Aprile a Bari: il sindaco Leccese dichiara che è una festa per tutti, mentre Sisto valorizza il ‘grande’ evento del governo. Ma che sorpresa!

Aprile a Bari: il sindaco Leccese dichiara che è una festa per tutti, mentre Sisto valorizza il ‘grande’ evento del governo. Ma che sorpresa!

La cerimonia al sacrario dei caduti d’Oltremare, che si è svolta stamattina, ha visto la partecipazione del sindaco Vito Leccese e del viceministro alla giustizia Francesco Sisto. Un incontro che ha promesso di essere memorabile, nonostante il consueto affollamento di retorica.

«Il 25 aprile è la festa di tutti» ha dichiarato Vito Leccese, quasi fosse un mantra in grado di commuovere le masse. Tuttavia, è difficile non notare come si tratti anche del risultato di una decisione presa da tanti, che dopo l’8 settembre 1943 hanno messo in gioco le loro vite per riportare la democrazia e la libertà nel nostro paese, cercando di liberarlo dalle atrocità del nazifascismo. Una frase così sontuosa che quasi lasci pascere l’idea che tutto questo sia avvenuto in un vacuum temporale di nettezza morale, senza contraddizioni odiose. Sì, perché nella nostra “luminosissima” storia non ci sono mai stati compromessi, giusto?

Durante il suo discorso, Leccese ha proseguito: «Qualcuno ci chiede sobrietà, ma io non conosco altro modo per sventolare la nostra bandiera (il tricolore, ndr) se non con orgoglio e vigore». È bello vedere come il patriottismo possa essere espresso in modo così vigoroso. Perché, diciamocelo, chi vuole essere sobrio quando si può sventolare una bandiera con tanto fervore? La bandiera, per carità, porta con sé una storia, ed è davvero un peccato che non sia una storia di inequivocabile purezza.

Leccese ha anche affermato che «basta con i se e con i ma». Immagino stia parlando di tutte quelle piccole sfumature che infastidiscono i cuori patriottici. Ma non c’è da preoccuparsi: il sindaco ci tiene a chiarire che «il fascismo non è un’opinione: è un crimine», parole del grandissimo Sandro Pertini che vale la pena rispolverare, almeno per il gusto di un buon discorso biennale. Un vero peccato che, a quanto pare, non tutti intensamente comprendano questo messaggio.

«Purtroppo, però, di tentativi maldestri di riscrivere la storia ce ne sono tanti», ha continuato Leccese, parlando di un argomento scottante, il famoso «manifesto di Ventotene». Sì, quel documento che viene citato nei circoli intellettuali come se fosse l’equivalente di un manifesto sacro. «Chi disconosce la portata e il valore di quel manifesto – ha dichiarato – forse ha dimenticato che ci sono altri manifesti di cui vergognarsi». Bella trovata, eh? Spostare il focus su qualche errore di scrittura passata per evitare di affrontare i reali peccati di un presente infarcito di contraddizioni.

Infine, tra una retorica e l’altra, Leccese ha sentito il bisogno di rammentare che, se a Ventotene si scrisse il futuro, qualche anno prima in Italia si scriveva anche il manifesto della razza. Mentre queste parole scorrevano, mi sono immaginato il pubblico rapito da tale riflessione. Certo, è difficile far finta di niente di fronte a tali errori storici. E chi si ostina a ignorarli rischia di trovarsi a riconoscere la necessità di affrontare il passato. Un concetto che spesso pare sfuggire a troppi. Sì, perché per rinascere, è fondamentale guardare in faccia i propri errori, non credete?

Parliamo della polemica che ha corredato il 25 aprile come un brutto giallo che continua a non finire mai. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha deciso di inserirsi nel dibattito, definendo le critiche «strumentali». Ma davvero? Chi avrebbe mai potuto pensare che un’opinione contraria al governo fosse altro che uno strumento in mano a chissà chi. “Non c’è stato nulla che non induca a dare a questa cerimonia il valore che merita e che ha”, ha sottolineato, pronunciando parole che potremmo quasi definire poetiche, se non fosse che stanno uscendo dalla bocca di un politico.

È evidente che nessuno, eccetto i detrattori, può mettere in dubbio il valore di una celebrazione. Che bel momento di riflessione, in un periodo così cruciale per il nostro Paese! Ma aspettate un attimo: questo stesso governo ha una bella lista di questioni spinose da affrontare. E come non ricordare i ${Eredità} lasciati da chi, in passato, ha lottato per la libertà? È quasi un gioco da ragazzi pensare che il sacrificio di tanti possa essere usato come moneta in questo clima politico così delicato.

Dopo tutte le belle parole e gli onori ai caduti, come da tradizione, studenti di istituti superiori di Bari hanno partecipato alla cerimonia leggendo lettere di condannati a morte della resistenza europea. Un modo originale di ricordare quegli eventi, certo. “La cosa importante è che quei testi dei condannati a morte vivano ancora”, ha affermato il presidente dell’Anpi di Bari, Pasquale Martino. Perché chi non li conosce, alla fine? Eppure, magari avrebbero potuto usare quelle stesse lettere per denunciare il presente, ma chissà, i volontari della memoria fanno ciò che possono.

La chiusura è da incorniciare: al termine della cerimonia, l’Anpi ha sfilato cantando «Bella ciao». Che splendida conclusione, come se la storia potesse davvero imparare dagli errori del passato! Forse, un giorno, capiremo che il vero impegno per il futuro non passa solo per le celebrazioni, ma per la volontà di affrontare le contraddizioni del presente.

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