Ah, Palermo, 24 apr… Che sorpresa, non è vero? Un punto di riferimento per Lampedusa ci ha lasciati, ci mancherà tantissimo! La morte di Francesco Tuccio, quel genio del legno che da oltre 15 anni produce opere d’arte con il legno dei barconi dei migranti, ci ha colti tutti di sorpresa, come se ci fosse sfuggito il segnale del peggio che era passato. Certo, perché chi avrebbe mai pensato che qualcuno potesse lasciare questo mondo senza un preavviso? Davvero un colpo basso. Tuccio, 59 anni, ha anche realizzato il pastorale usato da Papa Francesco nel 2013. Ma sì, un semplice falegname che ha avuto l’onore di servire il Pontefice. Che storia incredibile!
Tuccio ricorda con affetto il giorno in cui il parroco di allora, don Stefano Nastasi, lo avvisò di dover realizzare alcuni oggetti con quel legno “speciale”. Ma ovviamente, non gli rivelò all’inizio il motivo. Davvero un’ottima strategia per tenere alta la suspense. E chi avrebbe potuto immaginare che tutto ciò avesse a che fare con Papa Francesco? Chi? Certamente non lui! In quei momenti drammatici, mentre i barconi continuavano ad arrivare e la comunità si adoperava per l’accoglienza, ecco che il Santo Padre decideva di fare un salto. Che tempismo!
“Quella giornata era speciale – dice Tuccio – i vasi liturgici volavano, era tutto così veloce”. Questo è il suo “bel ricordo”. Un ricordo che rimarrà stampato nella memoria collettiva di chi ha bisogno di sostegno morale in un momento di crisi. Ah, ma non dimentichiamo quel momento in cui il parroco entrò in falegnameria e annunciò il suo “compito”: il pastorale, l’altare, e chi più ne ha più ne metta, tutti in legno dei barconi. Immaginate il panico mescolato alla gioia! Ma niente paura, Tuccio riesce sempre a trovare ispirazione nei resti di barche affondate. Davvero l’emblema della resilienza. Almeno ci ha fatto svelare il timone e il calice che, immagino, ha probabilmente creato mentre il mondo affondava.
Il risultato? Un incontro con Papa Francesco, evidentemente il punto culminante della sua carriera. “Ho avuto la fortuna di incontrarlo con la mia famiglia”, racconta. Che fortuna, davvero! Mentre lui stava cercando disperatamente di trovare le parole giuste tra le lacrime, chissà cosa ha pensato Papa Francesco guardando l’arte di Tuccio. Ma come è iniziata tutta questa avventura, vi chiederete? Oh, la storia merita di essere raccontata con il giusto dramma! Era il 9 aprile 2009, e dalla tragedia di oltre 100 migranti vicino a Lampedusa, Tuccio ha colto l’occasione di “rendere attiva la memoria”. Geniale, vero? Raccogliere legni dalle barche affondate, trasformarli in croci come simbolo di quello che la società preferisce ignorare. Un gesto poetico… o forse solo una mossa di marketing artistico? Chi lo sa?
Da allora, la produzione di croci è decollata, con richieste che provenivano da ogni angolo, persino dall’estero! Chissà chi si sorprese, stando dall’altra parte del mondo, alla vista delle sue creazioni. Certo, il messaggio toccante delle sue opere ora raggiunge anche i più lontani. Con il legno raccolto, continua a creare arte e significato sopra il dolore e la tragedia, un bel modo di mantenere viva la memoria, non trovate?
Ah, le croci create con il legno dei barconi dei migranti! Un’idea geniale per rispondere alla tragedia dei naufraghi; quel tocco di arte che conferisce voce alle sofferenze non richieste di chi cerca una vita migliore. E che dire di Papa Francesco? Davvero un interprete straordinario di questo messaggio di solidarietà… o forse semplicemente un uomo con un buon consiglio e un sacco di parole vuote.
Una delle molte croci che Tuccio ha creato per la causa è stata portata al cospetto di Papa Francesco il 9 aprile 2014, e indovinate? È stata benedetta! Il Pontefice ha esortato il falegname a far sì che la croce percorra l’Italia con il suo carico di sofferenza e speranza, per dimostrare di quanto siamo tutti responsabili delle miserie altrui – chiaro segno del nostro perfetto altruismo! “So che oggi la croce si trova a Barcellona“, commenta Tuccio. Ma le sue croci, al contempo sontuose e misere, stanno letteralmente girando il mondo, non solo nel bel paese o in Sicilia – come se la vera giustizia sociale avesse bisogno di una gita turistica – ma anche in Germania, in America, e giù in altri paesi! Potremmo quasi parlare di un tour mondiale… di sofferenza.
Il lunedì in cui ha appreso della morte di Papa Francesco, Tuccio ammette di essersi commosso. “Sembra che abbiamo perso un punto di riferimento”, dichiara. Già, perché senza di lui, come si fa? Ci sentiamo tutti così soli. Senza Papa Francesco, è un po’ come vivere in un deserto spirituale. “Speriamo ci sia una continuità”, aggiunge, probabilmente pensando a come il suo amato Papa avesse sempre pronte le parole giuste. La sua morte ci ha sconvolti… e via discorrendo; il dramma si fa palpabile, quasi come se la notizia fosse stata più forte del rumore delle onde che inghiottono i poveri naufraghi. “Per noi era come un papà”, dice Tuccio. E a quanto pare, Papa Francesco era molto più di un semplice leader spirituale per la gente di Lampedusa.
Proprio nei giorni scorsi, il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, ha lanciato un appello affinché il molo Favaloro, via di sbarco dei migranti, venga intitolato a Papa Francesco. Che meravigliosa idea! Perché non intestargli anche un’isola intera? “Ce lo auguriamo”, si augura Francesco Tuccio, “perché Papa Francesco è stato molto amato da Lampedusa e da tutti noi lampedusani”. Sì, amato… come una figura paterna che si preoccupa più dei crocifissi artistici che del destino dei vivi. Lo terremo sempre nel cuore, o almeno fino al prossimo leader che accetterà di salire sulla barca della nostra inconsistenza umana.