiano poco sopra i 15mila euro annui. Ma non temete, poco più su troviamo Mili San Pietro e il rione Mangialupi di Messina. A sorpresa, la prima città del Nord a spuntare compare meravigliosamente più in alto, al 559esimo posto sui poco più di 600 cap censiti: si tratta di Livorno con il cap 57122, includendo il quartiere Corea e la Cigna.

Ed eccoci ai divari tra ricchi e poveri. Anche all’interno delle singole città emerge una goduriosa disparità. E dove si registrano i più ampi divari d’Italia? Indovinate un po’: a Milano, naturalmente! Qui, a Quarto Oggiaro e in zona Stephenson, il reddito medio è di 20mila euro. Poco più di un quinto rispetto a quello che si riscontra nei quartieri più agiati. E Roma? Beh, i residenti a Ostia antica si ritrovano con redditi medi sotto i 18mila euro, che corrispondono a un quarto di quelli dei Parioli. Ma certo, ci si deve pur accontentare.

Ah, Palermo, la città dove il codice postale fa la differenza tra un piatto di pasta al pomodoro e una cena a base di astice! Chi vive nel cap 90141 – Politeama e Libertà – guadagna quattro volte di più rispetto ai meno fortunati che si accumulano nelle case popolari di Borgo Nuovo. E non ci fermiamo qui: a Napoli, i nobili di Chiaia e Posillipo navigano su uno stipendio medio di 51mila euro all’anno, mentre a San Lorenzo ci si deve accontentare di una miseria di 15mila. Ma che bello confrontare redditi così disparati, non è vero?

Ora, giusto per rendere la cosa un po’ più interessante, dipendiamo dai dati del dipartimento Finanze del Mef. Sul tema del reddito, veniamo a scoprire che nei cap dei fortunati pesano di più il lavoro autonomo e le partecipazioni. Eh sì, i redditi elencati nelle tabelle sono solo la media tra i redditi soggetti a Irpef, che ci ricordano di quanto sia ampio il divario: dipendenti, pensionati, autonomi, e tanto altro. È affascinante notare come, nei quartieri più miseri, il lavoro dipendente rappresenti oltre il 50% dei redditi, con le pensioni che si avvicinano al 30-40%. Mentre, surprise surprise, il lavoro autonomo e i proventi dai fabbricati non raggiungono neanche il 5%!

Nei quartieri privilegiati, le cose cambiano: qui più del 10% del reddito deriva dal lavoro autonomo. E Milano, regina del nord, non è da meno: anche i più benestanti qui beneficiano di un buon gruzzolo proveniente dalle partecipazioni. E per non dimenticare, nelle zone benestanti della capitale, il reddito da pensioni e gli affitti contribuiscono significativamente. Un vero mix di “aiuto” e “ricchezza”, non credete?

L’elaborazione dei dati sui redditi a livello subcomunale è stata fatta con l’ausilio dell’Intelligenza Artificiale. Ah, la tecnologia che crea un’illusione di progresso, mentre la realtà resta ferma al palo. Ma chissà, forse un giorno anche le statistiche impareranno a ridere di questa inequità!

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