«È sempre tempo di Resistenza». Che frase poetica, vero? A pronunciarla è Sergio Mattarella dal palco del Teatro Chiesa, in un evento dedicato agli 80 anni dalla Liberazione. Un bel messaggio da chi, con una certa frequenza, si trova a dover rispondere agli strali dell’astensionismo, chissà come mai tanto fiorente nella nostra bella Italia. Eppure, mentre lui evoca la Resistenza, i fischi che provengono dalla piazza non sono certo un segno d’approvazione. Ad unirsi ai fischi anche il vicesindaco Pietro Piciocchi e il governatore della Liguria, Marco Bucci, un uomo di centrodestra stanco di stare alla finestra mentre un’invasione pacifista di oltre 5 mila persone riempie le strade di Genova.
Che coincidenza che il capo dello Stato abbia scelto proprio questa bellissima città, insignita della medaglia d’oro alla Resistenza, per fare le sue acrobazie retoriche. Genova, un esempio splendido di ribellione e libertà. Forse lo avrebbe fatto anche senza le contestazioni se non fosse che i suoi illustri paladini, i partigiani fuggiti dalle pagine di storia, erano un po’ appannati dalla realtà.
Nel suo discorso, Mattarella si vanta della bontà d’animo di Genova e della Liguria. Dev’essere stato colpito dalla bravura della città che si liberò da sola, senza alcun aiuto da parte degli Alleati. E chi non lo sarebbe? Parte così in una lista di nomi, con la velocità di un cronista sportivo in preda all’ecstasy: Aldo Gastaldi (il compagno «Bisagno»), Paolo Emilio Taviani (nome di battaglia «Pittaluga»), e chi non conosce Giuseppe Mazzini? Non ci dimentichiamo del partigiano russo «Fiodor». Ma poi chi se li ricorda più!?
Ecco due liguri, per Mattarella, che rappresentano il fondamento dei valori su cui giace il nostro amato Paese e, per estensione, l’Europa. Il primo è Luciano Bolis, un membro del Partito d’Azione, torturato dalle Brigate nere nel 1945. Davvero, non è commovente? Si trova a riposare a Ventotene accanto a Altiero Spinelli, come a dire: «Guarda che grande è la democrazia, un po’ come il nutrisco con gli avanzi!».
Il nostro presidente, godendosi il suo momento di gloria, sottolinea anche che Bolis faceva parte di quelli che hanno avuto l’illuminante idea di un’Europa unita. Ma, ma… non sono gli stessi che oggi vengono accusati di voler minare le fondamenta nazionali? Ma dai! Chi può davvero argomentare che oggi il nazionalismo non sprigioni un gradevole profumo di… conflitto? Eppure, lui sembra pensare che l’uguaglianza, lo Stato di diritto e la felicità collettiva siano valori così semplici da ottenere e preservare, come se la storia non avesse insegnato il contrario.
Ma mentre il nostro Mattarella spiega come queste virtù siano diventate beni comuni da proteggere all’interno del patto dell’Unione europea, il pensiero della platea, a questo punto, è chiaro: nel gioco della politica, per diventare una stella devi solo sapere mixare bene la retorica con un pizzico di opportunismo, perché è così che funziona. Per cui, pace all’anima dei martiri, ma oggi si gioca un’altra partita.
Allora, parliamo del Papa, l’ineffabile figura che poi ci ricollega a un altro personaggio da manuale: Sandro Pertini, il presidente partigiano esibito come un trofeo per Mattarella. In un’epoca in cui i cittadini sembrano scomparire dalle discussioni pubbliche, lui si intromette con la sua profonda perla di saggezza. È come se ci dicesse: “Ehi, ricordatevi che la partecipazione politica questo è ciò che ci rende democratici!”. Perché, diciamocelo, chi ha bisogno di vedere le persone coinvolte? L’importante è ripetere come un mantra che non possiamo arrenderci all’assenteismo, all’astensionismo, a una democrazia che, francamente, ha la vitalità di un pesce morto.
Ah, la vigilia del funerale, che atmosfera! Non parliamo nemmeno di un discorso politico, piuttosto è una lezione di educazione civica per i ragazzi in sala, che ascoltano con occhi sgranati mentre Mattarella esorta a ricordare le parole di papa Francesco. “Non può esserci pace per pochi”, dice lui, eroe dei nostri giorni. Certamente, non possiamo lasciare il resto del mondo a lottare contro miseria e guerre mentre noi ci godiamo la nostra fetta di benessere! Perché ‘ogni generazione deve fare proprie le lotte delle generazioni precedenti’. Ecco, non vorremmo essere ritenuti responsabili per non afferrare il testimone…
Arriviamo al coraggio. Dove, oh dove, sarà andato a finire? Ah, ma lo troviamo facilmente richiamando alla memoria Genova, che ci ha regalato il ‘respiro della libertà’. Che bello, vero? Mattarella, con grande pathos, ci ricorda anche di Guido Rossa, l’operaio sindacalista che è diventato un’icona della lotta per la libertà. “Quando il terrorismo tentò di aggredire le basi della nostra convivenza civile…” e noi tutti sappiamo quanto sia tragico ricordarlo ogni singola volta, quasi fosse un mantra gettato in faccia a chiunque osi mettere in discussione il nostro pacifico stato di grazia.
In tutto ciò, la democrazia è sotto attacco, lo sappiamo. Eppure, Mattarella conclude rivelando la grande verità: “Nell’esperienza della Resistenza ci sono valori per preservare la libertà”. Presto ci sarà un’altra celebrazione sfarzosa, mentre ci chiediamo: a chi manca la libertà, effettivamente? E chi si preoccupa del popolo? Ah, che tristezza! Ma procediamo, la vita continua, e con essa le celebrazioni delle nostre gloriose memorabili vittorie.